Guido Vitiello

Fratelli weimariani, la fine è vicina (Mani bucate, 30)

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Pace e bene a tutti da Padre Weimariano da Torino! Non l’avrei mai detto, ma mi sono ritrovato a fondare un ordine conventuale. Per ragioni di budget è un ordine mendicante, anche se le nostre mani bucate hanno poco a che fare con le stimmate. Noi frati weimariani preghiamo giorno e notte per scongiurare l’apocalisse della Repubblica, di cui vediamo tutt’intorno i segni – i prodigi dei falsi profeti, la grande apostasia della classe dirigente e della borghesia imbelle, la Bestia con il diadema delle cinque stelle, il principe ucraino che si fa tatuare il suo marchio e si mette a blaterare in lingue strane di un “referendum informale” sull’euro, i terremoti, gli ulivi avvelenati dalla Xylella giudiziaria. E ai risolini dei miscredenti – che ci vedono come trappisti politici, intenti a rimuginare la giaculatoria del memento mori mentre passeggiamo a testa china nel chiostro – rispondiamo con il motto di Ennio Flaiano, inciso sullo stemma dell’ordine: “Nel nostro paese la forma più comune di imprudenza è quella di ridere, ritenendole assurde, delle cose che poi avverranno”.

Per le lodi mattutine, hegelianamente, ascoltiamo le letture del confratello Bordin, cercando con ansia di riconoscere i Segni dei Tempi tra le pagine dei giornali, foss’anche in coda al più insulso dei trafiletti. Da dove verrà quest’oggi la minaccia, chi spianerà la strada all’Anticristo? Saranno gli anabattisti del MoVimento, capeggiati da quel loro Giovanni di Leida, o di Genova, schiumante e berciante? Sarà la soldataglia padana di Matteo da Giussano? O saranno i gioachimiti dell’Associazione nazionale magistrati, tornati a sperare, sotto Piercamillo da Fiore, nel Terzo Regno profetizzato da Jean de Maillard? (Promemoria per gli smemorati: 1994, tavola rotonda convocata da Le Monde, presenti Borrelli e Colombo; un magistrato di Orléans, a commento dei casi italiani, annuncia che se il Diciannovesimo era stato il secolo del legislativo e il Ventesimo dell’esecutivo, il Ventunesimo sarà il secolo del potere giudiziario – il Regno dello Spirito).

Basterà il mormorio dei retroscenisti e dei notisti politici, così abili nel descrivere i fregi di un palazzo che scricchiola, a coprire il suono delle sette trombe? Fino a quando il dolce anestetico del wishful thinking potrà attutire le fitte di quella passione che credevamo appannaggio dei nostri nonni, la paura politica? Per quanto ancora un movimento di fanatici millenaristi, che neppure fa più mistero della sua vocazione totalitaria, potrà divorare a piacimento la Costituzione, come il libro dell’angelo nell’Apocalisse, sotto lo sguardo indulgente dei Santi degli ultimi giorni di Libertà e Giustizia, di solito così severi? E quando, quando il Signore verrà a dare la corona del martirio all’avvocato Venerando Monello, mandato a schiantarsi come Uria l’Ittita in difesa di un baluardo di civiltà, nell’indifferenza di chi solo pochi anni fa andava a riesumare una legge del 1957 per defenestrare Berlusconi e oggi non batte ciglio davanti ai contratti con un partito azienda? Sentinella, a che punto è la notte?

Io e i miei confratelli buontemponi preghiamo per voi e vi diciamo: non si tratta più degli ordinali – Prima, Seconda o Terza – ma della Repubblica in quanto tale. L’apocalisse è vicina. E se ci sbilanciamo tanto, è perché noi frati weimariani non conosciamo il timore piccoloborghese di essere sommersi dal ridicolo; al contrario, ce lo auguriamo. Pace e bene a tutti da Padre Weimariano da Torino!

Il Foglio, 28 gennaio 2017

Written by Guido

gennaio 30, 2017 a 11:43 am

Una Risposta

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  1. ” 8 aprile 1983 – weimar in tutte / le salse / da vent’anni / bau haus / cani per casa / abbaiano e mordono. “.

    acabarra59

    febbraio 8, 2017 at 6:26 am


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