Dieci tesi sul tetris e Ho Chi Minh. Di Matteo Marchesini
Appunti sulla società letteraria italiana alla fine degli anni zero
Poeti. “… ed ecco il nostro M., che tra l’altro è un bravissimo poeta…”. “Tra l’altro”. Come dire: la ciliegina sulla torta. Una ciliegina triste e quasi invisibile, laddove non s’aggiunga la torta (cioè giornalismo, narrativa, lavoro editoriale, ordinariato…). Anzi, non c’è neanche bisogno che si tratti di ciliegina vera: può essere anche di plastica o di sterco. Basta ci sia panna montata sotto. Vogliono ribadirci che la poesia è solo la sovrastruttura della sovrastruttura.
Narratori. I narratori italiani delle ultime due generazioni non esigono più soltanto la sospensione dell’incredulità, ma anche la sospensione dell’intelligenza.
Critici I. Anziché demistificare zone sempre più ampie di passato – cioè anziché lottare contro il mito che ogni storia si porta dietro come un’ombra – la nostra critica mitizza zone sempre più ampie di presente. Anziché contrapporre, all’immensa e inutile letteratura apologetica su Gadda o Montale o Calvino, una letteratura che dimostri come i tre siano un po’ meno divini del previsto, la nostra critica è già pronta a dare il Nobel a Valerio Magrelli.
Critici II. “Sì, mangerò merda, farò compromessi”, ammette il giovane militante, “ma quando avrò il mio posto al sole la vedranno, che Minosse sono”. Però non calcola un fatto: dopo che avrà usato un certo numero di volte gli stessi aggettivi prima per Dante e Zanzotto, poi per Zanzotto e Laura Pugno, o per la Woolf e la Mazzantini, o per Giuseppe Pontiggia e Andrea Bajani, non sentirà più i sapori. Scalata la montagna, partorisce il topolino: si riduce a sostenere un autore mediocre, in quanto “indice” di una certa “tendenza”, contro altri autori mediocri. La letteratura inerme, concreta e senza aggettivi ormai non la vede. Sul suo tavolo restano solo il libro del mese o un autore canonizzato da decenni: in entrambi i casi ha le spalle coperte, Dio è con lui, e può giocare tranquillo alla guerra.
Editor. “Guardi, l’importante è il colpo d’occhio. Se vuol essere il narratore che non fa mai succedere niente, riduca i dialoghi a un “oh” e “ah” d’imbambolata stupefazione. Se invece punta sul plot, niente di meno di una strage. Se è per natura affabile, diventi logorroico; se vuol farsi passare per sobrio, si limiti alle frasi nominali. E’ impegnato? Disegni un bell’affresco in cui lui e lei copulano per la prima volta mentre crolla il regime di Gheddafi. E’ sperimentale? Si affidi alla scansione tipografica. Si sente ucronico, omerico? Lo mostri fin dall’incipit: un bell’epiteto composto, o un bel cozzo di oggetti alieni. A uno scritto qualunque dia un titolo come Dieci tesi sul tetris e Ho Chi Minh, e vedrà che minimum fax lo legge subito. O sia almeno un caso biografico. Se è un narratore, si sporchi le mani. Mi porti orde di schietti precari asserragliati in fabbriche postatomiche, ndrine che sparano citando Carlo Levi, nazitrotzkisti rubati all’agricoltura, migranti diversamente abili… Un poeta? Beh, lì ormai conta la durée: chi vive fino ai 90 la sfanga, entra tra i big. Dieta salutista, molto fosforo. Saggista? Sia o molto ottimista o molto pessimista, o lapalissiano o esoterico. Questo soltanto le chiedo: chiarezza. Poi, se sfonda, andrà bene il contrario: confusione. Perché allora fin troppo chiari saranno il suo nome, la sua faccia: e punteremo tutto sull’ipse dixit”.
Bilancio 1990-2010. Di fronte alle levigate tattiche di marketing dei venti-trentenni d’oggi, gli scrittori che cavalcarono le “poetiche editoriali” anni Novanta sembrano ormai degli ingenui ragazzi di provincia che posano a cinici, dei Commodore 64 pateticamente travestiti da iPad. La sottocultura pulp, noir o tondelliana, aveva ancora un vago rapporto con l’artigianato linguistico. Certo, era al 99 per cento orrenda: e guai alle rivalutazioni. Eppure è così che nascono le nostalgie: quando da un cattivo pasto ti costringono a passare direttamente al clistere.
Matteo Marchesini
Articolo uscito sul Foglio il 16 aprile 2011
Signoramia sapesse.
giovanni choukhadarian
novembre 26, 2011 at 7:50 am
mica male quella del clistere, eh eheh
davide guidi
novembre 29, 2011 at 8:23 PM