Posts Tagged ‘Jorge Luis Borges’
La psicoanalisi come genere letterario. Fachinelli su Freud (e Rilke)
Un’etimologia bella e bugiarda è meglio che nessuna etimologia. Chi crede che merenda venga da meritare, o che paralitico abbia a che fare con la pietra, guadagna con le parole un’intimità, una confidenza che è preclusa a chi le accosta da semantico frigido e distratto. Ora, siccome la psicoanalisi si può considerare a buon diritto una branca dell’etimologia, una dottrina che riconduce i desideri derivati alla loro prima radice, ecco una buona ragione per disinteressarsi fino a un certo punto della sua verità o falsità; purché, beninteso, la si sappia intendere poeticamente: Borges leggeva le Etymologiae di Isidoro di Siviglia con lo stesso spirito con cui leggeva Jung, cercando nell’uno e nell’altro le stesse intuizioni.
Che nostalgia per gli psicoanalisti-poeti, per quei grandi e temerari affabulatori: le origini della psicoanalisi ne erano affollate, prima che s’insediasse una scolastica verbosa, settaria e un po’ pavida. Rileggere oggi Thalassa di Ferenczi, il Trauma della nascita di Rank, le spericolate congetture antropologiche di Roheim riserva di quei piaceri che danno solo i grandi romanzi. Venne poi la seconda rinascenza poetica, quella degli anni Sessanta e Settanta, annunciata dal fatale 1959: in quell’anno videro la luce due capolavori letterari, La vita contro la morte di Norman O. Brown e L’io diviso dello psichiatra Ronald Laing. La peste lacaniana era alle porte, e le porte non erano sorvegliate a dovere. Leggi il seguito di questo post »
“Mistica senza Dio” di Fritz Mauthner
Jorge Luis Borges lo riteneva uno dei grandi prosatori di lingua tedesca e uno dei cinque autori che più lo avevano influenzato, tanto che scrisse interi racconti ispirati alla sua filosofia. Hofmannsthal lo leggeva avidamente, e ne trasse ispirazione per la Lettera di Lord Chandos. James Joyce incaricò Samuel Beckett di setacciare i suoi scritti a caccia di idee, all’epoca in cui lavorava al Finnegans Wake. Ludwig Wittgenstein gli fu debitore per alcune profonde intuizioni. Eppure, quasi nessuno si ricorda oggi di Fritz Mauthner, scrittore, giornalista e filosofo del linguaggio di origine boema che dedicò tutta la vita a una titanica impresa di demolizione. Due gli edifici da abbattere, o forse le due facce di un solo edificio: il Linguaggio e Dio. Gli dèi non sono che nomi, diceva, e le parole sono le nostre tiranniche divinità. Solo liberandosi degli uni e delle altre si può accedere alla mistica pura, la mistica senza Dio, senza favole e senza teologie, senza templi e senza chierici.
Fritz Mauthner (1849-1923) è autore di romanzi, saggi, scritti satirici, parodie, e soprattutto di due opere monumentali: i Contributi a una critica del linguaggio (1901-1902) e la Storia dell’ateismo in Occidente (1920-1923).
Traduzione e cura di Guido Vitiello
Irradiazioni, 213 pagine, 12 euro
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.