Guido Vitiello

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Come crearsi un Poeta Atroce Meccanico Universale (Mani bucate, 4)

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paroleorrende-magnetiche

Piccolo bilancio della settimana, in partita doppia. Entrate: otto euro (Gratta e Vinci). Uscite: Paroleorrende magnetiche, Tic edizioni (14 euro); Alessandro Carrera, I poeti sono impossibili, Luca Sossella editore (12 euro); rifacimento del prototipo del Filosofo Meccanico Universale di Absalon Amet (preventivo da definire, nell’attesa ipotecare casa). Il deficit è innegabile, ma è anche inevitabile, perché i tre acquisti si implicano strettamente l’un l’altro. Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

giugno 30, 2016 at 4:44 PM

Cantare alla fine dei tempi. Dylan e l’Apocalisse

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Quando, nel 1953, Theodor Reik dava alle stampe The haunting melody, grande studio di psicoanalisi dell’esperienza musicale incentrato sui motivetti che ti si piantano in testa e non vogliono uscirne, Elvis Presley era un oscuro diplomato della Humes High School che si arrabattava a vivere lavorando come camionista per una compagnia elettrica di Memphis. Little Richard non aveva ancora lanciato l’urlo barbarico e dadaista di Tutti Frutti, quell’awop-bop-a-loo-mop-alop-bam-boom che sfida qualunque trascrizione. Bob Dylan era un comunissimo dodicenne di Hibbing, nel Minnesota, che passava i pomeriggi ad ascoltare blues e country alla radio, e si faceva chiamare ancora Robert Zimmermann. Non c’è quindi da stupirsi che Reik, uno dei primi allievi di Freud a Vienna, non spingesse i suoi esempi più in là di Mahler o più in basso di qualche valzer, bagattella o capriccio viennese (di jazz, nemmeno a parlarne). Mai avrebbe potuto immaginare fino a che punto saremmo stati posseduti dagli onnipresenti demoni della musica leggera, fino a che punto le haunting melodies ci avrebbero assillati: non c’è quasi istante in cui – “col favore della Musa o d’un ordegno”, avrebbe detto Montale – la nostra mente non sia occupata da un’eco di canzonetta, a far da basso continuo ai pensieri. Leggi il seguito di questo post »

Il biblioterapeuta

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«Faceva il biblioterapeuta. Sapeva curare malattie psichiche, somatiche e psicosomatiche, ordinando ai suoi pazienti di leggere i libri più strani che si potessero immaginare. Il paziente gli spiegava i sintomi e lui, consultando unicamente la sua memoria, forniva il titolo di un libro arcano, rarissimo, nel quale stava scritto tutto quello che il paziente doveva sapere per guarire. Accadeva che molti dei pazienti partissero per una ricerca infinita di tomi assurdi, e che per leggerli dovessero imparare lingue straniere o morte da millenni. Così si dimenticavano della loro malattia, o la malattia si dimenticava di loro, oppure la ricerca li portava altrove, a incontrare qualcuno che altrimenti non avrebbero mai incontrato, o a girare un angolo della loro vita che non aveva niente a che fare con il loro tormento e che pure era l’unica cosa della quale avevano veramente bisogno. Lui, il biblioterapeuta, ai casi più difficili consigliava libri che non esistevano nemmeno, ma li descriveva così bene, facendo venire una tale voglia di leggerli, che i pazienti, infine disperati, si mettevano a scriverli loro stessi».

(Alessandro Carrera, Librofilia, Cairo Editore 2010)

Written by Guido

novembre 25, 2010 at 10:20 am

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