Guido Vitiello

Alessandro Zaccuri su “Nuove metamorfosi di Tristano”

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Lo scrittore Luigi Santucci, che ne fu il traduttore italiano, ricordava di essersi imbattuto nell’Amore e l’Occidente in circostanze che, se non proprio romanzesche, appaiono comunque del tutto intonate al capolavoro di Denis de Rougemont (1906-1985). Il libro era stato pubblicato in Francia nel 1939, dopo che l’autore – un intellettuale svizzero all’epoca poco più che trentenne – lo aveva dettato in pochi mesi alla moglie. Santucci lo scoprì nel 1944, durante la sua esperienza di partigiano, «nel castello di una principessa, in Canton Ticino», se ne impossessò, lo studiò, decise di tradurlo. Niente di strano, non fosse che L’Amore e l’Occidente tratta appunto di castelli e cavalieri, di re e regine, e quindi, in un certo modo, anche di principesse. La tesi di De Rougemont è semplice quanto affascinante: quello che viene comunemente considerato l’amore romantico, l’amour passion, non è altro che la declinazione moderna di antichissime credenze gnostiche, tornate alla luce nel Medioevo attraverso l’eresia catara e distillate nella poesia dei trovatori, oltre che nelle leggende del ciclo bretone. Campioni di questo desiderio che non può mai ottenere soddisfazione, e che si esalta anzi in virtù degli impedimenti, sono l’infelice Tristano e la bionda Isotta.

Perché il loro amore sia perfetto, assoluto, è indispensabile la presenza di re Marco, lo sposo di Isotta, che costituisce il più invalicabile e persistente degli ostacoli. Affascinante, ripetiamolo, anche se diversi studiosi, primo fra tutti Henri-Irenée Marrou, hanno trovato davvero troppo semplice lo schema proposto da De Rougemont. Che però, suggerisce Guido Vitiello nell’introduzione alle Nuove metamorfosi di Tristano da lui curate per Ipermedium libri, non deve essere valutato secondo i consueti criteri della ricerca storico-erudita. Nella sua volontà di ricapitolare un’intera tradizione, L’Amore e l’Occidente rappresenta infatti l’atto fondativo di una disciplina che lo stesso De Rougemont definisce come «mitanalisi»: analisi del mito, riconoscimento delle analogie.

La domanda centrale viene posta in uno dei saggi ora proposti da Vitiello, tutti provenienti da Les Mythes de l’Amour, il volume del 1961 che costituisce un ampliamento del libro maggiore. «Da dove vengono i miti? – si chiede De Rougemont – Sono le nostre invenzioni o noi le loro?». La convinzione dell’autore è che ogni racconto originario ha in sé forza sufficiente per influenzarci, ma non abbastanza per determinarci. E così anche dalla fascinazione di Tristano e Isotta, che pure De Rougemont continua a leggere come il solo vero romanzo dell’Occidente, ci si può sottrarre esplorando la «terra incognita» dell’amore coniugale.

Nel frattempo, tuttavia, Nuove metamorfosi di Tristano passa in rassegna quelle che, all’altezza degli anni Sessanta, andavano considerate come lepiù recenti incarnazioni del mito, vale a dire L’uomo senza qualità di Robert Musil, Lolita di Vladimir Nabokov e Il dottor Zivago di Boris Pasternak. Tre romanzi nei quali la passione del protagonista per la donna amata è gravata da un interdetto impossibile da superare (rispettivamente l’incesto, la pedofilia, la dittatura). La rivistazione più convincente, sottolinea lo stesso Vitiello, è quella del Dottor Zivago, eppure anche le note sulle opere di Musil e di Nabokov conservano un loro interesse, specie quando De Rougemont si sofferma sul carattere ambiguo delle ‘trasgressioni’ poste al centro della trama. Si allude al tabù quando lo scandalo che ne consegue è clamoroso, ma non troppo, lungo un crinale che, prevede l’autore, porterà prima o poi a un contesto in cui la passione che infrange ogni regola, lungi dall’essere condannata, sarà «semplicemente curata, a spese della Previdenza sociale». Segno che la mitanalisi, oltre a rendere conto del passato, può talvolta essere utile per divinare il futuro.

Alessandro Zaccuri

Avvenire, 26 febbraio 2011

Written by Guido

marzo 2, 2011 a 11:41 PM

Pubblicato su Libri

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Una Risposta

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  1. […] è tornato a più riprese,  fino alla conclusione provvisoria da poco presentata in Italia da Guido Vitiello. E poi perché anche l’«altro De Rougemont», personalista ed europeista, è un pensatore di […]


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