Guido Vitiello

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Facebook-Krieg, ovvero: Claudio Magris e il suo Doppio

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doppelganger2Qualcuno doveva aver raggirato Claudio M., perché senza che avesse fatto niente di male una mattina lo iscrissero a Facebook. Il professore absburgico si è trovato, suo malgrado, sdoppiato: da una parte Claudio Magris, dall’altra il profilo Facebook di Claudio Magris. E va bene che ogni orfano della finis Austriae ha diritto al suo personale Doppelgänger, ma che gli si lasci almeno il piacere perturbante di generarlo da sé, per gemmazione fantastica, psicoanalitica, allucinatoria, al limite vendendo l’ombra al diavolo. La reazione, tempestiva e battagliera, il professore l’ha affidata alla sede naturale che spetta a chiunque venga iscritto proditoriamente a un social network: la prima pagina del principale quotidiano nazionale.

C’è perfetto accordo tra pensiero e azione, tra il Beruf dello studioso, la sua vocazione professionale, e la prassi del militante. Nell’ultimo libricino Segreti e no Magris rivendica il “diritto all’opacità”, a mantenersi in ombra; nel commento di giovedì sul Corriere si appella invece al secondo comma dell’articolo 20 della Costituzione che sancisce il “diritto di non partecipare” e invita a diffonderlo, a far volantinaggio, a declamarlo in tv, cosa che farei volentieri se solo quel comma esistesse (forse anche la Carta ha un suo Doppio onirico); chiama poi in causa la partecipazione coatta dei regimi totalitari, che ti iscrivevano d’ufficio ai Facebook dell’epoca – i Figli della Lupa, il Komsomol sovietico, la Hitlerjugend. Ma piano con i risolini: non siamo in Kakania, lo stile non è quello fumoso e inconcludente dell’Azione Parallela, e Magris, a differenza dell’Ulrich di Musil, è uomo d’azione. Non mollerà la preda, come testimonia la sua storica battaglia contro Telecom, passata agli annali come Memotel-Kampf o la Guerra dei sei anni (2001-2007). Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

febbraio 9, 2014 at 12:31 am

Come (non) leggere Paperino. Ideologia e cultura pop

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Ai tempi del «tutto è politica», slogan non si sa se più stupido o ricattatorio, era naturale chiedersi, davanti a qualunque cosa, se fosse di destra o di sinistra. Film, canzoni, mode, abitudini di vita, nulla scampava al setaccio dell’ideologia. Prima delle ironie di Gaber, l’inventario più noto – e citato fino allo sfinimento – era Maledetti vi amerò (1980) di Marco Tullio Giordana, dove si diceva che il tè, il riso integrale, il Marocco, la doccia, i preliminari erotici sono di sinistra; di destra sono il caffè, la vasca da bagno, Venezia, Praga e la penetrazione. Due giornalisti francesi, Isabelle Fringuet-Paturle e Jérémy Patinier, provano oggi a riproporre lo stesso gioco di società. Ma il loro libro, Tintin est-il de gauche? Astérix est-il de droite? (Les Éditions de l’Opportun), è la dimostrazione che il gioco non funziona più. Tintin ha fama di esser di destra, ma è solo un trasformista che nelle sue avventure «è stato di volta in volta colonialista, anticolonialista, legittimista, anticomunista, democratico, difensore dei popoli sottomessi alla dittatura, un po’ cattolico e paternalista».

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