Guido Vitiello

La suocera di Zapatero e la morte della satira

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Sembrava un problema italiano, ed è un problema mondiale. Non sarebbe la prima volta (il fascismo, la mafia), anche se in questo caso la faccenda, direbbe Flaiano, è grave ma non è seria. In breve, non esistono comici di destra, e quando esistono non fanno ridere: è la vecchia contrapposizione tra i geniacci come Corrado Guzzanti e lo sfottò compiacente del Bagaglino, il cui storico leader, Pippo Franco, cantava non per caso «America, ma che ce vengo a fa’?». Un libro della politologa Alison Dagnes, A Conservative Walks Into a Bar: The Politics of Political Humor, rivela che gli Stati Uniti hanno lo stesso problema. I conservatori a quanto pare non sanno far ridere, e la satira è legata a filo doppio ai liberal. Come mai? Dagnes la prende molto alla lontana (per natura «il conservatorismo è più conformista e lento nel criticare i potenti») ma la risposta, almeno in Italia, non è ideologica, è psicologica: per prendere (e prendersi) in giro bisogna esser sicuri di sé, se non proprio coltivare il complesso dei migliori e della superiorità antropologica, e una destra che vive di risentimenti, sensi d’inferiorità culturale e lamentele di ostracismo non può aspirare a ottenere una risata che sia una. Che può fare, allora? Allevare una nidiata di comici di destra sarebbe perdente, come opporre il rock cristiano a Mtv. Ma attenzione, i conservatori del pianeta farebbero bene a puntare i riflettori su questo piccolo paese dell’Europa meridionale, dove un ometto alquanto istrionesco, che in quindici anni a conti fatti non ha combinato granché, almeno una vittoria l’ha ottenuta, con grande danno per le nostre serate: neutralizzare la satira avversaria. Come ha potuto tanto? È semplice: diventando egli stesso una caricatura, un’iperbole vivente, la copia iperrealista di sé stesso. Come si fa a «castigare ridendo» quando il castigato ride come un pazzo? Uno dopo l’altro, sono caduti tutti: Sabina Guzzanti si è trasformata in una maestrina petulante e incattivita, Daniele Luttazzi da plagiario di talento è diventato un piccolo comiziante, e così via. Sopravviveva, secondo alcuni, la leggerezza di Benigni, ma non per molto: dopo quel colpo d’ala comico che fu «la nipote di Mubarak», il meglio che seppe inventarsi fu Rosy Bindi «suocera di Zapatero». Tutto qui? Una mera permutazione dei termini, perché non si poteva parodiare una realtà già parodistica. La lezione italiana è chiara: se proprio non riescono a far ridere, l’unica speranza dei conservatori è fare i pazzi.

Articolo uscito su IL di ottobre 2012 con il titolo Se la destra non ride la sinistra non c’è

Written by Guido

novembre 17, 2012 a 3:14 PM

2 Risposte

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  1. Luttazzi “un piccolo comiziante”? Luttazzi “un plagiario”? Lei mi delude, professore. Definire Luttazzi un comiziante significa non conoscere il suo lavoro, ovvero peccare di disonestà intellettuale. Si legga almeno “Lepidezze postribolari”, “La guerra civile fredda” e “Lolito”, prima di scrivere certe sciocchezze: Luttazzi è proprio il contrario di un comiziante. Ed è una vera calunnia definirlo “plagiatore”. Questo blog aggiornato al 2014 smonta tutte le balle diffuse in rete contro Luttazzi e amplificate colpevolmente da certa stampa nel 2010 come killeraggio dopo il suo fantastico monologo a Raixunanotte: http://anti-diffamazione.blogspot.it/ Replichi nel merito, professore, se ne è davvero in grado.

    toscatommasi

    ottobre 10, 2014 at 2:17 PM

    • “Piccolo comiziante”, ai tempi di Decameron, senz’altro. E il monologo a Raiperunanotte era davvero pedestre. Quanto ai plagi, sono provati oltre ogni ragionevole dubbio, non perdo tempo a replicare agli avvocaticchi negazionisti. Le sciocchezze sono le sue, stia bene.

      unpopperuno

      ottobre 10, 2014 at 2:33 PM


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