Guido Vitiello

Freud contro Lacan (e Allen contro tutti)

with one comment

Ho un sogno mostruosamente proibito, e non avendo né uno psicoanalista né un confessore mi affido alla cura d’anime dei lettori del Foglio. Ricordate la scena di Io e Annie in cui Woody Allen, in coda per il cinema, si ritrova davanti un massmediologo petulante che sproloquia su Marshall McLuhan? Da dietro un tabellone, per incanto, sbuca proprio McLuhan a sbugiardarlo: “Lei non sa niente del mio lavoro. Come sia arrivato a tenere un corso alla Columbia è cosa che desta meraviglia”. Ecco, ho sempre sognato che in uno dei seminari di Jacques Lacan a un certo punto spuntasse Sigmund Freud in persona, o più verosimilmente il suo fantasma vendicatore, ed esclamasse: “Lei non sa niente del mio lavoro. Le sue speculazioni sull’‘objet petit a’ o sul fallo come ‘radice di meno uno’ sono ciarlatanerie, i suoi calembour pedanti fanno ridere i polli. E poi, se lo faccia dire, lei scrive davvero uno schifo. Come abbia potuto metter su una baracca simile e chiamarla École freudienne è cosa che desta meraviglia, o meglio la desterebbe se non fosse che siamo a Parigi”.

Non potendo realizzare il sogno, mi accontento di un surrogato: quando ho tra le mani il libro di uno psicoanalista francofono, corro alla bibliografia e all’indice analitico per stimare il tasso di Lacan presente nelle sue pagine. Se siamo sopra il livello di guardia del cinque-dieci per cento, lo lascio in libreria. La bibliografia di Come Woody Allen può cambiare la vostra vita (Archinto) risponde pienamente ai miei criteri di “zona de-lacanizzata”; anzi l’autore, lo svizzero Éric Vartzbed, confida che proprio Allen lo ha liberato dal veneficio di Lacan: “Mi ha insegnato l’arte di sgonfiare le ‘bolle’ linguistiche”. Prima Vartzbed aveva frequentato i circoli lacaniani e nutrito una certa soggezione davanti alle interminabili discettazioni sull’“oggetto ‘a’ minuscolo”, finché “in perfetto spirito alleniano, un collega più evoluto mi ha sussurrato all’orecchio: ‘Non vedo l’ora che si passi all’oggetto ‘b’ minuscolo!”.

Allen d’altro canto è un freudiano puro, anche se l’Italia che lo ha accolto non era abbastanza freudiana per intenderlo (in Io e Annie la formula “perverso polimorfo” era tradotta, surrealmente, con “policaliente epiteliale”). Ma non vi libererà solo dai lacaniani: Vartzbed riconosce che, nei suoi film, gli analisti di tutte le scuole sono per lo più imbelli che non sanno vivere, sottilmente autistici, spesso patologicamente tirchi. E allora, la guarigione viene dai film? Woody Allen può cambiare la vostra vita? Nemmeno per sogno, se non siete già come lui. Tutt’al più, è consolante apprendere che non siete i soli a rovinarvi la vita a quel modo, a replicare l’archetipo del moderno “punitore di sé stesso”. Ma non per questo la lettura è inutile. Vartzbed, cari alleniani, è uno di noi, e tanto basta perché il libro non vi rovini i film. C’è da sperare che un giorno irrompa, in armi, in uno dei seminari lacaniani di Slavoj Zizek su Hitchcock. Altro sogno mostruosamente proibito.

Articolo uscito sul Foglio il 14 luglio 2012 con il titolo Woody senza analisi

Written by Guido

luglio 16, 2012 a 11:49 am

Una Risposta

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  1. CONDIVIDO!!!

    gilda

    agosto 7, 2012 at 7:35 PM


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