Faccia a faccia tra un grande e un piccolo uomo
C’è un documento straordinario, seminascosto nell’archivio di RadioRadicale, che merita di essere portato un po’ più alla luce. Si tratta del faccia a faccia del novembre 1984 tra Toni Negri ed Enzo Tortora, candidati entrambi dal Partito Radicale (il primo alle politiche del 1983, il secondo alle europee del 1984) nel quadro della battaglia per la “giustizia giusta” e contro i tempi interminabili della carcerazione preventiva.
I fatti sono noti: Toni Negri, mancando a tutte le promesse fatte, scappò in Francia, dove ricorse alla Dottrina Mitterrand per fare il latitante d’oro (e di Stato). Di chi restava nelle patrie galere – cioè di quelli per cui aveva promesso di battersi – si disinteressò, ma in compenso scrisse molti libri. Enzo Tortora rinunciò all’immunità parlamentare e si consegnò pubblicamente alle forze dell’ordine, per tornare agli arresti (domiciliari, stavolta) e da lì condurre la sua battaglia, culminata nel grande referendum del 1987 per la responsabilità civile dei magistrati.
Vittorio Pezzuto, autore del libro definitivo su Tortora, Applausi e sputi, ricostruisce il retroscena del faccia a faccia, che fu possibile grazie all’intraprendenza del giornalista Gigi Speroni, il quale – per la mediazione dell’allora capogruppo radicale alla Camera Francesco Rutelli – riuscì a mettersi in contatto con il latitante.
Questi accetta la registrazione di un confronto televisivo da trasmettere sul network nazionale Euro Tv. Due giorni dopo la fine del congresso, Speroni, Tortora e il nuovo segretario del Pr Giovanni Negri («Nessuna parentela, semplice omonimia», precisa piccato il ventisettenne torinese) fanno così il loro ingresso nella hall dell’Hotel Lutetia a Parigi. Ad attenderli sotto i seicenteschi stucchi dorati trovano un giovanotto che ostenta il look trasandato tipico del Sessantotto: barba trascurata, jeans sdruciti e giubbotto. Spiega secco: «Fatevi trovare tra un’ora davanti allʼalbergo, vi saranno due taxi». Lo rivedono alle quattordici, questa volta accompagnato da un uomo sulla quarantina in abito grigio scuro e cravatta. Niente presentazioni, sono vietate le curiosità. I taxi promessi pero non ci sono. «Useremo il metrò», spiegano i due. ll lungo viaggio verso la periferia parigina – un andare avanti e indietro in metropolitana e autobus che sa tanto di depistaggio – termina in una strada delimitata da vecchie case popolari. Una palazzina, un ascensore e finalmente ecco Toni Negri. Non l’hanno mai incontrato prima. Rispetto alle sue ultime foto, appare loro ingrassato. E soprattutto nervoso.
ll professore mette fretta ai tecnici francesi che stanno terminando di allestire l’improvvisato studio televisivo: una stanzetta di pochi metri quadrati con un paio di modeste telecamere, alcuni monitor e un tavolo coperto da un tappeto rosso sul quale sono già stati posati quattro bicchieri riempiti dʼacqua. Pochi minuti dopo iniziano a reglstrare la trasmissione che il pubblico italiano potrà vedere la sera del 15 novembre.
Le vite parallele di Negri e Tortora sono davvero esemplari. Da un lato il rivoluzionario (verbale), il teorico della distruzione dello Stato, che usa i partiti “borghesi” come un taxi, disprezzandoli, e che da latitante continua perfino a percepire lo stipendio da parlamentare, lamentandosi che glielo decurtino computandogli le assenze dall’aula. Dall’altro il borghese quintessenziale, il presentatore Rai perfino un poco affettato nelle sue buone maniere e nel suo italiano azzimato, che si difende come un leone e si mette alla guida di una battaglia memorabile, portandosi dietro – lui sì – “moltitudini”.
Di che cosa sia magistra questa storia, decidetelo voi. Ma al di là della diversa fibra morale dei due personaggi (chiudete gli occhi, quando parla Negri: sembra di sentir parlare Vittorio Sgarbi), il faccia a faccia è interessante perché è, in fondo, un dialogo squisitamente filosofico. Come comportarsi, che cosa fare davanti a una legge ingiusta?
È l’antico dilemma socratico. Il nome di Socrate, non per caso, è evocato in uno dei momenti più accesi del dibattito. E il dotto professore di filosofia, come sentirete, si vanta di conoscerlo assai meglio del conduttore di Portobello: “Sono filosofo e ho letto Socrate”, dice. E già. Tortora, invece, non l’ha letto. Nemmeno una riga. Ma forse possiamo scusarlo: Socrate, come ci hanno insegnato al Liceo, non ha scritto nulla.
sì, ma non capisco questa retorica della sofferenza (però sempre degli altri). Tortora accusa Negri di personalizzare. Non mi sembra che Tortora si sia mai ingaggiato in alcunché prima di essere personalmente toccato da contraddizioni – contraddizioni che Negri da lungo tempo analizzava e ancora oggi cerca di spiegare (sbagliando, forse, come allora). Né mi pare che aldilà di quella battaglia Tortora si sia mai ingaggiato in un discorso politico. Cerchiamo di ragionare e d’evitare di distribuire diplomi sulla grandezza umana. La boutade su Socrate è invero facilotta, per dimostraglielo potrei dirle che: forse lei ha appreso al Liceo che Socrate non ha scritto niente, io ho invece appreso ciò leggendo Platone – che d’altronde pure, come lo sa per certo dall’Abbagnano, spiega per quale motivo Socrate si sarebbe astenuto da ogni tipo di scrittura.
gilles
dicembre 23, 2010 at 11:51 PM
Non vedo proprio in che modo la sua argomentazione smonti la boutade, posto che sia una boutade. Socrate non ha scritto un bel nulla, anche se Negri spocchiosamente si vanta di averlo letto. Dunque?
Mi pare che il suo sia più che altro un espediente per farci sapere che ha letto Platone. Grazie, lo abbiamo letto anche noi.
Quanto a Tortora, in un modo o nell’altro ha sempre fatto politica, prima nel Partito Liberale, poi nel Partito Radicale. Certo, la vicenda giudiziaria ha fatto da detonatore. Come diceva lo stesso Tortora, “Ero liberale perché ho studiato, sono radicale perché ho capito”. Il fatto che non fosse un militante di Potere operaio o di altra amena compagine radicalissima e cattivissima e temutissima dal Potere non vuol dire che non “si sia mai ingaggiato in un discorso politico”, per usare il suo gergo da meravigliosi anni Settanta.
Sulle “contraddizioni”, poi, proprio non la seguo: mi pare solo un evasivo linguaggio per far evaporare la realtà nei lambicchi della dialettica. Tortora non è stato toccato da “contraddizioni” (che sono ovunque, perché è illogica la vita) ma da magistrati in carne e ossa, giornalisti con tessera dell’ordine dal numero rintracciabile, politici con nomi e cognomi. E su quel terreno ha voluto agire, con atti concreti e iniziative di legge, non contro il Sistema o altra fantasia schizo-paranoide.
Negri ancora costruisce i suoi scatoloni concettuali con materiali di risulta, ma i tempi sono così sciagurati che lo si prende per un pensatore originale, e tanti ci cascano.
unpopperuno
dicembre 24, 2010 at 12:12 am
il grande uomo è Tony Negri
Azzimo
agosto 25, 2011 at 9:22 PM
[…] Per un breve approfondimento: https://unpopperuno.wordpress.com/2010/10/12/faccia-a-faccia-tra-un-grande-e-un-piccolo-uomo/ […]
Faccia a faccia tra Enzo Tortora e Antonio Negri (1984) « La Settimana Anacronistica
novembre 8, 2012 at 8:34 PM