Una società di stupratori?
Dalla mia prefazione:
Con una limpidezza argomentativa tutta cartesiana e una prosa che preferisce, per così dire, il secco all’umido, Marcela Iacub esamina gli usi ideologici che del caso Strauss-Kahn ha fatto il femminismo radicale francese. Lo scopo: proporre una nuova logica ispiratrice della legislazione sullo stupro, volta a farne un «reato sessista», un’espressione dei rapporti di forza vigenti nella società e non già un attentato, tra le altre cose, all’autodeterminazione e alla libertà sessuale. Se la liberazione sessuale degli anni Settanta aveva celebrato tutte le forme della vita erotica purché fossero consensuali, questo nuovo femminismo cavilla quanto più possibile proprio sulla questione del consenso. Al punto di dire – come nel caso di Strauss-Kahn – che la soggezione suscitata da un uomo potente svuota l’eventuale consenso del suo contenuto di libertà, equiparando di fatto un rapporto sessuale a uno stupro; al punto di credere che una donna che accusa un uomo di stupro non possa, in fin dei conti, mentire quasi mai, e che le sue eventuali menzogne siano anch’esse un prodotto del trauma patito; al punto di ammettere che una donna, riscossa d’improvviso dalla sua soggezione psichica, possa ridefinire retrospettivamente un atto consensuale come stupro, e pretendere che ne seguano le vie legali; al punto, infine, di insinuare che esistano pratiche erotiche e perfino posizioni amatorie «oggettivamente» violente e sessiste, consensuali o meno che siano – quasi una variante dei vecchi manuali dei confessori.
Una società di stupratori?, Marcela Iacub, Medusa edizioni, 2012, 102 pagine
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