Mondo cannibale. Repubblica come clan endogamico
Aut liberi aut libri, o si fanno figli o si fanno libri, amava ricordare Nietzsche; ma tra le due cose c’è un’analogia profonda, e un nuovo Lévi-Strauss dovrebbe indagare le strutture elementari della parentela editoriale. Vuoi per superstizione, vuoi per aver orecchiato un po’ di genetica, tutti siamo al corrente dei guai che possono venire dal matrimonio e dalla generazione tra consanguinei. Si tratta quindi di capire se l’endogamia editoriale aumenti il rischio di dar vita a libri malformati o affetti da anomalie congenite. Il primo caso di studio del nostro antropologo potrebbe essere la collana iLibra di Repubblica e Laterza, inaugurata a fine febbraio (“I libri del futuro” era il cubitale annuncio) e appena giunta al suo dodicesimo titolo, dove illustri firme di Repubblica ragionano su temi cari a Repubblica in volumetti che si possono, tra l’altro, acquistare in edicola insieme a Repubblica, generosamente recensiti sulle pagine di Repubblica e promossi tramite videointerviste sul sito di Repubblica.
Chi dopo l’agnizione di questo grandioso incesto editoriale ha vinto l’impulso ad accecarsi ed esiliarsi a Colono, si disponga a riflettere un poco. Ma non si affretti ad imputare questa collana omozigote alla vocazione autocelebrativa che pure alligna nella fratrìa di Rep., e che ha il suo simbolo più puro nel Meridiano di Eugenio Scalfari, il cui saggio introduttivo, firmato da Asor Rosa, portava la dedica: “A Eugenio Scalfari”. Certo, nessuno dimentica che per il festival “La Repubblica delle Idee” issarono in piazza una R monumentale, fatta recapitare dalla Nordcorea o forse direttamente da Giove, un monolite spaziale che avrebbe lasciato con un palmo di muso intere colonie di pitechi; ed è ancora fresco il ricordo di quando annunciarono il restyling del quotidiano con un titolo a tutta pagina (“È un nuovo inizio”) che il New York Times non avrebbe dedicato neppure allo sbarco dei rettiliani a Times Square. Ma la collana iLibra, all’apparenza meno vistosa, segna un punto di non ritorno che non dovrà sfuggire al nostro antropologo dell’editoria.
Già che la cultura laica vive del dialogo e della moltiplicazione dei punti di vista, ciascuno dei volumetti ha in coda una ricca antologia; dove, per amor di polifonia, ad arricchire il saggio della firma di Repubblica figurano per lo più interviste a collaboratori di Repubblica, già apparse su Repubblica, e altri brani di autori di Repubblica, meglio se pubblicati da Laterza. È una magnifica orgia incestuosa dove ciascuno è, a turno, l’antologizzato e l’antologizzatore, il recensore e il recensito, l’intervistatore e l’intervistato. Natalia Aspesi firma l’ultimo titolo, Sentimental, ma già nel penultimo, cucinato da Michela Marzano a partire da cose già scritte su Repubblica, presenziava nell’antologia accanto a Stefano Rodotà, Roberto Esposito ed Elena Stancanelli, la quale a sua volta ha recensito il libro della Aspesi su Repubblica. E poi Recalcati, Lodoli, Lipperini, Diamanti, tutti nel calderone dell’uno o dell’altro libro, ciascuno con qualche brano particolarmente speziato e saporito. A lasciare sgomenti non è tanto che questa “minestra di rigovernatura” di Gian Burrasca sia annunciata come un esperimento editoriale rivoluzionario; no, il punto è che non è neppure più endogamia, è tecnicamente endocannibalismo, quale si riscontrava nei riti funebri di certe tribù dell’Amazzonia o della Nuova Guinea. E forse un Lévi-Strauss non basta più, e questo piccolo mondo autofago esige un cantore a metà tra François Rabelais e il Ruggero Deodato di Cannibal Holocaust.
C’è un oscuro splendore allegorico in quest’immagine di una grande famiglia della borghesia colta, fondata da un Urvater intellettualmente libertino, che lungo un ventennio di avvitamento autoreferenziale regredisce a clan endogamico per orrore di contaminazione, via via dirazzando e partorendo esemplari sempre più fiacchi, scialbi, irriconoscibili. Ed è una ragione in più per augurare lunga vita al caro Eugenio: per i novant’anni lo hanno festeggiato, d’accordo, ma se il Freud di Totem e tabù ha visto bene, la prossima volta se lo cucinano e se lo mangiano.
Articolo uscito sul Foglio il 24 maggio 2014 con il titolo Repubblicamor
Non solo a Repubblica. E’ vero in molti altri casi. Vedasi la cricca IlSole24Ore-IlFoglio. Che merita il Grammy Award per quanto se la suona e se la canta. E che ha esteso le sue propaggini ben dentro Palazzo Chigi.
frank
Maggio 25, 2014 at 8:17 PM
A mio avviso il punctum pruriens è quello per cui l’asserita autoreferenzilità di Rep. è suggestivamente collegata al rifiuto/incapacità di dialogo;
Secondo me è un concetto sbagliato, per mantenere l’esempio del Sole, non è che devono ospitare editorialisti (o pubblicare libri) marxisti per potersi dire liberali; lo stesso vale per Repubblica non è che se non ospitano editoriali (o pubblicano libri) di Socci o Adinolfi sono “endogamici”.
Persolmente trovo molto più incestuoso ad es. essere di lotta e di governo o di sinistra e liberali (adesso renziani); secondo me è sempre e solo lo spazio pubblico che deve essere (e rimanere) plurale, non i suoi singoli attori.
Una volta era un concetto chiaro sia per gli editori che, per chi ci capisce qualcosa, per le etichette musicali (non è che dalla Motown o dalla Stax poteva uscire metallo pesante, ed era giusto così).
david
Maggio 26, 2014 at 11:08 am
Il marxismo non c’entra una beata. Si parlava di articolisti/autori/intervistatori/disegnatori che si citano e si segnalano l’un con l’altro con un tono del genere:”Cosi’ per caso mi e’ capitato questo libro che ritemgo molto interessante” e poi vai a vedere il colophon delle suddette riviste e scopri che sono una cricca di compari. Niente per cui invocare il giudizio di Dio, per carita’, parlino di chi vogliono. Ma e’ evidente che proprio questo “protezionismo” delle opinioni ha fatto si che nel dibattito “intellettuale” (dico cosi’ per brevita’) italiano si siano affermate la “giustizia ad orologeria” e “la colpa e’ tutta dei sindacati e dei dipendenti pubblici”. Mentre le riviste americane di cui i Foglianti/Solisti sono cosi’ very fond of (al limite del plagio), attaccano Piketty si, ma dopo aver vagliato le sue affermazioni e rifatto i calcoli.
frank
Maggio 26, 2014 at 3:16 PM
L’Italia è piena di clan endogamici, ma alcuni sono più endogamici di altri.
unpopperuno
Maggio 26, 2014 at 5:26 PM
diait
luglio 13, 2014 at 11:27 PM
[…] modo di assistere un po’ più da vicino alle pratiche endogamiche (per dirla con Guido Vitiello1) e fellatorie cui si abbandona senza pudore né misura l’establishment culturale, e […]
Romanzo transgender | Ma però
Maggio 21, 2015 at 9:42 am
[…] modo di assistere un po’ più da vicino alle pratiche endogamiche (per dirla con Guido Vitiello1) e fellatorie cui si abbandona senza pudore né misura l’establishment culturale, e segnatamente […]
Romanzo transgender | Ma però
luglio 4, 2015 at 2:02 PM