Guido Vitiello

Archive for the ‘Il Riformista’ Category

Strane storie. Il cinema e il “romanzo delle stragi”

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Chi ricorda il finale di America oggi (1993), il film polifonico di Robert Altman ispirato ai racconti di Carver? Una moltitudine di personaggi, storie e voci era accomunata, prima dei titoli di coda, da una fragorosa scossa di terremoto che faceva tremare tutta Los Angeles. Se ne parlò, all’epoca, come di un raffinato espediente narrativo, con annesse discettazioni sul postmoderno (allora molto in voga). Allo spettatore italiano, tuttavia, quel finale poteva facilmente ricordarne un altro, di molti anni prima, ambientato non già a Los Angeles ma a Roma: lo scoppio della bomba che riannodava per un istante le vicende dei tre protagonisti di Un sacco bello (1980) di Carlo Verdone. Un’esplosione seguìta dal suono delle sirene che alludeva probabilmente agli attentati dinamitardi al Campidoglio dell’aprile 1979, ma che per il pubblico dell’epoca riportava alla mente molte altre bombe – una lunga sequela di stragi a cui si sarebbe aggiunta, pochi mesi dopo l’uscita del film, quella della stazione di Bologna. Leggi il seguito di questo post »

Detective bibliofili. “Ne uccide più la penna” di Mario Baudino

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«A chi era utile, ormai, Gian dei Brughi? Se ne stava nascosto coi lucciconi agli occhi a leggere romanzi, colpi non ne faceva più, roba non ne procurava». Un brigante che diventa divoratore di libri e smette di delinquere, come il personaggio del Barone rampante di Italo Calvino, questa sì che è una storia edificante. Ma per disgrazia si dà anche il caso contrario, quello di Johann Georg Tinius, pastore protestante vissuto nella seconda metà del Settecento che per soddisfare la sua brama di libri giunse a uccidere a colpi di martello. I libri possono salvare un’anima o dannarla, secondo i casi. E la loro prossimità con il sangue è attestata da un ricchissimo filone della letteratura poliziesca dove sono di scena detective bibliofili, assassini collezionisti di antichi codici, volumi che uccidono o istigano al delitto. Le grandi guide alla letteratura gialla, come il ponderoso Who done it? di Ordean A. Hagen, contemplano sempre la sezione «Libraries». E chi si appassioni al filone potrà imbattersi in titoli bizzarri come The Title is Murder, The Body on Page One, The Gutenberg Murders, The Mystery of the Human Bookcase. Leggi il seguito di questo post »

Profezie cinematografiche

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La storia italiana, per parafrasare Marx, si presenta sempre due volte: la prima volta come film e solo la seconda come storia vera e propria. L’ultima dimostrazione di questa legge ferrea è la contesa sorta giorni fa intorno alla messa in onda della sequenza finale del Caimano di Nanni Moretti – annunciata a Parla con me della Dandini, bloccata dalla Rai, trasmessa infine da Piroso a Niente di personale. «Sembra che il finale del Caimano sia esattamente il Berlusconi di questi giorni», ha detto Moretti a Eugenio Scalfari su Repubblica di sabato scorso. E a dire il vero quei sette minuti di un Cavaliere nerissimo che dopo la condanna accusa i suoi accusatori e scatena una rivolta popolare davanti al Palazzo di Giustizia avevano ricominciato a circolare, in rete, già dopo la bocciatura del Lodo Alfano e la sfuriata contro la Corte costituzionale egemonizzata dai comunisti. Ma il Caimano non è l’unico déjà-vu di questi giorni. Tre settimane fa, per esempio, nella puntata dell’Infedele dedicata al caso Ruby, alle spalle di Gad Lerner erano appese due locandine di vecchi film, presentati come antenati (ciascuno a suo modo) dei festini di Arcore: Salò o le 120 giornate di Sodoma, l’ultimo film di Pier Paolo Pasolini, e L’infermiera nella corsia dei militari, una commedia sexy di fine anni Settanta con Lino Banfi e Nadia Cassini. Leggi il seguito di questo post »

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febbraio 18, 2011 at 12:11 am

All’onorevole piacciono le donne. Genealogia del bunga bunga

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All’onorevole piacciono le donne. D’accordo, direte voi, e dov’è la notizia? Questo però non è un onorevole qualunque. È il presidente del Consiglio, e aspira al più alto Colle. È applaudito da vescovi e cardinali. Eppure, non riesce a contenersi. Se gli capita a tiro una donna o qualunque cosa abbia figura di donna – uno scozzese in kilt, un curato in sottana – non ha freni: allunga la mano e palpa. Nei suoi sogni più sfrenati, il paradiso è un luogo dove bellissime ragazze nude si dispongono in schiera per farsi tastare il sedere, una dopo l’altra. Qualcuno gli raccomanda di farsi curare. Ma il telefono dell’onorevole è sotto controllo, e c’è chi lo ricatta con foto e filmati che documentano la sua incontinenza erotica. D’accordo, direte ancora: ma dov’è la notizia? La notizia è che quella che avete appena letto non è una sintesi del faldone di trecento pagine della Procura di Milano, ma la trama di un film con Lando Buzzanca: per l’esattezza, All’onorevole piacciono le donne (1972) di Lucio Fulci, uno dei capostipiti della «commedia sexy all’italiana» degli anni Settanta. È lì che dobbiamo tornare, per capire cosa sta succedendo. Leggi il seguito di questo post »

“L’ardore” di Roberto Calasso

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Sulla copertina del nuovo libro di Roberto Calasso, L’ardore, si vede la scultura in pietra nera di una fanciulla in meditazione. È acefala, come certi sapienti vedici la cui testa, si tramanda, esplodeva in mille pezzi davanti a enigmi sacrificali irresolubili.

Il lettore occidentale certo non arriva a tanto, ma una leggera emicrania o una vertigine può coglierlo quando legge nello Satapatha Brahmana, trattato rituale che risale all’ottavo secolo prima di Cristo, di come gli Dei all’inizio dei tempi strapparono la pelle agli uomini per rivestirne le vacche: «Se si vuole risalire alle origini, questo è dunque lo stato naturale dell’uomo: lo Scorticato, come negli atlanti cinquecenteschi di anatomia».

Le due immagini – la tavola anatomica rinascimentale e la fanciulla senza testa – sembrano agglutinarsi a comporne una terza, certo cara a Calasso: l’uomo vitruviano decapitato di André Masson che figurava sul frontespizio della rivista Acéphale, dove sul finire degli anni Trenta Georges Bataille, Pierre Klossowski e Roger Caillois ragionarono di molte cose, ma soprattutto di Nietzsche e del sacrificio. Nietzsche e il sacrificio, appunto: il fuso e la rocca da cui Calasso va svolgendo il filo della sua opera fin dagli esordi di Monologo fatale.

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novembre 11, 2010 at 9:57 am

La guerra delle menzogne

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Che allo Stato spetti il monopolio della violenza, nessuno lo mette in questione, salvo quei pochi che si dedicano alla guerriglia o alla malavita. Ma, domandava Jonathan Swift in un libello di trecent’anni fa, «il diritto di coniare bugie appartiene totalmente al governo?». Nient’affatto, come può dedurre chi svolga in modo conseguente i princìpi stessi della democrazia: «Siccome il governo dell’Inghilterra è in parte democratico, così il diritto di inventare e di spargere bugie è anche in parte del popolo». Non c’è monopolio statale della menzogna, e anzi è più che lecito usarne per fini di lotta politica: «Siccome i ministri usano spesso menzogne per sostenersi al potere, è ben ragionevole che il popolo usi la stessa arma per difendersi e cacciarli via». All’epoca di Swift si trattava di confezionare libelli o rumores per poi darli alle stampe. Oggi la guerra delle menzogne si combatte in larga parte su internet: alcuni nemici di Barack Obama, per esempio, durante la campagna elettorale insinuarono che il candidato fosse musulmano, nato fuori dagli Stati Uniti e amico dei terroristi; e riuscirono a diffondere la diceria ad ogni angolo della rete, al punto che per smentirli il futuro presidente dovette esibire il suo certificato di nascita. Leggi il seguito di questo post »

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luglio 30, 2010 at 10:25 PM

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“La sai l’ultima? Moro fu rapito da Osiride”

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Tutte le strade portano a Gradoli. O a via Gradoli. Dipende dall’estro degli investigatori, di volta in volta scaltri o pasticcioni, capaci di perdersi sulle colline della Tuscia mentre il brigatista Moretti ha tutto l’agio di smantellare il suo covo romano, o al contrario pronti a irrompere nell’appartamento dove i transessuali ricevono visitatori illustri in auto blu. Ma la buona riuscita di un’indagine non è solo affare di fiuto e perizia. In alcuni specialissimi casi è in gioco anche l’abilità – che non si apprende, crediamo, nei corsi per agente di polizia – di interpretare messaggi in codice provenienti dall’altro mondo: come quelli che Romano Prodi e i suoi commensali spiritici, radunati nella casa emiliana del professor Clò, captarono dalle anime di democristiani trapassati, i quali si divertirono a sbalzare il piattino sul tavolo medianico fino a comporre la fatale parola: Gradoli. In quell’occasione, lo si è raccontato fino allo sfinimento, i segugi non seppero cogliere la soffiata d’oltretomba, e invece che nel covo brigatista di via Gradoli, sulla Cassia, si precipitarono in armi in un innocuo paesotto tra i Monti Volsini. Ma via Gradoli non è solo il crocevia dei misteri italiani vecchi e nuovi, da Moro a Marrazzo; è anche la sede di imprevedibili incontri intellettuali, il luogo simbolico dove si danno convegno ricercatori di estrazione assai varia, dediti con eguale accanimento a decifrare il rebus della politica occulta. Con esiti deliranti, certo, ma a volte splendidamente romanzeschi. Leggi il seguito di questo post »

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luglio 25, 2010 at 10:23 PM

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Emil M. Cioran e l’amore colto in castagna

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cioranPerché la tomba di Emil M. Cioran, al cimitero di Montparnasse, è ricoperta di castagne? Un indizio: c’è di mezzo una donna. E non è la compagna sepolta insieme a lui, il cui nome – Simone Boué – è inciso sulla lapide appena sotto il suo. C’è di mezzo una donna, e quando parliamo di donne e filosofi è lecito attendersi qualche aneddoto esemplare, di quelli in cui la vita pare pietrificarsi in allegoria: Aristotele cavalcato da Fillide, Talete nel pozzo sbeffeggiato dalla servetta tracia.

Nel nostro caso, la storia ha a che fare con una castagna.

Quando parliamo di donne e filosofi è anche lecito attendersi arie di guerra. Non che i saggi d’Occidente, da Platone in giù, siano tutti misogini impuniti. Alla fin fine la disciplina di cui si professano cultori – la Filosofia – è donna, seppur non delle più seducenti: è la veneranda matrona in là con gli anni che apparve a Boezio nel suo reclusorio, per consolarlo e scacciar via le Muse sgualdrinelle. Ma il meno che si possa dire dei filosofi è che con le allegorie se la cavano meglio che con le donne in carne e ossa. Il Petrarca del Secretum poteva ben discorrere con Agostino sotto gli occhi di una sfolgorante signora, la Verità, e mantenere l’aplomb che si conviene allo stoico cristiano; più difficile gli era serbare il contegno a cospetto delle “belle membra” di Laura. Leggi il seguito di questo post »

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giugno 13, 2010 at 8:06 PM

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“Il meglio (NON è) di Daniele Luttazzi”, il video fantasma

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Un video fantasma si aggira per la rete. Si intitola Il meglio (NON è) di Daniele Luttazzi, un filmato di quaranta minuti che documenta come il comico abbia attinto a piene mani, nei suoi spettacoli teatrali, libri e show televisivi, al repertorio di alcuni grandi nomi della stand-up comedy. Personaggi popolarissimi nel mondo anglosassone ma in Italia ancora sconosciuti ai più, come George Carlin, Bill Hicks, Chris Rock, Eddie Izzard o Robert Schimmel. La video-inchiesta – un montaggio che alterna brani dei monologhi di Luttazzi a spezzoni degli originali britannici e soprattutto americani – è punteggiata da dichiarazioni del comico romagnolo che nel contesto suonano un po’ stridenti. Come questa: «Non mi divertirei a dire battute scritte da un altro».

Dai grandi autori satirici Luttazzi ha attinto alcune centinaia di battute, censite minuziosamente nel blog My Voice, un corposo dossier che si arricchisce ogni giorno con nuove segnalazioni. Non solo: il comico ha preso in prestito anche monologhi di diversi minuti, riproponendoli quasi parola per parola, salvo piccoli adattamenti per il pubblico italiano. Senza mai, però, menzionare la fonte.

A creare il filmato e il blog sono stati dei fan (o ex fan) di Luttazzi, delusi dalla scoperta che molte battute del loro beniamino erano in realtà importazioni da oltreoceano. Ragazzi che hanno conosciuto Carlin, Hicks e gli altri anche grazie all’autore di Satyricon e che ora, si può dire, gli presentano il conto. O almeno gli chiedono chiarimenti. Temono, a ragione, le strumentalizzazioni politiche della loro inchiesta, e non hanno gradito affatto che un articolo apparso sul Giornale usasse pretestuosamente il loro video come appiglio per giustificare “a posteriori” l’editto bulgaro di Berlusconi. Leggi il seguito di questo post »

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giugno 8, 2010 at 8:05 PM

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Non erano solo canzonette. Edoardo Bennato Revisited

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Il guaio di essere à la page è che, quando la storia volta pagina, si finisce schiacciati nei suoi faldoni come fiori secchi. Chi accetta di sottomettersi ai tempi naviga certo con lo Zeitgeist in poppa, ma questo soffio poderoso lo conduce presto o tardi a schiantarsi, a capriccio, contro il primo faraglione. Chi al contrario ricusa il tribunale della storia, acquista il privilegio regale di giudicarla: è il tempo stesso, allora, che s’incarica di sciogliergli i legacci. È il caso di quelle nature limpide, talora persino naïf, che hanno la benemerita sfacciataggine di chiamare le cose con il loro nome a dispetto dei contesti e delle convenienze, delle filosofie imperanti e delle menzogne di corso corrente. Loro capostirpe è il Candido voltaireano, e grazie al cielo il secolo terribile che abbiamo alle spalle ha visto all’opera un buon numero di suoi rampolli; il più noto dei quali è George Orwell, che seppe vedere ragioni e torti nella loro nudità, con l’occhio infallibile del bambino di Andersen, incurante degli abiti ideologici di cui pretendevano di ammantarsi.

C’è chi ha passato al setaccio la storia culturale del nostro paese in cerca di esemplari di questa varietà rara tra scrittori e polemisti; quasi nessuno, però, si è occupato di una specie anomala di maîtres-à-penser: i cantautori. Una famiglia che ha riprodotto, in piccolo, le divisioni e gli schieramenti di campo dei piani nobili della cultura, quando non le fazioni dell’Italia partitocratica. Ebbene, anche il mondo della canzone ha avuto il suo Candido, che risponde al nome di Edoardo Bennato; cui spetta, diremmo volentieri con le parole del suo collega Guccini, “un lauro da genio minore”. Il suo disco più fortunato, Sono solo canzonette, celebra in questi giorni il suo trentennale, ma dal marzo del 1980 a oggi non ne è caduto uno iota, c’è ben poco che la storia successiva ne abbia appannato. Leggi il seguito di questo post »

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marzo 7, 2010 at 8:00 PM

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