Guido Vitiello

Archive for the ‘Trattati bonsai’ Category

I turbamenti di un giovane bibliomane

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L’infanzia di UnPopperUno diventa un libro, pubblicato da Cult, marchio “pop” del gruppo Barbès. Qui la presentazione sul sito dell’editore.

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aprile 23, 2012 at 1:05 PM

Nuovo sciocchezzaio libresco. Più libri più liberi un corno

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Dopo il primo Sciocchezzaio libresco, prosegue l’opera collettiva di censimento (e, ove possibile, di demolizione) dei principali luoghi comuni sui libri e sulla lettura. Ringrazio i molti che hanno contribuito con le loro idee e osservazioni: questo secondo sciocchezzaio si deve in gran parte al loro aiuto.

I libri sono cibo per la mente
Suona bene, vero? Ma spesso nasconde un indiscriminato invito alla bulimia letteraria. Mancano i necessari corollari dietologici (e tossicologici): certi libri sono bacche velenose, e a legger tutto come figli dei fiori si finisce come il buontempone di Into the Wild con i suoi semi di patata ammuffiti. Per parte mia, ordino le mie letture in uno spettro che va dai libri-crostaceo (in genere filosofi tedeschi, dove bisogna lottare con pervicaci corazze ed esoscheletri per arrivare, sfiniti, a un minuscolo gheriglio di polpa rosa) ai libri-passato di verdure (sono quelli che fanno vanto del loro stile scorrevole, e che non incontrano resistenza alcuna nella loro marcia dentro il nostro organismo). In breve, gli indigesti e i predigeriti. L’idea di quest’ordine mi venne da adolescente quando mio padre, vedendo sulla mia scrivania La società aperta e i suoi nemici di Karl R. Popper e un libro di qualche effimero saggista francese, forse il Baudrillard senile, mi domandò: che cosa ci fanno l’uno accanto all’altro una bistecca e un soufflé? Leggi il seguito di questo post »

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dicembre 2, 2010 at 8:17 am

Bibliomanzia: trovate l’anima gemella!

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Alcuni ricorderanno la candida e disperata domanda che Sigmund Freud rivolse un giorno a Marie Bonaparte: Was will eine Frau eigentlich?, ovvero: cosa diavolo vogliono le donne? Dopo trent’anni passati a curare isteriche, il pover’uomo era da capo a dodici. E io, assai più modestamente, con lui. Non aspettatevi dunque risposte al Grande Enigma. Ho però escogitato un metodo, una novissima scienza applicata che ho battezzato per l’occasione Ars Magna Bibliomantiae, ovvero: come capire se una ragazza fa per voi dal modo in cui sottolinea i libri (per le lettrici, può essere un utile strumento di autoanalisi).

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novembre 21, 2010 at 1:30 PM

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Sciocchezzaio libresco. Sette luoghi comuni sulla lettura

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Il Dictionnaire des idées réçues di Flaubert ha inaugurato un genere letterario meraviglioso: lo sciocchezzaio, il repertorio di luoghi comuni. Dopo di lui Léon Bloy e Karl Kraus, Paul Valéry e Arthur Schopenhauer sono stati gli insuperati cataloghisti e fustigatori delle banalità e dei cliché correnti.

Eppure, in tutto il repertorio di Flaubert i luoghi comuni che riguardano il libro e la lettura si contano sulle dita di una mano. Il più diretto è questo: Libro – Qualunque esso sia, sempre troppo lungo. Poi qualcosa sul carattere ozioso dei letterati, sui benefici e i danni della stampa, e poco altro.

Qualcuno dovrebbe incaricarsi di colmare questa lacuna, dedicando un libro intero al censimento delle banalità che si dicono intorno ai libri. Per parte mia, confesso, non ho il tempo né la voglia di imbarcarmi nel proverbiale «sporco lavoro che qualcuno deve pur fare». Forse la cosa migliore è farne un’opera collettiva. Dunque, mi limiterò a segnalare i primi luoghi comuni che mi vengono in mente. E se avrete la bontà di suggerirmene altri, sarò ben lieto di aggiornare l’elenco. Leggi il seguito di questo post »

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novembre 19, 2010 at 7:44 PM

Capolavoro in forma di rovina

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Difficilmente i sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti accolgono con favore i film che cercano di effigiare nella Biblia Pauperum del cinema la loro esperienza. Elie Wiesel detestava la serie televisiva della Nbc Holocaust, Bruno Bettelheim accusava Pasqualino Settebellezze di Lina Wertmüller di trasformare l’Olocausto in farsa, lo scrittore ungherese Imre Kertész trovava falso il melodramma Schindler’s List – ma apprezzava La vita è bella, che con le armi del comico riusciva a comunicare un barlume dell’assurdità e del grottesco dei Lager (per inciso, chissà come sarà Sorstalanság, “Senza destino”, il film che egli stesso ha sceneggiato a partire dal suo capolavoro, e che uscirà a fine gennaio nelle nostre sale).

La stroncatura più celebre, almeno dalle nostre parti, rimane quella di Primo Levi al Portiere di notte di Liliana Cavani, tanto più inappellabile perché espressa con il suo consueto garbo: un film “bello e disonesto”. Dare alla relazione carnefice-vittima una coloritura erotica, farne un oscuro nesso sadomasochistico in cui le parti sono – se non commutabili – complementari, era ai suoi occhi la disonestà suprema.

Qualche giorno fa ho letto un libro di rara bruttezza: Acide sulfurique di Amélie Nothomb, romanzo breve su un reality show che si chiama “Concentration” – un ibrido tra i Lager nazisti e il Panopticon di Bentham. È un libro abborracciato, mal scritto, e a un certo punto compare anche un tal Pietro Livi che dovrebbe essere una specie di “omaggio” a Primo Levi. Al centro del romanzo c’è la relazione tra due donne, la kapò Zdena e la prigioniera Pannonique, la prima attratta sessualmente dalla seconda e in ultimo convertita dalla sua bellezza e umanità, in un finale più disneyano che dostoevskiano. La Bella e la Bestia, insomma. Leggi il seguito di questo post »

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dicembre 28, 2005 at 5:28 PM

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Leggere (o non leggere) Lolita a Gerusalemme

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Una postilla a ruota libera su Lolita. Ne La banalità del male, resoconto del processo al supremo burocrate della Soluzione finale, l’SS-Obersturmbannführer Adolf Eichmann, celebrato a Gerusalemme nel 1961, l’inviata speciale del New Yorker Hannah Arendt non si lascia sfuggire un dettaglio curioso, cui dedica un’ampia digressione: “(…) a Gerusalemme il giovane poliziotto incaricato di salvaguardare il suo benessere mentale e psicologico gli dette da leggere Lolita, come svago; dopo due giorni Eichmann gli restituì il libro dicendo con aria indignata: ‘Ma è un libro proprio sgradevole!'”.

Non sapremo mai quante e quali pagine lesse Eichmann, né il punto esatto in cui il suo senso del pudore ebbe un soprassalto tale da spingerlo a chiudere il romanzo di Vladimir Nabokov. Certo è che l’episodio, nella sua banalità, ha accenti da commedia dell’assurdo. C’è qualcosa di perversamente comico nella coscienza di un uomo che nella vita pubblica è in grado di pianificare con scrupolo ed efficienza la deportazione di milioni di ebrei verso i campi di sterminio e poi, nel privato, inorridisce davanti a un romanzo un po’ scabroso e lascivo.

Ma forse non c’è da stupirsi troppo. Se Lolita è la storia di un posseduto dalle Ninfe e della sua mente unificata da un’ossessione esclusiva e vorace, non poteva che suscitare estraneità mista a sdegno (e forse un senso di colpa barlumeggiante, quasi inavvertito) in una delle menti più scisse di cui si abbia memoria; la mente di un uomo per cui ogni azione era scomponibile in fasi, sottofasi e operazioni parziali, senza cura alcuna del suo significato e del suo scopo complessivo; un uomo in cui la forma mentis burocratica era a tal punto ipertrofica da plasmare persino la sua idea di Dio, visto come il superiore gerarchico di una metafisica catena di comando. Leggi il seguito di questo post »

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giugno 17, 2005 at 5:02 PM

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Incontri ravvicinati del Terzo Reich

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Come la prendereste se vi dicessi che un Grande Vecchio si è intrufolato nei vostri telefoni cellulari per portare a termine un disegno tenebroso? E se vi rivelassi che questo Grande Vecchio – o Grande Decrepito, visti i suoi 116 anni suonati – è Adolf Hitler in persona, ancora vivo e vegeto in Argentina? E se aggiungessi che in tutta la faccenda c’è lo zampino verdastro degli extraterrestri? E se per giunta vi garantissi che presto il mondo intero sarà retto da un ordine sinarchico planetario battezzato Quarto Reich, sotto l’insegna del Fascismo Ufologico?

Liberissimi di prendermi per paranoico e farvi beffe di me. Ma il giorno in cui stormi di dischi volanti costruiti dai nazisti in combutta con la civiltà extraterrestre di Aldebaran decolleranno dall’Antartide per seminare distruzione e impossessarsi del pianeta, be’, non fate finta di cadere dalle nuvole: ve l’avevo detto. E soprattutto, non venite a piagnucolare davanti alla porta del mio inespugnabile rifugio anti-Ufo: c’è posto solo per me e per la squadra femminile di pallavolo brasiliana (la considero una caparra delle 72 Urì promesse dal Profeta a noialtri martiri).

Detto questo, prendiamola alla larga. Leggi il seguito di questo post »

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aprile 7, 2005 at 4:56 PM

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Cuba, l’audace colpo dei soliti noti

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Ci risiamo. In attesa del verdetto della Commissione dei Diritti Umani dell’Onu a Ginevra, duecento intellettuali, artisti e intrattenitori scendono in difesa della Cuba di Fidel Castro e della sua ultraquarantennale dittatura, contro l'”aggressione” degli Stati Uniti che la vorrebbero condannata. A quanto pare il problema di Cuba non è Castro, è Bush. Tralasciamo per un momento l’altra questione capitale, e cioè la credibilità di una Commissione che ha avuto la Libia come presidente e in cui hanno voce in capitolo paesi come il Sudan. E vabbè.

L’appello dei duecento, pubblicato da El País e divulgato con grande clamore dall’organo del regime Granma, dice le solite cose: che a Cuba praticamente non si torce un capello ad anima viva (niente torture né desaparecidos), che si fucila la gente solo per vie legali (un lavoro pulito), e che la Revolución ha portato tante belle conquiste: sanità, istruzione… i famosi logros, le Opere del Quarantennio strombazzate come solo la bonifica delle Paludi Pontine lo fu.

Tra i firmatari, alcuni immancabili amici personali di Castro (Gianni Minà, Frei Betto, Ignacio Ramonet, Marta Harnecker); alcuni antiamericani compulsivi (Danielle Mitterrand, Tariq Ali, Eduardo Galeano, Ernesto Cardenal); un paio di allegri buontemponi (Red Ronnie, Manu Chao); un direttore d’orchestra che collabora da anni con il – come altro chiamarlo? – Minculpop cubano (Claudio Abbado) e una trafila di Nobel. Leggi il seguito di questo post »

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marzo 16, 2005 at 4:53 PM

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“Pensiero unico” e pensiero solitario. Kit di autodifesa per liberali interni

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Nella generale sciagura, i liberali d’Italia hanno un magro motivo di consolazione. L’editore Rubbettino ha appena pubblicato un libro del sociologo Raymond Boudon che si intitola Perché gli intellettuali non amano il liberalismo? Non posso che raccomandarvelo caldamente. Quanto a me, ero così certo che il libro non avrebbe mai varcato i patrii confini che – allettato da una lunga anticipazione letta su Commentaire – mi ero affrettato a ordinarne l’edizione francese.

Perciò sarò costretto a tradurvi malamente da lì l’incipit di Boudon: “Considerata la potenza intellettuale del liberalismo, il suo interesse politico, la sua efficacia economica e la sua importanza storica, si è un po’ sconcertati dal fatto che esso sia così poco popolare presso molti intellettuali”. Le ragioni di questa scarsa simpatia sono piuttosto complesse, e le poche pagine di Boudon, scritte con il mirabile ésprit de géométrie che gli è proprio, non riescono certo a sviscerarle del tutto. Ma Boudon non è il primo, né l’unico a essersi posto il problema. Leggi il seguito di questo post »

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gennaio 18, 2005 at 4:46 PM

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Vieni avanti Critone

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C’è un ponte che unisce, scavalcando la sterminata distesa dei secoli, il filosofo Platone (Atene, 428-347 aC), autore del Critone, e il comico Pasquale Zagaria – in arte Lino Banfi (Andria, 1936 dC) – gran mattatore di Vieni avanti cretino? Altroché, se c’è. A esser pignoli ce ne sono tre.

Il primo è piuttosto evidente, e ha a che fare con il mito del Demiurgo narrato nel Timeo, o Della natura, dialogo di argomento cosmologico che Platone compose in tarda età. Quando il Demiurgo creò l’universo, racconta Timeo, lo dispose entro due circoli concentrici intersecantisi: l’Equatore e l’Eclittica. Che brutto guaio. Platone non lo dice, ma lo hanno detto in molti prima e dopo di lui: “L’idea più antica e grave è che quei due cerchi incrociati siano il risultato non di un disegno ma di una disgrazia iniziale”, si legge nelle Riflessioni sul Fato dello storico della scienza Giorgio de Santillana. In illo tempore, nella serena e imperturbata Età dell’oro, il Sole e i pianeti si muovevano lungo l’equatore celeste in una danza armoniosa; “poi lo zodiaco si sghembò da una parte, al sole toccò scendere e salire in cielo, si crearono le stagioni”… E il triste mortifero divenire s’impadronì di tutto. Fine della pacchia.

Platone non lo dice, ma lo hanno detto in molti dopo di lui. Uno è Roberto Calasso (chi si rivede!), che su quell'”originario dissesto del mondo” descritto nel Timeo ha fondato la sua ingegnosa teoria del sacrificio, ne La rovina di Kasch. L’altro è per l’appunto Lino Banfi, che così canta nella sigla che accompagna i titoli di testa di Vieni avanti cretino (potete ascoltarla cliccando qui):

Il Padreterno quando fece il mondo
lo disegnò quadrèto, però gli venne tondo Leggi il seguito di questo post »

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dicembre 10, 2004 at 4:44 PM

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