Posts Tagged ‘Slavoj Zizek’
Filosofi, uno zombie vi divorerà
Se un cieco guida un altro cieco, insegnano i Vangeli, cadranno tutti e due in un fossato. Chi va con lo zoppo, d’altro canto, impara a zoppicare. Ma che cosa accade quando ci si sceglie come guida uno zombie? La domanda non è irrilevante, specie in apertura di una campagna elettorale post-apocalittica dove l’accusa di “zombie” si annuncia come una delle armi polemiche più ricorrenti. E la risposta è in un volumetto di Maxime Coulombe, sociologo e studioso di storia dell’arte contemporanea, che s’intitola Petite philosophie du zombie (Puf): “L’intento di questo libro è semplice: fare dello zombie un Virgilio, una guida per osservare la nostra società occidentale”. D’altronde, si tratta di una creatura in buona parte autoctona, sebbene possa vantare remote origini haitiane. Ma se lo zombie tradizionale è un vivo che sembra morto, un corpo senza spirito che può essere magicamente riportato alla vita – concrezione mitologica di due lasciti coloniali, la schiavitù e il Cristianesimo – lo zombie contemporaneo, nato dai romanzi di Richard Matheson e soprattutto dai film di George A. Romero, è l’esatto contrario: un morto che sembra vivo, che deambula come un vivo un po’ rincoglionito, che spande la sua infezione tra gli uomini e che per giunta è cannibale. Che cosa vede Coulombe attraverso le sue orbite spente? Che cosa incarna o simboleggia, lo zombie? Leggi il seguito di questo post »
Slavoj Žižek spiegato ai bambini
Quando Jean-François Lyotard pubblicò Il postmoderno spiegato ai bambini, c’era da evocare il vecchio Groucho Marx: «Anche un bambino di quattro anni potrebbe capirlo… Va’ a trovarmi un bambino di quattro anni, perché io non ci capisco niente». Del resto, la familiarità dei piccini con le filastrocche, le ninnenanne e gli scioglilingua li dispone meglio verso certe formule cullanti e incantatorie dei filosofi: chi corre in cerchio al grido di «giro girotondo, casca il mondo» non avrà problemi a farsi dire da nonno Heidegger che il mondo mondeggia e il nulla nulleggia. Ma chissà che non sia questo l’atteggiamento più proficuo e, in fin dei conti, il più sano. Davanti a certi grandi affabulatori verrebbe da esclamare, come le dame di La Bruyère ammaliate da un oratore alla moda: «Delizioso; che cosa ha detto?». Continua a leggere su La Lettura.
Freud contro Lacan (e Allen contro tutti)
Ho un sogno mostruosamente proibito, e non avendo né uno psicoanalista né un confessore mi affido alla cura d’anime dei lettori del Foglio. Ricordate la scena di Io e Annie in cui Woody Allen, in coda per il cinema, si ritrova davanti un massmediologo petulante che sproloquia su Marshall McLuhan? Da dietro un tabellone, per incanto, sbuca proprio McLuhan a sbugiardarlo: “Lei non sa niente del mio lavoro. Come sia arrivato a tenere un corso alla Columbia è cosa che desta meraviglia”. Ecco, ho sempre sognato che in uno dei seminari di Jacques Lacan a un certo punto spuntasse Sigmund Freud in persona, o più verosimilmente il suo fantasma vendicatore, ed esclamasse: “Lei non sa niente del mio lavoro. Le sue speculazioni sull’‘objet petit a’ o sul fallo come ‘radice di meno uno’ sono ciarlatanerie, i suoi calembour pedanti fanno ridere i polli. E poi, se lo faccia dire, lei scrive davvero uno schifo. Come abbia potuto metter su una baracca simile e chiamarla École freudienne è cosa che desta meraviglia, o meglio la desterebbe se non fosse che siamo a Parigi”. Leggi il seguito di questo post »
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