Guido Vitiello

Cuba, l’audace colpo dei soliti noti

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Ci risiamo. In attesa del verdetto della Commissione dei Diritti Umani dell’Onu a Ginevra, duecento intellettuali, artisti e intrattenitori scendono in difesa della Cuba di Fidel Castro e della sua ultraquarantennale dittatura, contro l'”aggressione” degli Stati Uniti che la vorrebbero condannata. A quanto pare il problema di Cuba non è Castro, è Bush. Tralasciamo per un momento l’altra questione capitale, e cioè la credibilità di una Commissione che ha avuto la Libia come presidente e in cui hanno voce in capitolo paesi come il Sudan. E vabbè.

L’appello dei duecento, pubblicato da El País e divulgato con grande clamore dall’organo del regime Granma, dice le solite cose: che a Cuba praticamente non si torce un capello ad anima viva (niente torture né desaparecidos), che si fucila la gente solo per vie legali (un lavoro pulito), e che la Revolución ha portato tante belle conquiste: sanità, istruzione… i famosi logros, le Opere del Quarantennio strombazzate come solo la bonifica delle Paludi Pontine lo fu.

Tra i firmatari, alcuni immancabili amici personali di Castro (Gianni Minà, Frei Betto, Ignacio Ramonet, Marta Harnecker); alcuni antiamericani compulsivi (Danielle Mitterrand, Tariq Ali, Eduardo Galeano, Ernesto Cardenal); un paio di allegri buontemponi (Red Ronnie, Manu Chao); un direttore d’orchestra che collabora da anni con il – come altro chiamarlo? – Minculpop cubano (Claudio Abbado) e una trafila di Nobel.

Siccome siamo in un blog di libri, eccovi in ordine sparso alcune letture fondamentali per conoscere il sistema repressivo cubano e farla finita con le chiacchiere dei filototalitari tardivi. Scusate la scarsa accuratezza delle informazioni bibliografiche, ma non ho molto tempo!

• Jorge Valls, Veinte años y cuarenta días, 1988
• Hilda Perera, Plantado, 1981
• Miguel Ángel Loredo, con Nicolás Pérez Diez-Argüelles, Después del silencio, 1988
• Ana Rodríguez y Glenn Garvin, Diary of a Survivor. Nineteen Years in a Cuban Women’s Prison, 1995
• Armando Valladares, Contro ogni speranza. Dal fondo delle carceri di Castro, SugarCo, Milano 1987.
• Carlos Alberto Montaner, Perromundo, 1972
• Pierre Golendorf, 7 ans à Cuba: 38 mois dans les prisons de Fidel Castro, 1976
• Huber Matos, Cómo llegó la noche, 2002
• Ernesto Díaz Rodríguez, Rehenes de Castro, 1995
• Félix Luis Viera, Un ciervo herido, 2003

Per il resto, mi limito a riportare qui sotto una nota di Nessuno tocchi Caino, organizzazione in difesa dei diritti umani e contro la pena di morte.

*****

Alla lettera-petizione in difesa del regime cubano sottoscritta da 200 intellettuali di fama mondiale Nessuno tocchi Caino risponde con una nota in cui sono riportati alcuni fatti che provano le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime di Castro.

I firmatari della lettera, tra cui figurano i premi nobel Josè Saramago, Rigoberta Menchù, Adolfo Perez Esquivel, Nadine Gordimer e gli italiani Claudio Abbado, Luciana Castellina e Gianni Minà, affermano tra l’altro che a Cuba “non esiste un singolo caso di scomparsa, tortura o esecuzione extra-giudiziaria” e che la rivoluzione ha consentito il “raggiungimento di livelli di salute, educazione e cultura riconosciuti internazionalmente”.

Secondo il Segretario di Nessuno tocchi Caino, Sergio D’Elia, “la lettera non tiene conto minimamente della realtà cubana e dei misfatti compiuti dal dittatore di più lungo corso al mondo”. “Cuba ha due facce, una sotto i riflettori, l’altra nascosta. Per certi difensori dei diritti umani, esiste solo la prima: quella della base americana di Guantanamo dove sono detenuti i talebani”. “Ma Cuba non è solo Guantanamo – prosegue D’Elia – è anche Combinado del Este, Canaleta, La Pendiente, Ceramica Roja, Kilo 8…”. “La Perla dei Caraibi non è tutta sole, mare e sabbia. E’ anche galera e centri di ‘rieducazione'”.

Quanto all’isola felice dove “non esiste un singolo caso di scomparsa, tortura o esecuzione extra-giudiziaria”, Nessuno tocchi Caino invita i firmatari della petizione pro-Castro a riflettere su quanto accaduto nel 2003 e che tutti hanno potuto leggere sui giornali di tutto il mondo e a quanto denunciato da importanti organizzazioni umanitarie.

NOTA:
A) L’11 aprile 2003, Fidel Castro ha fatto giustiziare tre componenti un gruppo di cubani che una settimana prima si era impadronito di un traghetto con l’intento di raggiungere la Florida. Enrique Copello Castillo, Barbaro Leodan Sevillan Garcia e Jorge Luis Martinez Isaac sono stati fucilati all’alba. Quattro loro compagni sono stati condannati all’ergastolo, uno a 30 anni di prigione e altri tre a pene detentive comprese fra 2 e 5 anni. L’imbarcazione, rimasta a secco a 45 chilometri dalle coste cubane, era andata alla deriva per 24 ore e i sequestratori si erano arresi alle autorità cubane, senza che ai 50 ostaggi fosse stato torto un capello. I dirottatori erano stati processati per direttissima e condannati per atti di terrorismo l’8 aprile. Nel giro di tre giorni, gli appelli sono stati respinti sia dalla Corte Suprema che dal Consiglio di Stato, il più alto organo esecutivo di Cuba presieduto da Fidel Castro, quindi giustiziati. La Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani (IACHR) ha condannato il carattere sommario del processo celebrato in spregio delle regole minime di giustizia internazionalmente riconosciute e ha stabilito essere il fatto “una privazione arbitraria della vita”.

B) Quanto alla rivoluzione cubana che ha permesso il “raggiungimento di livelli di salute, educazione e cultura riconosciuti internazionalmente”, basta leggere i rapporti sui diritti umani, sulle condizioni nelle prigioni cubane e il trattamento dei detenuti politici.
Sia la Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani (IACHR) che l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani hanno denunciato nel 2004 la presenza nelle carceri di casi diffusi di scabbia, tubercolosi, epatite, infezioni varie e malnutrizione. Una ventina di detenuti sarebbero morti nel corso dell’anno a causa di mancata assistenza medica. Detenuti per ragioni politiche o di coscienza sono stati rinchiusi in celle di isolamento umidissime, infestate dai topi, con un buco come gabinetto e un letto di cemento, senza acqua e senza il conforto della Bibbia che gli era stata sequestrata. Quelli non in isolamento sono stati costretti a indossare le uniformi del carcere, a mettersi sull’attenti all’entrata delle guardie nelle celle, messi insieme a detenuti comuni, violenti, intimiditi pesantemente e picchiati dalle guardie e sessualmente aggrediti da altri detenuti.
Nel 2004, il regime ha messo agli arresti domiciliari 14 dei 75 dissidenti arrestati nella primavera del 2003, per lo più anziani e ammalati. Il numero è stato ampiamente compensato da altri trenta dissidenti incarcerati nel corso dell’anno, ha denunciato la Fondazione Cubana dei Diritti Umani.

C) D’altro canto va anche detto che chi fornisce informazioni sulla situazione di diritti umani a Cuba rischia pene severissime. Marcelo Lopez, membro del Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino e già portavoce e segretario della Commissione diritti umani e riconciliazione nazionale, è stato condannato nel 2003 a una pena di 15 anni di carcere per aver trasmesso informazioni ad organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch su casi di condannati a morte nel suo paese. Marcelo è stato condannato anche per essersi fatto inviare copia della risoluzione di condanna emessa dalla Commissione diritti umani dell’ONU di Ginevra.

Written by am

marzo 16, 2005 a 4:53 PM

Pubblicato su Trattati bonsai

Una Risposta

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  1. […] dibattiti, come quello che hanno visto l’associazione “Nessuno Tocchi Caino” contestare la lettera alla Commissione dei Diritti Umani delle NU di 4 premi Nobel ( Josè Saramago, Rigoberta Menchù, […]


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