M.M. – La stanza di Matteo Marchesini
Parlare di subaffitto sarebbe riduttivo. Diciamo semmai che UnPopperUno inaugura oggi una stanza per lo scrittore Matteo Marchesini, che molti leggono sul Foglio e poi vengono a cercare da me – e ogni volta mi tocca spiegare che no, Marchesini non abita qui, ma viene ogni tanto a far visita. Ricorderete senz’altro il trattatello Come parlano i politici e il racconto La rapida ascesa di B. Lojacono. Da oggi la presenza di Matteo Marchesini (almeno negli auspici) diventerà costante, purché lui accetti come insegna questo Peter Lorre un po’ lugubre con le sue iniziali sul cappotto, su cui peraltro non sono disposto a trattare: dunque accetterà. Cominciamo con un articolo inedito che mette a paragone il terribile biennio ’92-’93 con i giorni che stiamo vivendo. Le somiglianze sono spaventose, ma è forte anche il rischio di prendere fischi per fiaschi, o asini per cavalli.
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Negli ultimi mesi, per i meteorologi e i cartomanti della politica italiana, è diventato davvero difficile resistere alla tentazione di paragonare ogni giorno il contesto attuale a quello del ’92-’93 (numeri terribili, nei secoli dei secoli). Si tratta di un gioco insieme sinistro e attraente: si collegano i due estremi del ventennio punto per punto, e si scoprono le somiglianze più deprimenti, le parodie più inesorabili e minute. Transizione per transizione, palude per palude, le carte propongono corrispondenze che sembrano moltiplicarsi a ogni nuova estrazione delle sorti.
Al posto dell’ultimo Caf in fuga, ecco un Cavaliere che vuole emigrare. E accanto a lui, come mellifluo esecutore testamentario, ecco Giulio Tremonti nelle vesti del Dottor Sottile: solo che stavolta i mostri da abbattere nel videogame non sono incorniciati dallo scenario Sme ma dall’Euro. Voltiamo un’altra carta, e ritroviamo la stagione referendaria, con le sue speranze e le sue illusioni, con le sue mistificazioni e i suoi slanci generosi. Una carta ancora, e dietro le monetine tirate alla casta ecco levarsi le gigantografie dei nuovi sindaci (con un punto in più per la sinistra, va detto: evviva Pisapia). Tutt’intorno, si è diffusa la gioiosa euforia “progressista” di chi sembra non ricordare come finì la primavera amministrativa del ’93. Ma forse parlar di gioia è troppo. Penati non è mica un compagno Greganti: stavolta, vent’anni dopo, agli ex comunisti tocca davvero ammettere che gli ex socialisti, rinnegati durante Tangentopoli, non erano poi degli alieni. Né ce la si può più prendere col “migliorismo”: ben altra è la dimensione del sistema, e troppo diffusa l’idea di poter “costruire il socialismo mediante lotti edificabili”, per usare una vecchia battuta dedicata dal settimanale satirico Cuore ai seguaci di Napolitano.
Ma continuiamo con le corrispondenze. Al posto della Rete, ci sono Grillo e Idv; al posto di un Di Pietro che lascia la toga, un De Magistris che annoda la bandana. Perfino certi dettagli minori sembrano tornare. Lavitola non è forse un po’ il Larini del XXI secolo? E l’Api di Rutelli, non vi ricorda vagamente l’Alleanza democratica di Willer Bordon? Quanto ai primissimi piani, c’è chi pensa che il compito gattopardesco di cavalcare lo scontento per la repubblica in sfacelo, e di ereditarne poi le pratiche, spetti oggi a Montezemolo. Ma qui le carte non sono affatto chiare: il Cordero non assomiglierà più a Mariotto Segni che a Silvio Berlusconi? In ogni caso, il gioco è così malinconicamente suggestivo che potrebbe proseguire all’infinito.
Per non evocare i soliti canovacci della commedia dell’arte, verrebbe addirittura voglia di nobilitare questa galleria rispolverando l’antica idea machiavelliana dei corsi e ricorsi; verrebbe voglia, insomma, di guardare alla prima repubblica come a un deposito di casi simile in piccolo alla storia latina, come a un manualetto da cui trarre inesauribili insegnamenti sul presente e sul futuro. Ma poi ci si ricorda dell’obiezione che al segretario fiorentino mosse il Guicciardini: “Quanto si ingannano coloro che a ogni parola allegano e’ Romani! Bisognerebbe avere una città condizionata come era la loro, e poi governata secondo quello esempio; il quale, a chi ha le qualità disproporzionate, è tanto disproporzionato, quanto sarebbe volere che uno asino facesse il corso di uno cavallo”.
Questo blog mi conferma una legge empirica secondo cui più i contenuti sono ricchi, variegati e ben scritti, e meno commenti ci sono.
Myo Dyo
ottobre 5, 2011 at 7:32 PM
Lasciamo il lettore senza parole! :)
unpopperuno
ottobre 5, 2011 at 7:40 PM
Io avevo un commentino da professorino: “corsi e ricorsi” è in Machiavelli? così definita? e se sì, dove? Vico riprende, quindi?
GD
ottobre 6, 2011 at 1:54 PM