Archive for the ‘I miei libri’ Category
Il pubblico ha sempre ragione?

Quale ruolo deve avere lo Stato in ambito culturale? Come si può incentivare la produzione e il consumo dell’arte? In quale modo è possibile favorire la buona gestione di un museo? Che importanza hanno le preferenze degli spettatori? In definitiva, quali obiettivi dovrebbero avere e quali forme dovrebbero assumere le “politiche culturali”?
Dal settore educativo alla gestione del patrimonio, l’impostazione seguita nel nostro Paese è ancora oggi “statocentrica”. Si tratta, però, di un sistema che è all’origine di numerosi problemi e che andrebbe ripensato, per restituire spazio allo spirito d’iniziativa e alla creatività dei singoli, capaci – oltre che di fare scelte consapevoli come consumatori – di fornire un’offerta culturale ampia e plurale.Tutti i capitoli del libro (scritti da Mattia Agnetti, Vitalba Azzollini, Franco Broccardi e Irene Sanesi, Stefano Cozzolino, Elio De Capitani, Andrea Estero, Francesco Giubilei, Carlo Lottieri, Giacomo Manzoli, Diego Menegon, Angelo Miglietta, Toti S. Musumeci, Luca Nannipieri, Marco Romano, Alberto Saravalle e Massimiliano Trovato) cercano di fare una fotografia del presente e di indicare una nuova direzione da seguire, per rendere il settore culturale più flessibile, vivace ed economicamente sostenibile, e per offrire sia agli individui sia alle organizzazioni più libertà, ma anche più responsabilità.
Come scrive Guido Vitiello nella sua prefazione, questo libro ha il pregio di “metterci allo specchio”, contrapponendosi inoltre all’idea secondo cui, di norma, le politiche culturali riguardino solo la scelta delle strade da far prendere al denaro pubblico.
Filippo Cavazzoni è direttore editoriale dell’Istituto Bruno Leoni. Per l’IBL segue inoltre i temi delle politiche per la cultura e lo spettacolo.
Il pubblico ha sempre ragione? Presente e futuro delle politiche culturali, a cura di Filippo Cavazzoni. prefazione di Guido Vitiello, IBL Libri, 230 pagine
Holocaust History and the Readings of Ka-Tzetnik
Holocaust History and the Readings of Ka-Tzetnik provides the first extensive exploration of the reception of Ka-Tzetnik’s work and the role that his books have played in the larger discussion of the Holocaust and its memorialization around the world. Including contributions from an international and interdisciplinary group of experienced scholars, the book examines the literary merits, historical context and public resonance of Ka-Tzetnik’s stories. It also places his novels in the context of post-WWII debates about how the memories and testimonies of the victims of the Holocaust can be represented and made publicly accessible through literature. There is also detailed coverage of key topics, like Holocaust memory and sexual violence in the concentration camps, and thorough historical analysis of key works like House of Dolls included throughout. This is an important study for all scholars and students with an interest in the Holocaust and Holocaust literature.
Holocaust History and the Readings of Ka-Tzetnik, a cura di Annette F. Timm, Bloomsbury 2018. Nel volume c’è il mio saggio The Eroticization of Witnessing: The Twofold Legacy of Ka-Tzetnik (pp. 139-152)
La pornofotografa e il cardinale
Roma, primi di febbraio del 1862: papa Pio IX riceve un misterioso plico. Contiene una serie di fotomontaggi osceni: la testa è quella di Maria Sofia, ultima regina consorte del Regno delle Due Sicilie, sorella minore di Sissi. Ma di chi è quel corpo nudo? Nel giro di un mese, gli autori del misfatto sono arrestati: una coppia di fotografi, Antonio Diotallevi e Costanza Vaccari. Quest’ultima chiede l’impunità in cambio di “rivelazioni” scottanti non tanto sui finti scatti, quanto sulle attività del Comitato nazionale filopiemontese di Roma. È la prima pentita della storia d’Italia, nello Stato pontificio. Nel 1982, profetico e pragmatico già allora, Mauro Mellini riesuma il caso e ne scrive il pamphlet storico Eminenza, la “pentita” ha parlato. Era un anno prima del caso Tortora e l’ex Radicale comincia già le sue riflessioni contro quello che definì “lo sciagurato e disinvolto ritorno al sistema dei pentiti”. A distanza di trentacinque anni dalla prima stesura, l’autore ritorna con una nuova edizione del saggio, rivisto nel titolo, nella forma e nella struttura, leggero e di facile lettura, in cui ribadisce le sue tesi lucide, di un’attualità sconcertante, interpretando come tritacarne una certa giustizia malata, costruita quasi esclusivamente sulle rivelazioni, vere o presunte, dei “pentiti”. Da Tortora, ai Buscetta di turno, passando dalla caccia alle streghe delle Br, fino ad arrivare alle chiare menzogne – riconosciute su più livelli – dei quattro dibattimenti sulla strage di Via D’Amelio, si alza forte il grido di condanna verso un fenomeno che ha finito per intossicare buona parte dei processi e ha portato lontana la scoperta di una già di per sé fragile verità.
Mauro Mellini, La pornofotografa e il cardinale. Storia di una pentita celebre e di un processo infame nella Roma di Pio IX, Bonfirraro 2017. La mia prefazione è alle pp. 5-12
Il carattere della libertà. Saggi in onore di Aldo Canovari
A trent’anni dalla nascita della Liberilibri, alcuni giornalisti, accademici, editori e intellettuali si chiedono quali siano stati i meriti, le conquiste e le battaglie perse della casa editrice e del suo fondatore e direttore Aldo Canovari.
Nato come omaggio alla sua attività caparbia e ostinata acribia, il libro offre uno sguardo approfondito e ampio sulla cultura politica italiana degli ultimi decenni e sul posto del pensiero liberale nel di battito pubblico del nostro paese.
Ad esso hanno contribuito Luigi Marco Bassani, Pierluigi Battista, Raimondo Cubeddu, Giancristiano Desiderio, Pietro Di Muccio de Quattro, Giuliano Ferrara, Carlo Lottieri, Antonio Martino, Armando Massarenti, Alberto Mingardi, Albert J. Nock, Manuel Orazi, Giovanni Orsina, Quirino Principe, Florindo Rubbettino, Serena Sileoni, Guido Vitiello, Adelino Zanini.
Il carattere della libertà. Saggi in onore di Aldo Canovari, a cura di Serena Sileoni, IBL Libri 2016. Nel volume c’è il mio contributo Un esercito di carta (pp. 67-70)
Narrazioni dell’incertezza. Società, media, letteratura
Aprire all’interno delle scienze umane e sociali uno spazio di riflessione sulle possibili e auspicabili convergenze tra letteratura, società, educazione e media nell’era delle accelerazioni tecnologiche e della provvisorietà valoriale della seconda modernità: questo il principale obiettivo della raccolta di contributi presenti nel volume.
Accanto alle modalità e alle strategie di promozione del confronto letteratura/società, in questi saggi – opera di studiosi provenienti da differenti prospettive disciplinari – l’attenzione scientifica è posta sul contributo che intellettuali e scrittori hanno esercitato sullo sviluppo dell’industria culturale dall’Ottocento a oggi in ambito editoriale, giornalistico, televisivo, cinematografico, radiofonico, multimediale. Al centro della riflessione interdisciplinare vi è quindi il racconto dell’incertezza come cifra del contemporaneo e come aspetto in grado di cogliere, nelle sue varie declinazioni, le principali dimensioni dell’intersezione tra linguaggi letterari e mediali nei confronti della narrazione del sociale. Altro obiettivo del testo è interpretare i mutamenti socioculturali contemporanei alla luce delle proposte metodologiche fornite dalla sociologia della letteratura e da approcci ad essa contigui, nella prospettiva di ricondurre le narrazioni esperienziali (collettive e individuali) nell’alveo dei processi culturali, comunicativi e formativi tipici della modernità.
Narrazioni dell’incertezza. Società, media, letteratura, a cura di Marco Bruno e Andrea Lombardinilo, Franco Angeli 2016. Nel volume c’è il mio saggio La comicità della legge. Perché non esiste un «courtroom drama» italiano (pp. 130-142)
Televisione. Storia, immaginario, memoria
In italia ancora stenta ad affermarsi una storia culturale della televisione di lunga durata che tenga in giusta considerazione l’analisi qualitativa degli ascolti, l’impatto sociale dei diversi programmi, il loro peso sull’immaginario nazionale. Questo anche e soprattutto perché è mancata la voglia di intersecare la storia dell’emittente con quella, dal “basso”, del ricevente. Eppure, in questo senso, la bibliografia internazionale è ricca di stimoli: storici, antropologi, studiosi di media studies hanno ricostruito il paesaggio culturale creato dai mezzi di comunicazione in una prospettiva assai feconda che si ritrova nei saggi qui contenuti. Oltre alla prospettiva storica il libro traccia alcune linee per uno studio delle dialettiche televisive e dell’immaginario, ovvero del ruolo della televisione nella costruzione di paesaggi mediali che, rappresentando individui e gruppi sociali, si attuano nella sfera pubblica modificandola.
Televisione. Storia, immaginario, memoria, a cura di Damiano Garofalo e Vanessa Roghi, Rubbettino, 2015, 272 pagine. Nel volume c’è il mio breve saggio Il circo mediatico-letterario. La spirale mitologica di Romanzo criminale (pp. 147-155).
Justice Machines. Racconto di fantascienza giudiziaria
È il 1965. Un giovane avvocato si sveglia in un letto d’ospedale dopo un sonno lungo dieci anni. Torna a Parigi e subito si dirige al Palazzo di Giustizia, ma lo trova disabitato e silenzioso; c’è solo un rumore lontano che proviene dalla Sala dei passi perduti. E proprio lì lo attende la prima di molte sorprese: la sala è stata trasformata in una piscina dove gli avvocati si dedicano al nuoto sincronizzato. Neppure la Facoltà di giurisprudenza esiste più, gli spiegano, basta una visita guidata al Palazzo per apprendere il necessario sul diritto. Incredulo, l’avvocato si unisce a una di queste lezioni itineranti. Che cosa ne è stato della vecchia giustizia? Lo scoprirà presto: non c’è più. Tutto è affidato alle J.M. o Justice Machines, apparecchi cibernetici che estraggono le sentenze a sorte, come in una lotteria. E non è che l’inizio delle sue avventure. Distopia giudiziaria nella forma del conte philosophique, capriccio letterario memore di Rabelais e di Borges, Justice Machines illumina il legame antichissimo (e forse avveniristico) tra il diritto e il caso.
Jacques Charpentier (1881-1974). È stato un avvocato, giurista e scrittore francese. Bâtonnier di Parigi negli anni della guerra e dell’occupazione, inviso al regime di Vichy per la sua difesa dell’indipendenza del foro, nel 1943 sfuggì per un soffio all’arresto della Gestapo, entrò in clandestinità e divenne uno dei protagonisti della resistenza giudiziaria. Liberale e conservatore, accanto agli studi giuridici scrisse pamphlets e saggi di argomento vario; il più ambizioso è Le nez de Cléopâtre ou le sens de l’histoire (1967), una confutazione delle filosofie della storia che non tengono conto del fattore imprevedibile del caso. Justice Machines – il titolo originale è Justice 65 – è la sua unica opera narrativa, stampata in poche copie nel 1954 e da allora pressoché scomparsa.
Justice Machines. Racconto di fantascienza giudiziaria, Jacques Charpentier, a cura di Guido Vitiello, Liberilibri, 100 pagine
Non si può tornare indietro. Cronache brillanti dall’Italia che cambia
I trenta-quarantenni sembrano aver finalmente preso il potere in Italia. Non sono stati cooptati né omaggiati di «quote generazionali». Se lo sono conquistato da soli. Il problema adesso è: che cosa farsene. La rivista «IL», con gli interventi raccolti in questo libro dal direttore Christian Rocca, ha provato a dare una risposta senza demagogia né spirito pedagogico. Senza prendersi troppo sul serio, spesso parlando d’altro, con l’idea che la migliore fotografia della società non sia l’analisi sociologica né il «pastone politico», ma il racconto brillante dei consumi, delle tendenze e delle passioni culturali contemporanee. Le diverse voci che danno vita a questo volume hanno molto da dire: si misurano con temi quali gli intellettuali del xxi secolo, il modo di vivere le diverse età dell’esistenza, la dimensione delle «città visibili», la narrazione politica, la famiglia moderna, il giornalismo. Così, ad esempio, Lorenzo Jovanotti compone un sonetto rap che invita ad abbracciare «la crescita gustosa», senza lasciarsi irretire dalla retorica della decrescita felice; Giuliano da Empoli e Andrea Romano tracciano il percorso per «uscire dal ventennio perduto» e voltare pagina; Annalena Benini racconta la «dissoluzione dell’età adulta»; Arianna Giorgia Bonazzi e Arnaldo Greco la realtà di un matrimonio di oggi; Andrea Minuz il diffuso tic di attribuire qualsiasi colpa al liberismo; Alberto Mingardi l’«ideologia del chilometro zero»; Camilla Baresani il «popolo di spadellatori» che siamo diventati; Claudio Cerasa la sua visione del «Backstage Chigi»; Mattia Feltri il 1993, «anno formidabile»; Guido Vitiello gli eroi del «Citazionismo Sublime che si esercitano sui giornali»; Alessandro Piperno l’abitudine in voga tra gli intellettuali di firmare appelli su qualsiasi cosa; Mario Fillioley il suo personale «viaggio al termine della scuola»; Luca Sofri l’idea che gli italiani hanno di se stessi. Questo e molto altro per descrivere la rivoluzione in corso nel nostro paese, dalla quale «non si può tornare indietro».
Non si può tornare indietro. Cronache brillanti dall’Italia che cambia, Christian Rocca, Marsilio editori, 304 pagine.
L’assassino e la sua vittima
John Talbot è sposato e ha un figlio. Ha ereditato una piccola galleria d’arte ed è autore di quattro libri. Moralista, di intelligenza brillante ma dal carattere estremamente riservato, John inizia la sua narrazione con la confessione di un delitto, le cui ragioni si annidano nel passato. Ai tempi della scuola, John fu l’oggetto dell’interesse quasi morboso di un altro ragazzo, James Tunstall, chiassoso, prepotente, quasi il suo opposto sotto ogni punto di vista, con il quale si venne a creare un rapporto di odio e dipendenza psicologica che sembrava essersi interrotto con il dividersi dei destini di entrambi. Ma a un certo punto James riappare nella vita di John e sembra deciso a non lasciarlo più andare. E i vecchi tormenti tornano a perseguitare il protagonista fino al gesto estremo. Apprezzato e stimato da Arnold Bennett e Joseph Conrad, Walpole scrisse questo suo ultimo romanzo agli inizi della Seconda guerra mondiale, dedicandolo all’amico Henry James. Apparso in Italia per la prima volta nel 1969 nella collana “Il pesanervi” per l’editore Bompiani e mai più ristampato, L’assassino e la sua vittima è un’opera macabra dalla sapiente tensione psicologica tipica del thriller, che affonda le sue radici nell’eterna ambivalenza del rapporto vittima-carnefice, mentre sullo sfondo si muovono gli eventi drammatici della grande storia con l’avanzata di Hitler. L’assassino e la sua vittima descrive un abisso quotidiano, una psicologia da incubo, ma soprattutto la capacità del Male di entrare nelle pieghe dell’anima anche del più virtuoso degli uomini.
L’assassino e la sua vittima, Hugh Walpole, introduzione di Guido Vitiello, Elliot, 192 pagine
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