Guido Vitiello

La congiura degli dèi

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complottoNegli stessi anni in cui María Zambrano scriveva che il delirio persecutorio, il sentimento di essere scrutati e dominati da potenze invisibili, è all’origine della credenza negli dèi, Karl Popper sosteneva che le teorie del complotto nascono dalla secolarizzazione delle superstizioni religiose, poiché il trono lasciato vacante da Dio spinge a chiedersi: chi c’è al suo posto? Dubito che i due si leggessero a vicenda, ma avevano coniato il recto e il verso di una stessa moneta. Che può esser spesa, ad esempio, per spiegare come mai siamo tanto propensi a trattare il tema del complotto come una costante metastorica, una mitologia perenne e pressoché immutabile, radicata negli strati profondi della mente e negli istinti sociali più elementari. Variano gli attori e i fondali, il canovaccio della Grande Congiura è sempre quello. Ma è proprio questo carattere universale, ripetitivo fino alla noia, a rendere interessanti le sole cose che mutano: gli attori e i fondali, appunto. Questo pensavo leggendo l’utilissimo libro scritto da Massimo Teodori con Massimo Bordin, Complotto! (Marsilio). Teodori percorre a ritroso le mille favole cospiratorie dell’Italia repubblicana, dagli intrighi di Napolitano per disarcionare Berlusconi al foulard giallo di Lucky Luciano che dà la benedizione allo sbarco alleato in Sicilia. In mezzo c’è quella specie di outlet del complottismo che è il movimento di Grillo e Casaleggio e un lungo corteo di trame eversive, da Gladio alla P2, ciascuna all’origine di una pubblicistica straripante e stratificata, nonché atrocemente monotona. E allora vien da chiedersi, se non altro per scrollarsi di dosso la noia: qual è – se c’è – il tratto originale del cospirazionismo autoctono? Quali i suoi attori, i suoi fondali? Una volta mi capitò di sostenere, in una battuta, che se il complottista americano è un giornalista investigativo senza rigore, il complottista italiano è un inquisitore senza potere, un Torquemada senza ruota del supplizio. Qui da noi la fantasia cospirazionista fa tutt’uno con il sospetto inquisitorio, con la dubitatio incerta del cacciatore di eretici e di streghe.

Non è un caso che nella rassegna di Teodori facciano figura tanti ex magistrati (il più noto è Ferdinando Imposimato, reduce da sublimi cantonate) e non è un caso che il libro si chiuda con un capitolo di Bordin sul processo-trattativa, il cui impianto d’accusa ricorre a “schemi logico-interpretativi propri delle cosiddette teorie del complotto”. Questa contiguità di fanatici della cospirazione e magistrati d’accusa – dove gli uni vedono negli altri il loro “braccio secolare” – è un lato poco esplorato dell’intreccio mediatico-giudiziario, e ha per capostipite il gesuita Leoluca Orlando, che nei suoi anni ruggenti amava dire: “Io sono un uomo politico e svolgo un ragionamento. Le prove le cerchino i magistrati”.

Ma allo studioso che volesse carpire le verità ultime sul complottismo italiano consiglio, en passant, di rivolgersi a un altro personaggio, oggi quasi dimenticato: l’ex magistrato Carlo Palermo, titolare nei primi anni Ottanta di una titanica inchiesta su droga e traffico d’armi che lo portò in Bulgaria e perfino in Argentina. Più che sulla carriera giudiziaria di Palermo, tuttavia, il nostro studioso dovrebbe soffermarsi sulla sua seconda vita di pubblicista, che ne costituiva una “prosecuzione con altri mezzi”. Ho appena il tempo di suggerire, in coda, che il suo libro Il quarto livello meriterebbe lo stesso sforzo esegetico che Freud e Canetti dedicarono alle memorie di Schreber. In una prosa che tradiva ancora l’impronta stilistica del giudice istruttore, Palermo seguiva il filo delle sue antiche indagini, ma le ampliava fino a coinvolgere i templari, le SS, i sufi e il segreto di Fatima. Tutti i misteri d’Italia trovavano posto in un grandioso arazzo, intessuto da mani quasi non più umane.

Lanciata in aria ad altezze vertiginose, la moneta di Popper-Zambrano era ricaduta sul lato in ombra. La congiura tornava ad essere congiura degli dèi.

Articolo uscito sul Foglio il 26 aprile 2014 con il titolo #Complotto!

Written by Guido

aprile 27, 2014 a 12:00 PM

6 Risposte

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  1. Nell’articolo di Hofstadter che citavi nell’altro articolo si parla del tipico complottista come di uno “spossessato”, che si sente vittima dei tempi e per giustificare la frustrazione deve ricorrere all’idea di una macchinazione ai suoi danni. Noi però non ce la sentiamo di condannarlo del tutto e ricordiamo un’altra definizione, molto simile ma forse più umana, che sta nel racconto “Decodificazione” di Primo Levi: “[il quindicenne Piero] è piuttosto un lamentoso, uno di quelli che tendono a vedere il mondo come una vasta rete di cospirazioni al loro danno, e se stessi al centro del mondo, esposti a tutti i soprusi. Da questa tendenza, che è debilitante, è difficile guarire, perché i soprusi esistono.”

    eliaspallanzani

    aprile 27, 2014 at 12:35 PM

    • Eh già, ma qui (nel libro) si parla piuttosto di cospirazionisti che hanno tutto il potere per compierli, i soprusi.

      unpopperuno

      aprile 28, 2014 at 10:31 am

  2. Mi piacerebbe conoscere la tua opinione sul capitoletto dedicato a Pannella e ai Radicali.

    Benjamino

    aprile 27, 2014 at 11:32 PM

    • Nei libri di Teodori c’è sempre almeno un capitoletto contro Pannella! :-) Ma il buon Marco, al di là di qualche vittimismo e di qualche deformazione della storia dovuta a “egocentrismo di partito”, mi pare nel complesso immune dalla mentalità cospiratoria.

      unpopperuno

      aprile 28, 2014 at 10:28 am

  3. il complottismo che Palermo l’autobomba se la è messa da solo, diciamo che adesso che scrive libri non serve più farlo saltare per aria

    david

    aprile 28, 2014 at 10:20 am


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