Cavallo: animal noto
In un raptus di dignità linguistica ferita, Vittorio Alfieri scaraventò dalla finestra il Galateo di Monsignor Della Casa, perché, a suo dire, un libro che cominciava con la parola conciosiacosache non meritava di essere letto.
Se avessimo ancora occhi per leggere (e per piangere), in questo gelido inverno alimenteremmo i nostri caminetti con un libro che contiene brani come quello che segue:
La differenziazione stabilita da Altman tra semantica e sintassi s’iscrive d’altronde in una teoria della significazione testuale, che distingue due livelli: la significazione linguistica delle componenti del testo e la significazione testuale che queste componenti acquisiscono nella struttura interna del testo. Nel western ad esempio, il cavallo ha un primo livello di significazione che rinvia al concetto “cavallo”: è un animale.
Il libro è I generi del cinema di Raphäelle Moine, e per carità non è tutto così astruso. Ma insomma, tutti questi arzigogoli per dire che il cavallo in sostanza è un cavallo, e che poi nel contesto del western assume anche tanti altri significati… Mah. Vien da rimpiangere la tautologica semplicità del Vocabolario degli Accademici della Crusca, che alla voce cane recitava così: “Animal noto, e domestico dell’huomo”.
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