Tonino lava più bianco
Più il prodotto da pubblicizzare è sporco o ha a che fare con lo sporco, più la pubblicità sarà linda, pulita, candida, celeste, angelica, rarefatta. È una regola che non conosce eccezioni. Negli spot dei pannolini la pipì dei bambini diventa azzurra; e nulla, nella pubblicità come nel packaging, deve ricordare il giallo dell’urina. Gli assorbenti femminili sono associati a cieli limpidi, paracadute, deltaplani, tutto ciò che ci allontana dalla materia e dalla carne: in questo caso, è il rosso a essere tabù.
Che sia all’opera un banale meccanismo freudiano di rimozione, o una specie di neoplatonismo pop, o entrambe le cose, la constatazione è evidente: quanto più l’evocazione dello sporco si fa pressante e inaggirabile, tanto più lontano si fugge con i voli mistici dell’immaginazione.
Le pubblicità dei detersivi forniscono l’esempio più lampante. Sono tutte, immancabilmente, a dominanza cromatica bianca e azzurra. Tutte hanno a che fare con cieli incontaminati o acque purissime. In tutte figurano arcobaleni e gabbiani in volo. Vien fatto l’impossibile pur di spezzare la fatale catena associativa detersivo=calzini sporchi.
Bene? Bene.
Ora, io non voglio tirare nessuna conclusione, specie ora che ci sono delle indagini in corso.
Ma guardate il simbolo di questo partito.
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