Guido Vitiello

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Abolire le prigioni (e trasformarle in monasteri)

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Valeria-Muledda-Nuclei-vitali-Le-Murate.-Progetti-Arte-Contemporanea-Firenze-foto-Alessandro-Naldi-3Diceva Altiero Spinelli che il carcere è una “piccola società cenobitica”, un monastero che impone al detenuto un insieme di regole ascetiche. L’ultimo capitolo di Abolire il carcere, il libro di Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina Calderone e Federica Resta pubblicato da Chiarelettere, ripercorre le tappe di questo perverso noviziato. Si comincia con la matricola, la perquisizione in ogni possibile orifizio, la visita medica, l’abbandono dei segni dell’identità precedente (documenti e oggetti personali), una fase che trova il suo corrispondente monastico nella spoliazione e nella tonsura. Poi si è accompagnati alla cella, non dal priore e dalla comunità dei confratelli, ma da uno stuolo di poliziotti. Comincia allora una vita di preghiera, che in carcere prende la sinistra forma burocratica della “domandina”, la richiesta da compilare e da inoltrare ai numi dell’autorità penitenziaria per ottenere l’accesso ai benefici più elementari. I tre voti religiosi – castità, povertà, obbedienza – sono anch’essi sfigurati in caricatura; specie l’obbedienza, che si traduce nella mimica servile della buona condotta, in un’umiltà affettata dietro la quale (cito ancora Spinelli) “può fiorire una orrida vegetazione di risentimenti, di cattiverie e di pervertimenti”. Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

giugno 21, 2015 at 11:10 am