Guido Vitiello

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Atti capitalistici tra adulti consenzienti

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siamo-tutti-puttane1«Tutte le morali variano, mutano, decadono, spariscono; la prostituzione resta. Perciò, se durata è indice di valore, la prostituzione è superiore all’etica». Chissà se Annalisa Chirico ha letto l’Elogio della prostituzione del futurista Italo Tavolato, apparso il 1 maggio del 1913 su Lacerba (rivista che non può che esserci cara: «Qui non si canta al modo della rane» era il suo motto), ma l’eco di quell’antica goliardata risuona potentemente nel suo nuovo libro, Siamo tutti puttane. Contro la dittatura del politicamente corretto (Marsilio). Com’è nello stile dei manifesti futuristi, già il titolo è una dichiarazione di guerra. E infatti non è un libro, è un ordigno. Possiamo paragonarlo a una cluster bomb, una «bomba a grappolo» congegnata per colpire più bersagli a un tempo: le leggi sulla prostituzione sono un target secondario, la guerra-lampo è condotta anzitutto contro il tono moralistico che aleggia sul dibattito nazionale non appena si parla di sesso e denaro, contro l’abbraccio tra sessuofobi e procure, contro la parte più vistosa e sgomitante del femminismo italiano, quella che ha messo radici nel movimento Se non ora quando. Ma il libro è anche una daisy cutter, una bomba taglia-margherite, perché vuole far strage di tutte le ideologie del candore e della purezza, che s’illudono di liberare il sesso da ogni commistione con il potere, i soldi e l’interesse. Annalisa Chirico – che si definisce «femminista pro sesso, pro porno e pro prostituzione», come la francese Morgane Morteuil, autrice di Libérez le feminisme! – si candida a guidare il fronte del femminismo libertario alla Wendy McElroy o alla Camille Paglia, che in Italia è merce piuttosto rara. Ai suoi occhi la puttana è, prima e più che un mestiere, una metafora individualistica, e prostituirsi è «la sublimazione del godimento della propria indipendenza privata», «uno scambio intrinsecamente morale». Dunque la prostituzione non è superiore all’etica, come volevano i futuristi, ma è essa stessa un’etica? In effetti il libro una morale ce l’ha, e la si può riassumere con la battuta di Robert Nozick: non si possono proibire «atti capitalistici tra adulti consenzienti». Il sesso, come si vede, c’entra solo in parte, e oltretutto è piuttosto ardito sostenere che in Italia esista una dittatura del politicamente corretto. Il punto interessante è un altro. «La prostituzione è sesso più mercato: quale dei due non vi sta bene?», chiedeva McElroy. Almeno per l’Italia, la risposta è semplice. Non è tanto che siamo sessuofobi. È che siamo mercatofobi. Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

Maggio 20, 2014 at 4:30 PM

Le puttane di Kant (e l’Elogio futurista della prostituzione)

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Il professor Eco fa spesso le ore piccole (ma perché legge Kant). Poi, a notte fonda, ripone sul comodino la Grundlegung zur Metaphysik der Sitten e scivola nel sonno. E chissà quali sogni selvaggi sogna allora, il professor Eco. Kant e l’ornitorinco che si avventano l’uno sull’altro, in fregola, in una battaglia d’amore in sonno, una hypnerotomachia; perché se proprio non può esimersi dal sognare – di per sé una sconveniente obnubilazione delle facoltà critiche – che almeno sian sogni in edizione aldina e, ove possibile, ornati di xilografie allegoriche rinascimentali. Di certo, da buon kantiano, il professor Eco si preclude di sognare la Cosa in sé, l’inattingibile Ding an sich che crepita sotto il velame delle apparenze. Così inattingibile che ci si domanda perfino se esista, e soprattutto cosa diavolo sia, quell’oscuro oggetto del desiderio. Un filosofo la cui inesistenza è invece assodata, Jean-Baptiste Botul, ha dato la sua risposta in una conferenza mai tenuta a Nuova Königsberg, colonia dei kantiani del Paraguay: «La Cosa è il Sesso. È evidente. Non possiamo conoscere la Cosa in sé, ci avverte Kant. Non ne siamo capaci, ma soprattutto non ne siamo autorizzati» (La vita sessuale di Immanuel Kant). E poi: «È noto il rovescio di questo genere di ascetismo: il bordello. La Verità che si voleva nuda attraverso l’esperienza e la speculazione, la si contemplava, alla fine, tra le gambe della prostituta, professionista della “Cosa in sé”». La Cosa in sé sarebbe dunque quella cosa, che il kantiano si affatica a raggiungere brancicando tra le sottane della realtà. Perché questo è, in ultimo, il suo supplizio di Tantalo: la Cosa gli appare sempre tegumentata dalle apparenze, diciamo pure dalla lingerie del mondo fenomenico. Leggi il seguito di questo post »