Elegia dei nati negli anni Cinquanta. Di Matteo Marchesini
Noi fummo troppo giovani per fare il Sessantotto
ma troppo vecchi per non scontarne le illusioni;
troppo giovani per avere le pensioni
del Grande Welfare,
ma troppo vecchi per non contarci su;
troppo ragazzi per vincere al lotto
del sesso libero, ma troppo anziani o tristi
per il sesso sicuro e la disco-tivù.
Noi fummo troppo giovani anche per esser comunisti
ma troppo vecchi per non esserlo più
mentre cadeva il muro;
e troppo giovani, sì, per ricordare
il pathos della guerra,
ma dopo troppo vecchi per gustare
da figli l’edonismo, la gran serra
lustrata degli Ottanta:
così restammo stretti
tra un socialismo uguale a una scommessa
e il moralismo di “Bianca”, di Moretti.
Poi ci fu, tra noi, chi la speranza
scambiò nella promessa palingenesi
con la fede mondana nella Genesi;
altri applicarono alla propria stanza
le idee globali sull’ecologia.
Noi siamo quelli cui va ancora stretto
un conservatorismo troppo serio,
ma troppo larga la socialdemocrazia.
Noi: i condannati a non poter star senza
né con l’Ideologia.
Poesia uscita sul Foglio il 9 dicembre 2011
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