Guido Vitiello

Zombi. La notte delle metafore viventi

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zombie-nuts-480x374Basta che qualcuno pronunci la parola “zombi” e io scoppio a ridere come un cretino. Sintomo inquietante, non c’è dubbio, ma per fortuna l’eziologia mi è chiara e rimanda a un episodio di cinque o sei anni fa. Gli organizzatori di una conferenza avevano chiesto a un mio amico giornalista di tenere un intervento su Romero, pregandolo di adottare una chiave il più possibile politica. Lui prese la cosa molto sul serio e cominciò a ripercorrere diligentemente tutta la filmografia, La notte dei morti viventi, Zombi, Il giorno degli zombi, La terra dei morti viventi. Si era davvero appassionato al tema durante quelle maratone di film, e mi aggiornava costantemente sulle sue riflessioni. Era arrivato a elaborare una teoria piuttosto visionaria dove la minaccia degli zombi era associata al ruolo geopolitico della Cina. Insomma, venne il gran giorno della conferenza, lui sembrava soddisfatto, ma pochi minuti prima dell’orario previsto per il suo intervento mi chiamò in preda al panico. C’è stato un equivoco madornale, mi disse: intendevano Óscar Romero, l’arcivescovo salvadoregno, non George Romero, il regista di zombi. E mo’ che m’invento?

Credo di avergli suggerito di simulare un infarto – e comunque ecco spiegato il mio sintomo riderello. Ma ora che ho letto Zombi. I mostri del neocapitalismo (Medusa edizioni) di Martino Doni e Stefano Tomelleri mi accorgo che avrei potuto aiutarlo in modi migliori, attivando per esempio il mio efficientissimo GPS (Generatore di Pensose Stronzate). Lo zombi nasce dal folklore haitiano ed esprime l’angoscia della schiavitù, avrei detto al mio amico, potresti legarlo al tema più vasto “oppressione in Centroamerica” e passare con nonchalance da Romero 1 a Romero 2. Oppure: una lunga tradizione pop associa lo zombi al soldato espropriato della sua volontà, e l’arcivescovo non era stato forse trucidato perché esortava le forze armate di El Salvador a non obbedire meccanicamente agli ordini? Squadroni della morte non sarebbe il titolo perfetto per un film di Romero (l’altro)? Terza possibilità metaforica: le vittime delle dittature militari non muoiono mai del tutto, e tornano a turbare i sonni colpevoli degli aguzzini. “Un vescovo potrà morire, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non perirà mai” (è la frase più famosa di Romero). Prova a metterla così, una mistica armata di zombi, vedi se si commuovono o ti linciano.

Tutto tornava, ed è qui il problema. Lo zombi è una metafora politica esasperante perché si lascia applicare senza resistenze a troppe cose contraddittorie – proprio come il vampiro, che è stato di volta in volta simbolo del Capitale, del nazismo o del comunismo. Anni fa Maxime Coulombe scrisse una Piccola filosofia dello zombie in cui i morti viventi erano accostati alle biotecnologie, al contagio dell’Aids, ai clochard congelati, ai superstiti dei traumi storici, agli abitanti della metropoli bombardati di stimoli, ai telespettatori, ai consumatori inebetiti. Poi è arrivato il filosofo Rocco Ronchi con Zombie Outbreak e abbiamo appreso che gli zombi, oltre a illustrare loro malgrado concetti chiave di Heidegger e di Lévinas, sono macchine viventi che incarnano la nozione marxiana di forza-lavoro. Essendo i morti viventi ormai un test di Rorschach, non stupisce che si prestino a rispecchiare sempre più spesso la grande distorsione percettiva del nostro tempo, il cui nome clinico è Colpa Del Neoliberismo (CDNL). Alla luce degli zombi, Doni e Tomelleri leggono anche gli sbarchi dei migranti, le folle davanti all’Apple Store e – pesco una frase a caso – “gli hollow men di Eliot, i Muselmänner di Primo Levi, i paria di Hannah Arendt, gli schiavi della rivoluzione industriale, i morti che spingono il carrello della spesa”.

È la notte delle metafore viventi. Gli zombi cannibalizzano tutti i discorsi che li ospitano, divorano dall’interno i testi che vorrebbero servirsene. Ma anche questa, me ne accorgo, è una metafora. Era più prudente lasciarli fuori e sprangare la porta.

Articolo uscito sul Foglio il 14 novembre 2015 con il titolo Gli zombi come metafora di qualunque cosa, pure del Neoliberismo

Written by Guido

novembre 15, 2015 a 10:24 am

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