Un puffo vale un puffo. Fantasy e politica
La vita ideale di Martin Heidegger non doveva esser poi così diversa da quella del puffo medio. Una capanna bianca nella Foresta Nera, così piccina da sembrare un fungo; vita schietta, salubre, in Lederhosen ascellari e cappello alpino; un idillio campestre piccoloborghese come rifugio dalla metropoli violentata dalla Tecnica. Non per nulla il saggista francese Antoine Buéno si divertì a descrivere i puffi come una comunità organica ispirata al modello nazista, che ha per nemico giurato quella caricatura antisemita di Gargamella, mago nero dal naso adunco ossessionato dall’oro e con al seguito un gatto dal sospetto nome di Azrael. Da bambino mi piacevano i puffi, ma non tanto da farmi piacere Heidegger da grande; e soprattutto, sono piuttosto tranquillo finché qualcuno non fonderà un movimento totalitario ecologista ispirato alle colonie di case-fungo, magari alimentate dai pannelli solari.
Agli usi politici di epopee più o meno fumettistiche Alessandro Dal Lago aveva dedicato anni fa il memorabile Eroi di carta, che gli valse molte seccature perché aveva Gomorra come bersaglio polemico principale. Di quel libro esce adesso per Il Mulino una specie di prologo in cielo. Eroi e mostri ha per sottotitolo Il fantasy come macchina mitologica – e qualcuno un giorno dovrà spiegarmi la fortuna postuma di quell’eruditissimo pasticcione di Furio Jesi. Stavolta la missione demistificatrice di Dal Lago (o Du Lac, come Lancillotto) lo conduce in armi fino ai castelli finto medievali dove abitano i padri fondatori del genere, Tolkien e Lewis; e nel tragitto deve vedersela con gli innumerevoli esseri che popolano il vasto regno del Trono di spade (che proprio in questi giorni annuncia piani di espansione) o con gli eroi bambini Harry Potter e Percy Jackson. Le imprese di Dal Lago sono tutte appassionanti, anche le meno felici; cercando il suo Graal illuministico conduce il lettore tra cavalieri da disarcionare, filtri magici di cui svelare l’impostura, luoghi ameni che nascondono orrori, e soprattutto ingaggia un gran numero di duelli. Stavolta, però, tale era la sua allergia al genere (dice che si è sorbito le quattromila pagine di di George R.R. Martin per una scommessa con sé stesso) che non ha raccolto chissà quale bottino. Si può condurre una quête con il naso tappato? Dal Lago ha scoperto che il fantasy è reazionario. Sovrani saggi acclamati dal popolo e dall’esercito, una piccola borghesia rurale (gli hobbit) che vive di modesti piaceri quotidiani, fumando la pipa e coltivando le rose, e sfidando dei “babau cosmici” che nessun adulto prenderebbe sul serio. Il bene sta di qua, il male di là. Il bene vince.
Io sono allergico al fantasy quasi quanto Dal Lago ma non scommetto con me stesso (ho resistito alla serie Game of Thrones per circa venti minuti, gettando la spugna dopo le nozze tra un barbaro body-builder e una principessina-bambola che riceveva in dono uova di drago, una specie di noci di cocco squamate, con alle spalle un tramonto di quel bel rosa arcaico e barbarico dei tabelloni Algida). Ma finché gli eroi restano di carta mi limito a farne una questione di intolleranza al kitsch. Certo, se un giorno uscirà un non-fiction novel in cui un boss di nome Sauron regna su una banda di orchi camorristi sono pronto a impugnare anch’io la lancia: come per i puffi. Anche se, a ripensarci, un movimento ispirato ai puffi in Italia lo abbiamo; e alle elezioni del 2013 il capo, il Grande puffo, chiamava il suo avversario Gargamella.
Il Foglio, 6 maggio 2017
Un’ipotesi opposta sui puffi: https://eliaspallanzanivive.wordpress.com/2014/03/13/la-parola-di-cenere/
eliaspallanzani
Maggio 8, 2017 at 9:22 PM