Guido Vitiello

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Lo Stato e l’Antistato. Nascita di una mitologia

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cartolina colore duelloL’opera dei pupi è cancellata, con grande disappunto dei pupari e di chi era già pronto ad applaudirli. Rinaldo non duellerà con Rodomonte, Napolitano non dovrà incrociare le spade con Riina. Era tutto sceneggiato con minuzia, per il debutto nel teatrino del Quirinale: cuntami ‘u cuntu della trattativa, non già tra i paladini di Carlomagno e i saraceni, ma tra lo Stato e la mafia. O meglio, come suggerivano i professionisti dell’allegoria, tra il capo dello Stato e il capo dell’Antistato. Ma che cos’è l’Antistato? Confesso di non raccapezzarmici. La parola ronza spesso nel dibattito pubblico, e vedo che ha una storia secolare: a frugare negli annali la si trova riferita ai partiti rivoluzionari, ai gruppi anarchici, al crimine organizzato, alle associazioni segrete; la si potrebbe inseguire fino ai primi anni Venti, quando la usarono, con intendimenti opposti, Benito Mussolini e Lelio Basso. Leggi il seguito di questo post »

La congiura degli dèi

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complottoNegli stessi anni in cui María Zambrano scriveva che il delirio persecutorio, il sentimento di essere scrutati e dominati da potenze invisibili, è all’origine della credenza negli dèi, Karl Popper sosteneva che le teorie del complotto nascono dalla secolarizzazione delle superstizioni religiose, poiché il trono lasciato vacante da Dio spinge a chiedersi: chi c’è al suo posto? Dubito che i due si leggessero a vicenda, ma avevano coniato il recto e il verso di una stessa moneta. Che può esser spesa, ad esempio, per spiegare come mai siamo tanto propensi a trattare il tema del complotto come una costante metastorica, una mitologia perenne e pressoché immutabile, radicata negli strati profondi della mente e negli istinti sociali più elementari. Variano gli attori e i fondali, il canovaccio della Grande Congiura è sempre quello. Ma è proprio questo carattere universale, ripetitivo fino alla noia, a rendere interessanti le sole cose che mutano: gli attori e i fondali, appunto. Questo pensavo leggendo l’utilissimo libro scritto da Massimo Teodori con Massimo Bordin, Complotto! (Marsilio). Teodori percorre a ritroso le mille favole cospiratorie dell’Italia repubblicana, dagli intrighi di Napolitano per disarcionare Berlusconi al foulard giallo di Lucky Luciano che dà la benedizione allo sbarco alleato in Sicilia. In mezzo c’è quella specie di outlet del complottismo che è il movimento di Grillo e Casaleggio e un lungo corteo di trame eversive, da Gladio alla P2, ciascuna all’origine di una pubblicistica straripante e stratificata, nonché atrocemente monotona. E allora vien da chiedersi, se non altro per scrollarsi di dosso la noia: qual è – se c’è – il tratto originale del cospirazionismo autoctono? Quali i suoi attori, i suoi fondali? Una volta mi capitò di sostenere, in una battuta, che se il complottista americano è un giornalista investigativo senza rigore, il complottista italiano è un inquisitore senza potere, un Torquemada senza ruota del supplizio. Qui da noi la fantasia cospirazionista fa tutt’uno con il sospetto inquisitorio, con la dubitatio incerta del cacciatore di eretici e di streghe. Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

aprile 27, 2014 at 12:00 PM