Guido Vitiello

Vattimo, Minimum fax e il VerdeUlivo mondiale

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“L’AVANA. – Il filosofo e ricercatore italiano Gianni Vattimo ha conquistato i cuori cubani con la sua conferenza nell’Istituto Superiore d’Arte, durante la quale ha confessato di sentirsi già cittadino cubano“. Cosa c’è di più comico di questo incipit, da un articolo comparso il 29 marzo sull’edizione internazionale di Granma, organo del regime castrista?

Ve lo dico io, cosa c’è di più comico: la pagina di ieri, 28 maggio, sulla Stampa di Torino, in cui Vattimo racconta il suo incontro con il Líder Máximo in persona; a ragione Christian Rocca lo definisce “il pezzo di letteratura più comico dai tempi di Wodehouse“. Basta leggerne un estratto:

Così, quando (…) sono stato ricevuto da Fidel (una domenica pomeriggio) per un colloquio privato, non ho dovuto fingere nulla, i miei sentimenti di ammirazione, devozione, vero e proprio “amoroso affetto” hanno potuto esprimersi liberamente. Castro (nella sua usuale uniforme verde oliva) mi ha abbracciato e io gli ho preso il viso tra le mani con qualche lacrima agli occhi.

Dopo questo avvio deamicisiano, parte l'”analisi” politica:

Insiste sul fatto che con gli Stati Uniti “c’è una vera e propria guerra in corso”. Non lo dice lui, ma io lo penso: se c’è la guerra anche certe restrizioni delle libertà individuali (che non ignoro), e il razionamento del riso, la doppia economia (per turisti e per cubani) non sono poi così scandalosi (sic!).

E qui, il colpo d’ala, la Grande Visione, quella del VerdeUlivo mondiale:

Invento persino, non solo ad usum Castri, l’ipotesi “cubanizzazione del mondo” (sic! e gulp!). (…) forse non è così insensata. Anzitutto, a partire da Cuba, dal Venezuela, ma ormai anche dalla Bolivia di Morales, dal Brasile di Lula, dal Cile della signora Bachelet, dall’Argentina di Kirchner, si sta profilando un gruppo di paesi che, pur con le loro differenze, hanno interesse a rendersi autonomi dagli Usa e che possono diventare i partner di una Europa un po’ meno Bush-dipendente.

Segue la consegna di una reliquia del Padre Pio dell’Avana, un taccuino su cui Castro ha scribacchiato mentre era a colloquio:

Gli chiedo se me lo lascia portar via, giuro di non venderlo. Scrive allora una bella dedica che al ritorno mostro ad ex rivoluzionari commossi.

Dopodiché Castro liquida Vattimo perché “in questi giorni è uscito il libro che riporta la sua intervista di cento ore con Ignacio Ramonet!”, e il barbuto a quanto pare è molto impegnato a presentarlo. Orbene, questa intervista, come ha svelato inoppugnabilmente il blogger spagnolo Arcadi Espada, è in grandissima parte un falso: un collage di discorsi ufficiali, interviste già pubblicate, articoli comparsi su Granma e altre riviste del regime. Il che la dice lunga sulla serietà giornalistica e politica del direttore di Le Monde Diplomatique.

E va bene, mi direte che sono fissato. Ma i fatti parlano chiaro: Vattimo a parte, in Italia abbiamo un neoministro dei trasporti, il comunista Alessandro Bianchi, che si dichiara apertamente castrista. Abbiamo un regista catanese, Angelo Rizzo, che ha girato un film dove recita Fidel Castro nei panni di sé stesso, e lo presenterà a Venezia o a Roma (e sarà forse, horresco referens, distribuito da Rai Cinema). Dal Corriere del 19 maggio:

Il 13 agosto, compleanno del Líder Máximo, proiezione in anteprima all’Avana: “È stato Fidel a volere questo film – racconta Rizzo -. Gli feci avere la sceneggiatura l’anno scorso, a un congresso. Mezz’ora dopo, mi fece chiamare dal palco e disse al microfono: ‘Appoggiate questo regista italiano’“.

Ma non è l’unico regalo di compleanno. Una casa editrice giovanil-giovanilistica, la Minimum Fax, ha appena pubblicato il libretto (limaccioso, direbbe Cofferati) Prima della Rivoluzione, una raccolta di scritti giovanili del mussolinetto habanero “in occasione dell’ottantesimo compleanno dello statista (sic!) cubano”, con ineffabile saggio introduttivo (già noto, e qui ripubblicato) di Gabriel García Márquez, dove si dice che Castro è “incapace di concepire un’idea che non sia straordinaria” ed è “uno dei grandi idealisti del nostro tempo”.

Intanto a Cuba, il 25 aprile (vi evoca niente, questa data?) la dissidente nonviolenta Martha Beatriz Roque riceve in casa la visita di uno squadrone della polizia politica di Castro. Viene presa a pugni e trascinata sul pavimento dagli sgherri del regime, che vogliono impedirle di partecipare a un incontro in teleconferenza. Il tutto nell’indifferenza quasi totale della stampa europea, e italiana in particolare.

Questa è la Cuba squadrista di Fidel Castro, e i suoi adulatori sparsi per il mondo non fanno che confermare una grande verità espressa tanti anni fa da George Orwell, autore caro ai minimum-faxisti (che però lo rivendono in un’improbabile salsa antiberlusconiana): “Non è necessario vivere in un paese totalitario per lasciarsi corrompere dal totalitarismo”.

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Maggio 29, 2006 a 7:08 PM

Pubblicato su guviblog

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