Guido Vitiello

Il corpo delle nonne. Tina Anselmi e la malafemmena (Mani bucate, 22)

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Ci sono cimeli inaccessibili perfino alle mie mani bucate. Da anni inseguo lo spot che Paolo Pietrangeli girò per Rifondazione Comunista in occasione delle elezioni regionali del 2000. Tutto quel che ricordo è che c’erano dei bambini incolpevoli in uno studio, bombardati da scene di Roma città aperta e di Ladri di biciclette, indotti a riscoprire i valori della Resistenza e della Costituzione per mezzo di una “cura Ludovico” di Rossellini e De Sica, così da disintossicarsi dal berlusconismo e, suppongo, dalle merendine. Posso sbagliarmi, posso esagerare, posso sovrapporre ricordi diversi, ma in quei pochi secondi c’era una delle chiavi per capire le guerre sulla bellezza dell’ultimo ventennio (già che l’Italia si giustifica solo come fenomeno estetico, le battaglie ideologiche sono spesso battaglie estetiche sotto falso nome). Uso bellico del vintage politico-cinematografico. Neorealismo contro cinepanettone. Bianco e nero contro colore. Pasolini contro tutti. Autenticità (retorica della) contro artificio. Le rughe di Anna Magnani contro il botox delle soubrette, in quella strana cosa intitolata Il corpo delle donne. Su Concita De Gregorio la cura neorealista produsse effetti così lisergici da farle scambiare il loden di Monti per il cappotto rivoltato di Umberto D. – ah, come descriveva il povero presidente, con il suo “ufficietto sobrio” e la moglie che accorre con “la valigia di camicie pulite”!

Poi, dopo il burlesque e i processi burlesque al burlesque, è arrivato Renzi. Con la sua stravagante retorica toscanocentrica della bellezza operosa e civilizzatrice, sospesa tra i ricordi di scuola dell’età comunale e del Rinascimento, culminante in un punto indefinito tra gli agriturismi e il design di Steve Jobs. E, soprattutto, con la ministra Boschi. Tentava e tenta di propagandare un’idea di bellezza diversa dalla berlusconiana, quel tanto da aspettarsi un riallineamento delle forze nemiche. Ma nel sistema chiuso delle ideologie nazionali – dove il postulato di Lavoisier vale in forma emendata: nulla si crea, nulla si distrugge, nulla si trasforma – l’antiberlusconismo è diventato antirenzismo senza perdere nessuna delle sue proprietà.

L’ultimo capitolo è la contrapposizione Anselmi-Boschi. Facciamo un esperimento in un corpo vile, molto vile. Ecco un estratto dall’articolo “Tina e Maria Elena. Le due Italie al femminile”, 2 novembre 2016, scritto dallo storico Angelo D’Orsi per il sito di MicroMega (sono poche righe, ma abbiamo a che fare con una miscela di acidi, dunque massima precauzione, occhiali protettivi e guanti monouso): “È difficile immaginare due icone contrapposte come queste due donne in politica (due cattoliche): apparenza contro sostanza, imparaticcio contro cultura, bell’aspetto contro aspetto dimesso, chiacchiera contro rigore, selfie contro discrezione, talk show contro dibattito parlamentare, slogan contro ragionamenti, il ‘nuovo’ che sa di stantio e il ‘vecchio’ che sa di durevole”. Se con una colonna di distillazione separiamo le sostanze tossiche presenti nella miscela, liberandoci delle più volatili – lo spirito sciacallesco, il maschilismo (la chiama pure “belloccia” e donna-immagine del capo), l’allergia a tutto quel che sa di comunicazione e di pubblicità – sempre lì ritorniamo. L’onorevole Tina, ex partigiana, come sintesi tra l’onorevole Angelina e la popolana Pina di Roma città aperta. Alla diva Boschi – la malafemmena – si contrappone il corpo delle nonne, struccate e senza vezzi. Così Corrado Stajano, recensendo mesi fa sul Corriere un libro sulle Donne della Repubblica – dove c’erano, tra gli altri, ritratti della Anselmi e della Magnani – accostava malinconicamente “Tina Anselmi e le ministrine di oggi, insipide ma arroganti, attente, sembra, soprattutto al colore del loro tailleur”. Non ci sono più le donne in bianco e nero di una volta. E noi non ci libereremo mai del neorealismo. Nulla si crea, nulla si distrugge, nulla si trasforma.

Il Foglio, 5 novembre 2016

Written by Guido

novembre 6, 2016 a 12:03 PM

3 Risposte

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  1. Carlo Azeglio Ciampi , anch’egli partigiano, è scomparso prima della Anselmi, ma a nessuno è venuto in mente di accostarlo all’icona Matteo Renzi . Eppure gli elementi per un possibile confronto non mancavano . Entrambi capi del governo . Chiamati entrambi dal capo dello Stato per una funzione salvifica della Patria.Nè mancavano colorite espressioni dialettali napoletane per definire in modo pittoresco anche Renzi. Omme e’ che? A Totò, la risposta

    Totò

    novembre 6, 2016 at 3:00 PM

  2. “ Martedì 24 aprile 2001 – Riviste in tv le giarrettiere di Anna Magnani nell’ultima scena di Roma città aperta. Pensato: ecco l’« ordine » del cinema: l’ordine della giarrettiera (ah… ah… ). (Il lenocinio come struttura-base della cultura mediterranea) “.

    acabarra59

    novembre 6, 2016 at 3:04 PM

  3. “apparenza contro sostanza, imparaticcio contro cultura, bell’aspetto contro aspetto dimesso, chiacchiera contro rigore, selfie contro discrezione, talk show contro dibattito parlamentare, slogan contro ragionamenti” L’elenco però non è completo , ha eluso la modestia della Anselmi contro la superbia della Boschi .

    Come ha fatto a non notare questo divertente passaggio: “Sempre dalla parte giusta, anche quando scelse linee moderate di pensiero e di azione, da cattolica e da democristiana, sapendo sempre ascoltare e imparare dagli altri, in particolare dai comunisti.” ?

    La vecchia “cattedra ” , che istruiva le donne del popolo fuori dalle aule e che prese il posto dei confessionali reazionari dell’età giolittiana, pare sia finita fra le macerie del muro di Berlino . E, giustamente, il professore se ne duole sommessamente , fra le righe

    Peppino

    novembre 7, 2016 at 2:26 PM


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