Guido Vitiello

Book Bloc. Unite i puntini e chiamate l’Esorciccio

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esorciccio_ciccio_ingrassia_ciccio_ingrassia_004_jpg_btcaUn’edizione aggiornata del De exorcizandis obsessis a Daemonio, antico manuale per esorcisti, dovrebbe tener conto di quella scena dell’Esorciccio (1975) in cui Ciccio Ingrassia scacciava lo spirito immondo con l’ausilio di un testo sacro. La Bibbia? No, il Libretto rosso: «In nome di Mao ti espello!». I tempi sono cambiati, oggi ci si raduna brandendo l’Agenda rossa di Borsellino o perfino la Costituzione, ma non c’è scampo: ogni libro sventolato in piazza diventa un Libretto di Mao, un feticcio tribale, bene che vada un catechismo laico. Nel novembre 2010, mentre si discuteva la riforma Gelmini, scesero in piazza direttamente i libri: gli studenti manifestavano dietro scudi di gommapiuma con sopra il titolo di un testo ispiratore. Qualcuno li chiamò «Book Bloc», e dall’Italia l’usanza pittoresca si è diffusa un po’ ovunque in Europa e in America. Un libro a cura di Michela Carpi (Book Bloc. Le voci della protesta, da Omero a Wu Ming, Lantana editore) raccoglie cento dei titoli arruolati, ed è un documento prezioso per orientarsi nel retroterra culturale dei manifestanti. Un precedente c’è. Nel trentennale della contestazione, Manifestolibri pubblicò I libri del 1968. Una bibliografia politica. Se ne deduceva che le letture dei sessantottini erano tenute insieme da una coerenza ferrea: marxismo vecchio e nuovo, psicoanalisi da liberazione sessuale, un po’ di cattolicesimo del dissenso. Cosa rivela la bibliografia vivente dei Book Bloc? Tolti i vangeli superstiti di vecchie lotte, come Marcuse e Debord, è pressoché indecifrabile. Alcune linee guida s’intravedono, non esaltanti – fantascienza distopica, fumettoni «antagonisti», midcult feltrinelliano alla Pennac – ma per il resto i cento titoli sembrano altrettanti estranei intrappolati in un ascensore guasto. Che ci fa lì in mezzo il povero Borges del Manuale di zoologia fantastica? Lolita con Harry Potter? Chesterton e il Kamasutra? La fattoria degli animali di Orwell con Casino totale di Izzo? Uno, nessuno e centomila di Pirandello cos’è, uno slogan delle «moltitudini» contro l’Impero? Scartando un comun denominatore troppo stupido per essere vero («noi siamo la cultura, la bellezza e la fantasia, voi siete il liberismo che ci strangola»), vien voglia di stanare la logica profonda di questi accostamenti. Ma comunque si uniscano i puntini, ne sortiranno costellazioni deliranti: «Lottiamo per il diritto all’amplesso di massa, cattolico e magico, con unicorni dodicenni». C’è davvero da chiamare l’Esorciccio.

Articolo uscito su IL sul numero di agosto 2013.

Written by Guido

ottobre 20, 2013 a 6:48 PM

Pubblicato su IL, Libri

3 Risposte

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  1. Però il fatto che gli anglosassoni abbiano copiato gli italiani conferma che il gesto ha una certa efficacia. L’immagine dei libri come scudi è molto bella, sebbene romantica e un po’ infantile, o forse proprio per questi motivi. Che ci siano finiti anche libri curiosi, che non si possono certo definire classici, dipende forse dal fatto che la protesta universitaria è strettamente tallonata da alcuni autori che non perdono mai l’occasione di sfruttare un po’ di visibilità. Tra l’altro, è curioso constatare che nella lista c’è anche “L’origine delle specie” di Darwin, cui qualcuno fa risalire (secondo noi giustamente) il darwinismo sociale così avversato dai Book Bloc. Sicuramente ci vorrebbe un minimo di senso critico, visto che i libri non sono automaticamente la cultura e possono fare anche molto male, però questo eclettismo forse è anche un segno positivo, di distacco da vecchie contrapposizioni ideologiche.

    eliaspallanzani

    ottobre 21, 2013 at 7:44 PM

    • Questo sì; ma l’eclettismo è a volte il mero riflesso di idee confuse o di un’ideologia non esplicitata e, in questo senso, prepolitica e impolitica. Cose, appunto, come “Viva la cultura e la fantasia”. E allora, perché non mettere nel sacco anche Evola e Spengler, per dirne due piuttosto loschi? Non sono cultura? Ma non ci sono e non ci sarebbero mai; a segno che quelle letture sono agli occhi dei manifestanti (e li capisco, ci mancherebbe) politicamente sgradite. E allora si torna al perché di certe scelte e non di altre, e alle strane costellazioni che compongono questi libri (peraltro questo gioco dell’unire i puntini fu tentato proprio dai Wu Ming, in modo alquanto demenziale, qui: http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/28/proteste-studenti-wu-ming-senza-una-nuova-narrazione-ogni-battaglia-e-persa/).

      unpopperuno

      ottobre 21, 2013 at 7:57 PM

  2. Certo questi gruppi hanno spesso un orientamento politico, e anche abbastanza evidente, ma all’interno ci sono molte persone meno schierate, che ad es. non hanno bisogno di “reinterpretare” Tolkien in chiave ortodossa per poterlo apprezzare e levare a scudo. Bisognerebbe anche chiedersi perché gli studenti di diverso orientamento non propongono anche loro i loro libri. Forse trovano queste manifestazioni un po’ troppo rozze e popolari, o non vogliono dare l’impressione di copiare. O sono meno ingenui e sanno che i libri alla fin fine non parano le fucilate e non cambiano il mondo. Però qualcosa cambiano, e anche se leggere non è per forza una cosa intelligente, e fa diventare anche ciechi, questa forma di protesta non ci sembra una cosa negativa: confusione, ingenuità, anche arroganza, ma meglio di altre.

    eliaspallanzani

    ottobre 21, 2013 at 8:31 PM


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