Guido Vitiello

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Abolire le prigioni (e trasformarle in monasteri)

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Valeria-Muledda-Nuclei-vitali-Le-Murate.-Progetti-Arte-Contemporanea-Firenze-foto-Alessandro-Naldi-3Diceva Altiero Spinelli che il carcere è una “piccola società cenobitica”, un monastero che impone al detenuto un insieme di regole ascetiche. L’ultimo capitolo di Abolire il carcere, il libro di Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina Calderone e Federica Resta pubblicato da Chiarelettere, ripercorre le tappe di questo perverso noviziato. Si comincia con la matricola, la perquisizione in ogni possibile orifizio, la visita medica, l’abbandono dei segni dell’identità precedente (documenti e oggetti personali), una fase che trova il suo corrispondente monastico nella spoliazione e nella tonsura. Poi si è accompagnati alla cella, non dal priore e dalla comunità dei confratelli, ma da uno stuolo di poliziotti. Comincia allora una vita di preghiera, che in carcere prende la sinistra forma burocratica della “domandina”, la richiesta da compilare e da inoltrare ai numi dell’autorità penitenziaria per ottenere l’accesso ai benefici più elementari. I tre voti religiosi – castità, povertà, obbedienza – sono anch’essi sfigurati in caricatura; specie l’obbedienza, che si traduce nella mimica servile della buona condotta, in un’umiltà affettata dietro la quale (cito ancora Spinelli) “può fiorire una orrida vegetazione di risentimenti, di cattiverie e di pervertimenti”. Leggi il seguito di questo post »

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giugno 21, 2015 at 11:10 am

La Terrazzata Potemkin. Lidia Ravera a Stromboli

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StromboliStampIl trattatello di Gustavo Zagrebelsky sulla Lingua Nostrae Aetatis, la lingua del tempo berlusconiano, aveva la bella allure responsoriale del Catechismo di Pio X. Rileggiamo il primo lemma, “Scendere (in politica)”: “Scendere da dove? Da una vita superiore. Scendere dove? In una vita inferiore. Per quale ragione? Per rispondere a un dovere, al quale sacrificarsi. Quale dovere? Salvare un popolo avviato alla perdizione. Con quali mezzi? Mezzi politici”. Il tono liturgico e l’occasionale ricorso al latino ecclesiastico erano ben pertinenti, trattandosi della trasposizione in politica di categorie teologiche. Il redentore secolare, osservava Zagrebelsky, descendit de coelis propter nos homines. È dalle stelle che deve scendere, come vuole la novena, “e non dare l’impressione di salire dal basso, da dove nascono solo creature che si alimentano e vegetano nella putredine”. Eppure, a considerare la retorica dell’antiberlusconismo più ammodo – quello, per intenderci, di Libertà e giustizia, di Repubblica e del Palasharp – siamo costretti a mettere le metafore a testa in giù: Berlusconi non è il falso messia che plana sulla politica come Hitler su Norimberga nel Trionfo della volontà di Leni Riefensthal, bensì la creatura che vegeta nella putredine della volgarità e degli interessi; e il berlusconismo, l’emersione dei nuovi mostri dall’antica palude del qualunquismo nazionale, una variante dell’“invasione verticale dei barbari” di Ortega e Rathenau. E se il Male s’inerpica dal basso, se le porte degli inferi si schiudono sotto i nostri piedi, da dove aspettarsi la salvezza? Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

aprile 29, 2013 at 5:45 PM