Guido Vitiello

Filologia Alleniana/2. Traduzioni fedeli per coppie infedeli

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La maledizione di Babele, la confusione delle lingue, si è abbattuta su tutti gli usi della parola, ma si è accanita con più ferocia su alcuni: tra questi, forse nessuno ne è uscito malconcio come il motto di spirito. Per un umorista, constatare che le proprie battute sono intraducibili equivale a scoprire su di sé i segni certi della cacciata dall’Eden; ma quando un Witz si lascia traghettare con agio da una lingua all’altra, ecco che spira per qualche istante miracoloso l’euforia pentecostale di chi crede di aver riacciuffato la lingua parlata da Adamo prima della Caduta.

Nelle mie vesti di fondatore di una disciplina orgogliosamente inutile, la Filologia Alleniana, mi preme illustrarvi un caso di lingua adamitica parzialmente recuperata che compare in una delle opere maggiori del Maestro, Io e Annie (Annie Hall, 1977). Si tratta di un dialogo domestico tra Alvy (Woody Allen) e Annie (Diane Keaton) dopo che questa è rincasata dalla sua prima seduta di psicoanalisi:

Annie: Well, she said that I should probably come five times a week. And you know something? I don’t think I mind analysis at all. The only question is, ‘Will it change my wife?’
Alvy: Will it change your wife?
Annie: Will it change my life?
Alvy: Yeah, but you said, ‘Will it change my wife?’
Annie: No I didn’t. I said, ‘Will it change my life, Alvy?’
Alvy: (to audience) She said, ‘Will it change my wife?’ You heard that, because you were there. So I’m not crazy.

L’equivoco tra i due amanti – restii a vincolarsi l’uno all’altra una volta per tutte ma altrettanto timorosi di lasciarsi, diversi in tutto eppure indissolubili – si lascia volgere docilmente da un idioma all’altro, con piccoli o grandi slittamenti che non fanno che moltiplicare i sottintesi, le ambiguità, le poste in gioco del dilemma: il Genio della Lingua è qui all’opera. Lascio a voi le mille interpretazioni di ciascuna traduzione o, talmudicamente, i quarantanove gradini di significato.

Nel doppiaggio italiano il lapsus è reso ricorrendo alla coppia di parole sposa/spesa: “L’unico problema è dove arriverò come sposa”. Lo stesso accade nei sottotitoli spagnoli, giocati sull’equivoco esposa/espesa, laddove nel doppiaggio originario le parole scelte erano invece vida e viuda, vita e vedova: “Cambiará eso mi viuda?”. Il doppiaggio francese riporta un illuminante perdre ma flamme/perdre ma femme (e, nei sottotitoli, un più opaco exigence/existence). Solo il tedesco arranca, giocando su un faustiano Leben/Streben (vita e anelito, suppergiù). Per gli alemanni, a quanto pare, la maledizione di Babele è più pesante. Lo è assai meno per gli italiani: perché se il traduttore non avesse scelto la coppia spesa/sposa, avrebbe potuto ripiegare su un altrettanto felice patrimonio/matrimonio (qualcosa come: “Il problema è che mi costerà un matrimonio”).

(Solo di passaggio noteremo che in quest’ultimo lapsus è incappato proprio il titolare della inutile cattedra, dieci anni fa o poco meno, quando era intrappolato in un dilemma dello stesso genere di Alvy e Annie. Anche per questo continua a considerare Alvy Singer il suo alter ego).

Written by am

marzo 5, 2010 a 7:59 PM

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