Come crearsi un Poeta Atroce Meccanico Universale (Mani bucate, 4)
Piccolo bilancio della settimana, in partita doppia. Entrate: otto euro (Gratta e Vinci). Uscite: Paroleorrende magnetiche, Tic edizioni (14 euro); Alessandro Carrera, I poeti sono impossibili, Luca Sossella editore (12 euro); rifacimento del prototipo del Filosofo Meccanico Universale di Absalon Amet (preventivo da definire, nell’attesa ipotecare casa). Il deficit è innegabile, ma è anche inevitabile, perché i tre acquisti si implicano strettamente l’un l’altro.
Paroleorrende magnetiche è il prodotto di un’impresa collettiva di ripulitura delle stalle di Augia del linguaggio che è in corso da anni sui social network e che ha per erculeo ispiratore e curatore il poeta Vincenzo Ostuni. Le parole sono impresse su targhette con cui formare frasi sull’anta del frigorifero. “Le combinazioni possibili sono infinite e tutte orrende”, avverte l’editore, fornendo esempi persuasivi: “nei salotti buoni il bicipite non supporta gli inestetismi”, oppure: “è il futuro dei bimbiminkia trash la situescion dei papaboys”. Detriti linguistici, scorie gergali, schegge di luoghi comuni fossilizzati, storpiature ammiccanti, anglicismi, tecnicismi e aziendalismi che molti umani adottano quotidianamente per passare inosservati in società, allo stesso modo in cui i granchi ossirinchi tappezzano il loro carapace con tutto il ciarpame che trovano a portata di tenaglie, dai resti di animali morti ai frammenti di carta di giornale (affollati di parole orrende, si suppone).
Ma – ironia della nostra specie – quel mimetismo che serve di solito a rendersi invisibili può diventare, se portato all’estremo, uno strumento di distinzione. Nel libro di Carrera, che circolò anni fa in un’edizione semiclandestina e torna oggi arricchito e riveduto, c’è un saggio indispensabile dedicato alla poesia atroce, il complemento avanguardistico delle parole orrende. Carrera racconta di quando ricevette un libro che conteneva versi come questi, minacciosamente simili ai cadaveri poco squisiti assemblati con le parole orrende magnetiche: “lo démos-démon neorappeggia rabbie rosse / risse apicali a giro sgarri & molte sòle / per i woodstockazzoni attardati nell’assorcio peace O.K. / i ragamuffiti intanto straombano le squinzie de parole”. Vinto un primo impulso a scagliarlo dalla finestra, come Alfieri con il Galateo (perché un libro che cominciava con la parola conciosiacosache, disse, non meritava d’esser letto), Carrera decise di custodire la ributtante silloge, intuendo che gli era stata concessa l’oscura grazia di incontrare un animale raro: “Il poeta atroce, che crede di essere sempre all’avanguardia, sempre sulla cresta estrema delle nuvole gassose dell’ispirazione, è l’inconsapevole cantore dell’entropia della lingua, il ramazzatore incosciente dei detriti linguistici spenti”.
Ma se incontrare un poeta atroce è raro, più facile è fabbricarsene uno. E qui torna utile il congegno di Absalon Amet, l’orologiaio del Settecento nato, vissuto e morto nella fantasia di J. Rodolfo Wilcock. Il Filosofo Meccanico Universale era un apparecchio grande quanto una stanza (nota di bilancio: ricordarsi di affittarne una dove sistemarlo, causa ipoteca casa; ritentare Gratta e Vinci) basato su un sistema di ruote dentate e di cilindri ricoperti di targhette su ciascuna delle quali era impresso un vocabolo. L’apparecchio era in grado di generare infinite proposizioni dalla combinazione aleatoria di queste parole, e nel 1774 aveva già prodotto senza saperlo certe frasi apodittiche di Hegel, Heidegger o Sartre, ma anche versi arditi di Rimbaud o di Lautréamont. Nel meccanismo dell’ignaro orologiaio, notava Wilcock, si celava minaccioso “un brulicante avvenire di turpi professori di semiotica, di brillanti poeti di avanguardia”. Ecco l’idea: caricare i cilindri con le parole orrende magnetiche per creare il Poeta Atroce Meccanico Universale, così da far ronzare i suoi ingranaggi giorno e notte e assistere allo spettacolo della morte termica della lingua.
Il Foglio, 25 giugno 2016
Bella allucinazione, lo spettacolo della morte termica della lingua.
lorenamelis
giugno 30, 2016 at 4:51 PM
Ciao. Scusa la domanda bizzarra. Tu conosci per caso l’identità del Poeta Atroce in questione, quello che Carrera evita apposta di nominare per non fargli pubblicità? Ho riso davvero tanto con quel saggio e vorrei a tutti i costi procurarmi i magnifici versi che lo hanno ispirato!
Happolati
giugno 30, 2016 at 5:04 PM
Lo sapevo, ma l’ho scordato! Il saggio di Carrera uscì su “Poesia”, il mese dopo l’Atroce rispose identificandosi, dunque non sarà troppo difficile risalire al suo nome, con un po’ di ricerca
Guido
giugno 30, 2016 at 7:51 PM
https://eliaspallanzanivive.wordpress.com/2011/12/18/fortuna-di-unassurdita/
eliaspallanzani
giugno 30, 2016 at 5:35 PM