Più Sciascia, meno Pasolini
Io non so come Pasolini intendesse il suo «Io so». Ma dietro quella cupa requisitoria, quasi intonata a litania, mi piace immaginare una segreta risata: la risata di chi sta calando in tavola la carta del supremo bluff poetico, la folle millanteria di un barone di Münchhausen che si è afferrato da solo per il codino e si è issato sul tetto del Palazzo per accusarne dall’alto gli inquilini. Io so i nomi dei mandanti delle stragi, annunciava Pasolini in quel suo articolo sul «Corriere della Sera» del novembre 1974. Io so perché sono un intellettuale che restaura la logica dove regnano l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Ma non ho le prove, neppure un indizio.
Che vi fosse o meno, in quel temerario impancarsi a giudice, una goccia di goliardia, di certo è evaporata senza residui via via che il suo gesto poetico e civile è diventato prima modello serioso da imitare, poi maniera da scimmiottare, infine posa da ostentare. Dall’«Io so e ho le prove» di Roberto Saviano in Gomorra, passando per l’«Io so» nazional-dietrologico di Walter Veltroni, per l’«Io non so se so» di Antonio Tabucchi e per l’«Io so» in piazza di Sonia Alfano, si è arrivati al capolinea dell’Io so di Antonio Ingroia, titolo del suo libro-intervista sulla presunta trattativa Stato-mafia. Continua a leggere su La Lettura.
Caro Vitiello, condivido parola per parola. Per fortuna a Pasolini è stato risparmiato l’oltraggio di un accostamento del suo Io so a quello del barbuto aspirante “Premier” della lista arancione (ahinoi, io che sono del 1958, ben ricordo che negli anni ’70-80, gli arancioni erano gli Hare Krishna, cosa ben più seria dei seguaci della premiata ditta Ingroia-De Magistris). E a Sciascia è stato risparmiato di vedere l’evoluzione dei professionisti in ragionieri dell’antimafia.
Leggerò il Suo libro edito da LiberiLibri.
leonardo
dicembre 25, 2012 at 10:02 am