“La vita era pur sì bella”. Contro lo stile scorrevole
Enumerando gli orrori del secolo (il suo, il diciannovesimo) Charles Baudelaire immetteva nel solito corteo di maiuscole impettite – il Progresso, la Virtù, il Vizio, gli Accademici, i Liberali – un ospite inatteso e inconsueto: lo stile scorrevole. Dio ci guardi dalla scorrevolezza. Una scrittura che abbia la lustra insignificanza di un corrimano è, in letteratura, l’altro nome del male.
Leggevo, per la mia rubrica, la recensione di un libro che non ho letto, di una scrittrice che non amo, pubblicato da un editore di cui disapprovo l’intero catalogo. Vi si diceva che la fluency è il meglio che si possa augurare a uno scrittore: se le parole sgorgano via naturali, è probabile che siano buone parole. È vero piuttosto il contrario: più il corso della scrittura è impetuoso, più facilmente trascina con sé detriti di luoghi comuni e lische di parole spolpate.
Occorre essere semplici, non facili. Leopardi, che fu per le nostre lettere il supremo maestro di stile, conosceva bene come la semplicità sia frutto del più laborioso artificio. Il bello stile non si conquista rompendo gli argini e scatenando inondazioni, ma praticando una disciplina che ha tutti i tratti di un’ascesi.
All’impresa che Mallarmé chiamava donner un sens plus pur aux mots de la tribu si votò con cura e dedizione impareggiabili Cristina Campo. Queste sue parole intorno a una lettera di Mozart mostrano che “l’eloquenza può far perno su una particola”, e valgono da sole tutti i corsi di creative writing che truffano ogni anno giovani e meno giovani, spesso con l’aggravante della buonafede.
L’ultima lettera (italiana) di Mozart è un esempio quasi terribile dello stile quando sia integralmente divenuto natura. Si ricorderà la grande frase centrale, il reiterato lamento sulla morte vicina, avviluppata nel manto nero dello sconosciuto del Requiem. E: “… La vita era pur sì bella…”, egli prorompe. Si provi, di queste sei piccole parole, a rimuoverne una. Ecco la formula feriale: la vita era bella; o la nostalgica: la vita era pur bella; o la candida: la vita era sì bella. Ma “La vita era pur sì bella…”. Questo solo è il pugnale che trafigge: uscito dal fodero in virtù di due monosillabi, disposti secondo un ordine semplice e imperscrutabile.
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Occorre essere semplici, non facili, concordo.
(Soprattutto quando citi Leopardi).
Ma se leggessi certi inutili arzigogoli che escono con impressionante regolarità nei cataloghi come sui giornali, invocheresti la fluency, se non altro per pietà.
Baci!
Fiamma
ottobre 18, 2010 at 2:17 PM
E già. Ma è in letteratura, e solo in letteratura, che la “fluency” è peccato mortale. Sui giornali dovrebbe essere obbligatoria.
unpopperuno
ottobre 18, 2010 at 2:36 PM
[…] gheriglio di polpa rosa) ai libri-passato di verdure (sono quelli che fanno vanto del loro stile scorrevole, e che non incontrano resistenza alcuna nella loro marcia dentro il nostro organismo). In breve, […]
Più libri più liberi un corno « Home
dicembre 2, 2010 at 8:17 am