Guido Vitiello

La Società dei bugiardi. Una profezia del 1712

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Una modesta proposta per tirar giù dal letto quei liberali sonnacchiosi che vorrebbero sbarazzarsi della questione fake news con una scrollata di spalle, un truismo da parroco di campagna (“la propaganda esiste fin dall’alba dei tempi”), un argomento fantoccio (“allora volete imbavagliare la rete!”), un bon mot sui russi in colbacco o sulle spie venute dal semifreddo e, a infiocchettare il discorso, la citazione dirimente di qualche padre nobile della libertà d’opinione, possibilmente settecentesco e in parrucca, per poi tornare a dormire il sonno dei giusti. Lasciate stare Voltaire, dico io, tanto più che quella frase (“Non sono d’accordo con le tue idee ma…”) è un fake, gliela mise in bocca Evelyn Beatrice Hall centotrent’anni dopo la sua morte, e se proprio volete un gentiluomo di quei tempi tornate piuttosto al trattatello satirico di John Arbuthnot sull’arte della menzogna politica, Proposals for printing a very curious discourse, in two volumes in quarto, intitled Pseudologia politikè; or, a treatise of the art of political lying (1712), lungamente attribuito a Jonathan Swift. Qui lo cito nella traduzione impreziosita e imbufalita da Giuseppe Prezzolini, che in coda ci infilò pure, beato anacronismo, il nome di D’Annunzio.

Il diritto di coniare bugie, domanda l’autore, appartiene solo al governo? A svolgere in modo conseguente i princìpi della democrazia, si deve concludere che no: “Siccome il governo dell’Inghilterra è in parte democratico, così il diritto di inventare e di spargere bugie è anche in parte del popolo”. E già che i ministri “usano spesso menzogne per sostenersi al potere, è ben ragionevole che il popolo usi la stessa arma per difendersi e cacciarli via”. L’argomento torna oggi per bocca di chi insinua che l’insistenza sulle fake news celi solo il terrore dei ceti politici e giornalistici di vedersi sottratto il monopolio della menzogna. Retorica buona forse per i primi anni eroici della rete, ma superata dallo stesso Arbuthnot in un passo di spaventosa preveggenza. Si tratta di “un progetto per unire le piccole corporazioni di bugiardi in una sola Società”, chiamata a dirigere il traffico delle menzogne e guidata da politici: idealmente, nessuna bugia dovrebbe correre senza la loro approvazione, “essendo loro i migliori giudici delle esigenze presenti, e di quali sorta di bugie sono richieste”. Della Società dovranno far parte uomini d’ogni professione, di quelli che si trovano abitualmente nei caffè. Per regola, “la Società inventerà una bugia per giorno, e talvolta due”, ma è importante che i suoi membri siano compatti nel ripeterla in modo martellante, fino a ottenere l’effetto voluto; anzi, ci vorrebbe una multa “per chi parla d’altra cosa che della bugia del giorno”, e la Società dovrebbe disseminare informatori ovunque, a corte e nei mercati cittadini, così da individuare le menzogne più convenienti e controllarne la diffusione. Ci sono molti utili da ricavarne; e poco prima Arbuthnot aveva spiegato che la Borsa, il Parlamento e i tribunali hanno tre diverse ragioni per spargere menzogne: “Uno semina una bugia per vendere o comprar merce con maggior profitto; un secondo perché è onorevole servire il proprio partito; un terzo perché è dolce appagarsi con una vendetta”.

Amico liberale che sonnecchi sotto le fronde del Primo emendamento, con l’Areopagitica di Milton ripiegata a tettoia sugli occhi, tenta almeno di infilare le pantofole per vedere da che strana specie di eserciti dobbiamo salvaguardare, oggi, i nostri comuni princìpi. Non possiamo cavarcela con uno sbadiglio. Perché Società come quella satireggiata da Arbuthnot stanno prendendo forma in tutto l’Occidente; perché i tre distinti moventi della menzogna – far profitto, servire il partito, distruggere il nemico per via giudiziaria – si stanno conglomerando, direbbe Gadda, “in un’unica e trina impenetrabile e irremovibile camorra”; e perché, come altre volte è accaduto nella storia, la prima Società di questo tipo è nata in un piccolo sventurato paese nel meridione d’Europa.

Il Foglio, 13 gennaio 2018

Written by Guido

gennaio 23, 2018 a 12:41 PM

Pubblicato su Il Foglio, Mani bucate

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