Guido Vitiello

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Invito a una decapitazione

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Sulla mia scrivania, mentre butto giù queste righe, c’è una specie di Vanitas secentesca, un’allegoria della caducità e dell’insensatezza di tutte le attività umane. Bisogna però intendersi su quale specie, e confido che gli storici dell’arte a venire la battezzeranno “Vanitas discount”. Il mio modello è l’“Autoritratto con Vanitas” di David Bailly, pittore del secolo d’oro olandese, ma tutto quel che posso permettermi – nel rispetto dei motivi iconografici – è una versione abborracciata e bamboleggiante. Molti libri e disordinati; una clessidra rimediata nella scatola dello Scarabeo; al posto del liuto, un ukulele da quattro soldi; delle bolle di sapone con sopra il pesciolino Nemo, a compensare l’assenza di un puttino con la cannuccia e il cartiglio homo bulla; infine, un teschio. Non è un teschio umano (mi è stato impedito di tenerne uno in casa per ragioni di scaramanzia), è un teschio di plastica della Lego che per forma e dimensioni può ricordare le teste rimpicciolite del Borneo. A dirla tutta, neppure quelle macabre curiosità di cui i collezionisti vittoriani ornavano i loro salotti erano sempre teste umane. Ricorda l’antropologa e storica della medicina Frances Larson in Teste mozze. Storie di decapitazioni, reliquie, trofei, souvenir e crani illustri, appena pubblicato da Utet, che spesso gli imbroglioni venivano incontro all’enorme richiesta di teste rimpicciolite vendendo teste di scimmia o di bradipo rimodellate per sembrare umane: non c’erano abbastanza cadaveri a disposizione. Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

marzo 20, 2016 at 5:29 PM