Mai prendere alla lettera un umorista (Mani bucate, 25)
Non vorrei sfilare di mano un delizioso passatempo agli storici delle idee politiche, ma per quel che mi riguarda la ricerca finisce qui. Anni a chiedersi dove affondassero le radici ideologiche del Movimento Cinque Stelle, se nell’Uomo qualunque o nel Sansepolcrismo, in Rousseau o in Saint-Just, nell’assemblearismo sessantottino o nell’organicismo nazista, quando tutto era già stato annunciato limpidamente da Mark Twain in un discorso tenuto al banchetto del Royal Literary Fund, a Londra, il 4 maggio 1900. Lo si trova nell’antologia Libri, autori e cappelli, pubblicata da Elliot. È il prototipo ideale di un ipotetico governo Di Battista, e per questo giova leggerlo in contrappunto all’intervista a Die Welt ripresa l’altro ieri da Repubblica. D’altronde, i due sono colleghi di letteratura e d’avventura, e Mark Twain fonda sul proprio “vivere inimitabile” le sue ambizioni politiche: “Ho provato qualsiasi cosa, ed è per questo che aspiro all’importante posizione di chi governa una nazione. Sono stato di volta in volta in volta reporter, redattore, editore, autore, avvocato, scassinatore. Me la sono sempre cavata e intendo continuare a farlo”.
Per prima cosa, sbarazzarsi dell’inutile ingombro delle ideologie, come pure delle idee troppo definite: “Sto per tornare in patria dove mi presenterò alle elezioni presidenziali perché non ci sono sufficienti candidati in campo, e quelli che si sono presentati sono troppo intralciati dai loro stessi principi, che sono dei pregiudizi”. Via la destra, via la sinistra: si va oltre. Poi, l’auspicio di un vasto programma di igiene nazionale (oggi si può sperare nell’aiuto del braccio secolare delle procure): “Mi propongo di andare a purificare l’atmosfera politica”. In nome di chi, o di che cosa? Ecco teorizzata da Mark Twain la rinuncia alla rappresentanza di interessi particolari di qualunque genere, dunque alla rappresentanza in quanto tale: “Sono favorevole a tutto quello a cui sono favorevoli tutti. Quello che devi fare è soddisfare l’intera nazione, non metà di essa, perché allora saresti soltanto un Presidente a metà”. Ineccepibile. E il programma? “Non ci può essere una piattaforma più ampia della mia. Sono a favore di tutto e del contrario di tutto – temperanza e intemperanza, moralità e qualificata immoralità, sistema aureo e conio illimitato dell’argento”. Purissimo Di Battista: per l’euro, contro l’euro; per gli immigrati, contro gli immigrati; per l’Italicum, contro l’Italicum; per abbassare la spesa, per abbassare le tasse (perfino quelli del Fatto si stanno spazientendo, e Stefano Feltri ha chiesto se i Cinque Stelle saranno così cortesi da farci capire qualcosa).
Mark Twain, umorista eccelso, non pensò mai di candidarsi. Perché il problema delle barzellette, quando si cerca di prenderle alla lettera, è che non fanno ridere più.
Il Foglio, 10 dicembre 2016
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