Winnie the Pooh dai filosofi salvaci tu
Che ci faccio qui? Se lo chiedeva il giramondo Bruce Chatwin, ed è forse la domanda filosofica per eccellenza; ma da qualche tempo i filosofi sembrano rivolgerla, più che all’uomo in quanto tale, a se stessi. Immaginate un cocktail party in cui uno degli ospiti, che si aggira incerto tra i tavoli nel timore di passare per intruso, si cavi d’imbarazzo intrattenendo i convitati con lunghi discorsi sulla nobiltà, la necessità e l’inesauribile bellezza di questo suo spaesamento, e così facendo diventi l’anima della festa. Ecco, qualcosa di simile vale per i filosofi e per la loro misteriosa capacità di radunare folle festivaliere intorno a questioni non proprio elettrizzanti, quali: che cosa significa filosofare oggi? Che ci faccio qui? Come scriveva Jean-François Revel nella sua spiritosissima Histoire de la philosophie occidentale, ormai «filosofare è giustificarsi di filosofare». A noi profani affetti da daltonismo filosofico o da quella che un tempo si sarebbe detta Hegellosigkeit, carenza congenita di Hegel, può sembrar strano che i filosofi siano tanto assillati dal capire in che consiste il filosofare. Continua a leggere su La Lettura
Filosofia: commedia o tragedia ? O entrambe: tragicommedia? O nessuna delle due? Non so il Papini che cosa avesse da dire in proposito (ricordo che Croce una volta lo definì “genialoide e dilettante”, “infetto dalla luce dannunziana”), ma Platone, che di ironia e di filosofia se ne intendeva, e per un verso le vedeva connesse, per altro verso attribuiva alla filosofia il predicato della “deinotes” (la terribilità). Sarà un caso? Certo, quando mi capita di rileggere il Parmenide, o la Critica della ragion pura, o la Scienza della logica, insomma i libri di filosofia che conosco, devo ammettere che a vibrare, in me, non è mai la corda dell’ironia, del riso, del “superamento” satirico. Ma non è il caso di drammatizzare. Perché ridere e piangere son cose che possono avvenire nella vita. O a teatro. E la filosofia, per dirla con un filosofo contemporaneo, “non è un teatro”.
p.s.: complimenti per lo “stile” del blog.
Giulio Stefanelli
luglio 14, 2014 at 2:22 PM