Guido Vitiello

L’errore giudiziario non esiste, i cattivi giudici sì

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Per chi lo osservi con l’occhio spassionato del naturalista, l’errore giudiziario prende spesso l’aspetto d’una valanga. Nel caso Marta Russo, la studentessa uccisa a Roma nel maggio del 1997, a dar l’avvio al crollo fu il microscopico fiocco di neve di una particella depositata su un davanzale, che persuase gli inquirenti che il colpo fosse partito proprio da quell’aula della Sapienza. Da quel primo pallidissimo indizio, che sbiadì ulteriormente nel corso del processo, sarebbero seguiti tutti gli altri errori, e con mezzi non sempre irreprensibili si arrivò a una ricostruzione dei fatti che ripugnava al buon senso e alla logica – e che purtroppo non ripugnò altrettanto alle corti che dovettero giudicarla. Quel che è più grave, sotto la valanga, nella neve alta (mista a molto fango), finirono due che non c’entravano nulla, e la cui unica consolazione è di figurare oggi nei manuali dell’errore giudiziario, tra l’affaire Dreyfus e la Colonna infame. Ma diversamente dalle valanghe, a secondare e ingigantire l’errore non è la fatale inclinazione di un pendio, sono le azioni e le scelte di uomini nel cui potere era di scegliere e agire diversamente. La stessa definizione di errore, a ben vedere, è impropria. “L’errore è nel vagare sulla verità senza riuscire a scorgerla, nel mancare dei princìpi, delle regole, degli strumenti che consentono di scorgerla”, scriveva Leonardo Sciascia nella prefazione a un libro uscito alla vigilia del “referendum Tortora” sulla responsabilità civile dei magistrati; “ma quando i princìpi ci sono, le regole si conoscono e di strumenti si dispone, di errore non si può più parlare: vuol dire, semplicemente, che dei princìpi non si vuole tener conto, le regole non si vogliono applicare, gli strumenti non si vogliono usare”.

Stando così le cose, è possibile che il libro di Jacques Vergès appena pubblicato da Liberilibri, Gli errori giudiziari, sia corretto in tutto fuorché nel titolo e nella prefazione: “Il termine ‘errore’ non figura nel codice di procedura penale”, esordisce Vergès. “Tuttavia l’errore giudiziario esiste”. Esiste? C’è quanto meno da dubitarne, a scorrere la rassegna di casi francesi celebri e meno celebri messi in fila dall’avvocato di lungo corso, che ha difeso terroristi, nazisti e criminali di guerra. Salvo rari, perdonabilissimi casi, quel che emerge è che gli errori giudiziari è quasi sempre possibile evitarli, e non già di errori dovremmo parlare ma, come voleva Manzoni, di ingiustizie. Tortora, che teneva spesso con sé un’edizione della Colonna infame con introduzione di Sciascia, diceva che nel suo caso non di errore si era trattato, ma di “proterva, arrogante insistenza sul male fatto, cercando di coprire quel male con altro male”. Il libro di Vergès ne fornisce, vorremmo dire, una valanga di prove. Si è detto: rassegna, e non è forse la parola corretta. Si tratta piuttosto di un catalogo, ordinato secondo le cause ricorrenti dell’ingiustizia, i metodi con cui si ottiene la prova regina della confessione (tortura, violenza, raggiro), l’uso capriccioso delle perizie e delle testimonianze, accolte o screditate secondo che collimino o meno con ciò che l’accusa crede già di sapere e non sa. Perché è da qui innanzitutto che nascono gli errori, da una prima intuizione dell’inquirente, a cui questi si affeziona fino a intestardirsi e, nei casi più gravi, a barare al gioco, magari con l’aggravante della buona fede ideologica o morale. A mettere in moto la valanga è quella che Vergès chiama, splendidamente, “l’ispirazione divinatoria del poliziotto-gendarme-giudice-poeta”. Quanto più questa fantasia è sbrigliata, quanto più sfugge a rules of evidence tassative, responsabilità precise, dibattimenti leali, tanto più è probabile che prendano forma gli errori, che sono in fin dei conti cattiva letteratura, “storie immaginarie nate dal cervello di individui senza immaginazione”. Quasi sempre, almeno. Perché nel processo a Scattone e Ferraro i pm citavano Nietzsche, il presidente scriveva poesie e il giudice a latere era un astro nascente del noir.

Articolo uscito sul Foglio il 22 giugno 2011 con il titolo Vergès, cacciatore degli errori giudiziari nati da cattiva letteratura

Written by Guido

giugno 22, 2011 a 6:25 PM

6 Risposte

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  1. Scattone e Ferraro innocenti, i condannati per la bomba a Bologna anch’essi innocenti, i condannati per l’omicidio Calabresi innocenti, Berlusconi perseguitato, etc

    Ma chi è il giudice divino, esente da errori, che li assolve? Uno certo migliore dei giudici usuali.

    Dovendo e potendo scegliere di chi fidarmi, preferisco sempre di gran lunga i giudici veri, imperfetti, ma almeno indipendenti

    e con questo un ultimo caro saluto

    gorgialeontino

    giugno 22, 2011 at 6:57 PM

    • E chi ha detto che son tutti innocenti? Scattone e Ferraro, però, sì.

      unpopperuno

      giugno 22, 2011 at 7:02 PM

      • Io ricordo diversamente, Wikipedia ricorda come me. Mi spiega meglio la sua affermazione oppure mi indica qualche riferimento in merito? Grazie.
        Vittorio

        Vittorio

        giugno 24, 2011 at 8:45 am

      • Caro Vittorio, di libri ne trova molti, e altri ne usciranno a breve. Le consiglio di cominciare da “Il mistero della Sapienza” di Giovanni Valentini, o da “La prenderemo per omicida” a cura di A. Beretta Anguissola e A. Figà Talamanca. C’è poi “Sociologia di un delitto” di M. Catino e il memoriale di Salvatore Ferraro, “Il dito contro”. Tornerà presto in rete anche tutta l’imponente documentazione del comitato in difesa di Scattone e Ferraro, centinaia di documenti dove troverà, tra le altre cose, articoli dei massimi opinionisti e giuristi italiani sulla palese innocenza dei due imputati. Infine, troverà una breve disamina del caso Marta Russo nel manuale del magistrato Ferdinando Imposimato sugli errori giudiziari.

        unpopperuno

        giugno 24, 2011 at 11:30 am

  2. per essere certi che i cattivi giudici esistono bisogna vivere tale esperienza, averli a confronto, imputato innoccente e giudici, PM e Giudicanti.
    Viene fuori che di umano hanno perso tutto, il potere, l’arroganza prende il sopravvento, dimenticando diritti e doveri calpestando la puraverità dei fatti, tanto nessuno li controlla.
    Sono in troppi indegni di indossare le TOCHE, e fra di loro si proteggono.
    Io li ho denunciati, con prove documentali inconfutabili, il risultato, mi hanno distrutto l’esistenza. Giuseppe.

    peppino41

    giugno 25, 2011 at 2:43 am

  3. Grazie, anche se in ritardo, delle indicazioni bibliografiche. Il mio fornitore abituale (il sistema bibliotecario di zona) ansima un po’ ed anch’io, poi, non è che abbia moltissimo tempo. Saluti.
    Vittorio

    Vittorio Rossi

    luglio 3, 2011 at 2:33 PM


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