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Il circo mediatico-letterario. Intorno a “Romanzo criminale”
Dalla cronaca al romanzo, dal romanzo al film, dal film alla serie tv, dalla serie tv di nuovo al romanzo, e poi tutto daccapo, come in un rondò schnitzleriano. Un circo mediatico-letterario, messo in moto non per nulla dal libro di un magistrato. Dieci anni fa Giancarlo De Cataldo pubblicava Romanzo criminale, ispirato alle vicende della Banda della Magliana. Oggi torna a visitare quel mondo con Io sono il Libanese (Einaudi), che racconta l’apprendistato del fondatore della banda, e che nel titolo fa eco al grido inaugurale del primo romanzo: «Io stavo col Libanese!». Il cerchio sembra chiudersi, ma non è un cerchio, è una spirale, una scala a chiocciola dove a ogni giro ci si allontana un poco più da terra, fino a smarrirsi tra le nebbie del mito. Nelle prime pagine di questo Bildungsroman criminale il giovane Libanese, intontito dal marocchino (inteso come hashish), ha una gloriosa premonizione: «Era nudo, e dominava Roma da una magnifica terrazza piena di fiori e piante esotiche». Più che il figlio di un fornaio di Trastevere pare il Leonida della saga 300 di Frank Miller, dove il re spartano diventa un body-builder col sospensorio. «Il Libanese era una macchina da guerra, il Libanese era il dio stesso della guerra». Ma era «un guerriero che un giorno sarebbe stato re», perché aveva un’idea chiara del suo destino: «Voleva diventare il re di Roma». Come si è giunti a queste vette di sublime pacchianeria antico-romana? Continua a leggere su La Lettura
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