Guido Vitiello

Tonino lava più bianco

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Più il prodotto da pubblicizzare è sporco o ha a che fare con lo sporco, più la pubblicità sarà linda, pulita, candida, celeste, angelica, rarefatta. È una regola che non conosce eccezioni. Negli spot dei pannolini la pipì dei bambini diventa azzurra; e nulla, nella pubblicità come nel packaging, deve ricordare il giallo dell’urina. Gli assorbenti femminili sono associati a cieli limpidi, paracadute, deltaplani, tutto ciò che ci allontana dalla materia e dalla carne: in questo caso, è il rosso a essere tabù.

Che sia all’opera un banale meccanismo freudiano di rimozione, o una specie di neoplatonismo pop, o entrambe le cose, la constatazione è evidente: quanto più l’evocazione dello sporco si fa pressante e inaggirabile, tanto più lontano si fugge con i voli mistici dell’immaginazione.

 

Le pubblicità dei detersivi forniscono l’esempio più lampante. Sono tutte, immancabilmente, a dominanza cromatica bianca e azzurra. Tutte hanno a che fare con cieli incontaminati o acque purissime. In tutte figurano arcobaleni e gabbiani in volo. Vien fatto l’impossibile pur di spezzare la fatale catena associativa detersivo=calzini sporchi.

Bene? Bene.
Ora, io non voglio tirare nessuna conclusione, specie ora che ci sono delle indagini in corso.
Ma guardate il simbolo di questo partito.

 

Written by am

giugno 22, 2010 a 8:09 PM

Pubblicato su guviblog

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