Via via, tutti nel letto della Cia
Negli stessi giorni in cui uno degli ultimi stalinisti rimasti al potere sul pianeta invitava all’Avana un altro gentiluomo, l’allegro nazista iraniano Mahmud Ahmadinejad, e in cui il giornalista indipendente Héctor Maseda – uno dei 75 dissidenti sbattuti in cella nella retata del 2003 – subiva un inasprimento umiliante delle sue condizioni carcerarie (deve scontare vent’anni per i suoi articoli), sui banchi delle librerie italiane compariva un libro grottesco: Il terrorismo degli Stati Uniti contro Cuba, a cura di un ben noto megafono di Castro in Europa, Salim Lamrani.
Grande animatore dell’operazione, come sempre, il nostro instancabile e ineffabile Gianni Minà, giornalista embedded del regime castrista e autore dell’introduzione nonché di uno degli interventi.
Il libro, stampato originariamente dall’Editorial José Martí dell’Avana (e in Italia da Sperling & Kupfer), raccoglie interventi di alcuni amici del regime sul caso delle cinque spie cubane detenute negli Stati Uniti. È un tomo di propaganda privo di qualsiasi interesse o valore, anche se vi compaiono alcune firme rinomate, da Gabriel García Márquez – l’amico di Castro con tanto di villa all’Avana, Mercedes e domestici sul libro spesa del barbuto – a Nadine Gordimer, da Ignacio Ramonet a Noam Chomsky. Ma com’era prevedibile, la palma del grottesco spetta al nostro caro Minà, che ancora nel 2006 parla di “dissidenti o presunti tali” e dopo quarant’anni non ha ancora imparato la corretta grafia di balseros (continua a scrivere balzeros).
Dovete sapere che la nuova ossessione di Minà, mentre i giornalisti indipendenti cubani marciscono in carcere, sono i Reporters sans frontières e il loro fondatore Robert Ménard, rei di aver curato – insieme ad Amnesty International e ad altre ong – Il libro nero di Cuba, che disegna un’anatomia del sistema repressivo cubano in tutti i settori, dall’informazione ai diritti dei lavoratori. Ovviamente Minà non si degna di scendere nel merito e contestare il quadro desolante e criminale che emerge dal Libro nero. La paranoia del nostro paladino del giornalismo indipendente è tale da portarlo a questa semplice conclusione: “I mitici Reporters sans frontières (…) disinvoltamente si fanno sovvenzionare da tutto l’apparato, pubblico e privato, che sostiene le politiche e le guerre di Bush jr”. E in più, “dicono di aver preso i soldi dal Ned (National Endowment for Democracy), un’agenzia di propaganda voluta nel 1984 da Ronald Reagan che appoggia le strategie della Cia (dalla Bolivia, alla Colombia, all’Ucraina alla Bielorussia)”.
Correttezza giornalistica vorrebbe che il Ned sia stato fondato nel 1983, ma non chiediamo a Minà di fare un mestiere che non è il suo. Soprattutto, il Ned non c’entra un fico secco con la Cia, e i suoi finanziamenti a Rsf ammontano a meno dell’1 per cento del bilancio dell’organizzazione (insieme ai contributi di altre fondazioni governative).
Ma quando la smetteranno, una buona volta?
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