Guido Vitiello

Le confessioni secolarizzate

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Confessional_CrespiLa confessione è un genere letterario? Sì, ma lo diventa solo al termine di una lunga secolarizzazione. Tutto comincia, a sentire María Zambrano, con Giobbe, il giusto che lamenta le sue sventure in prima persona. Dall’erosione di quell’antico ghiacciaio biblico la confessione, con Sant’Agostino, prende corso e figura di fiume e scorre, allontanandosi via via dalla sua fonte religiosa, fino alle Confessioni di Rousseau, per sfociare infine nei romanzi di Proust o di Joyce. Questa, pressappoco, la linea tracciata nel saggio La confessione come genere letterario. Letterario, ma fino a un certo punto: ogni confessione, dice Zambrano, è parlata anche quando è scritta, aspira a essere parola pronunciata a viva voz. Parola, vorremmo aggiungere, bisbigliata in un ipotetico confessionale dove al di qua della grata siede il lettore-sacerdote, che dispensa indulgenze e assoluzioni.

Molto si è scritto, dai tempi di María Zambrano, sulla laicizzazione della confessione che diventa diario, memoriale, romanzo e da qualche tempo anche un ricco filone editoriale (dalle Confessioni di un sicario dell’economia alle Confessioni di una groupie, passando per decine d’altri titoli). Un po’ meno si è ragionato sulle metamorfosi laiche del confessionale, l’arredo liturgico semplice e ingegnoso che il cardinal Borromeo diffuse nella Milano della Controriforma, con quella lastra di metallo traforata che consente di dire cose terribili senza esser visti, e quei tendaggi che proteggono la penombra di un rituale che non è pubblico ma che non è neppure del tutto privato, e che anzi tra pubblico e privato, tra istituzione e coscienza, consente i commerci più vari. Continua a leggere su La Lettura.

Written by Guido

dicembre 24, 2012 a 1:58 PM

Pubblicato su Giustizia, La Lettura, Libri

Una Risposta

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  1. Mi piace.
    da bambina giocavo nel confessionale nella chiesa di mio zio prete . ci portavo pure il cane, ma solo quando la zia puliva la chiesa, era come un momento di libertà in cui il gioco poteva prevalere sul rito e la sacralità. Forse per questa confidenza giocosa, iniziai presto la mia ribellione alla confessione e già in terza media avevo deciso di poterne fare a meno. Se Dio era onnipotente che bisogno aveva di uno che gestisse per lui la coscienza dei fedeli?Smisi di confessarmi e feci la comunione con l’anima confessata da Dio, per così dire. Ma anche la comunione durò poco…

    Jonuzza

    dicembre 25, 2012 at 9:13 PM


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