Guido Vitiello

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Gli Happy Days di Berlinguer. Sul vintage politico (e su Renzi)

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263539_mediumLa nostalgia di Berlinguer non è cosa nuova a sinistra, ma aveva raggiunto livelli di guardia all’ombra incombente delle primarie e chissà che non si rinfocoli per il trentennale della morte, l’11 giugno 2014, ora che per alcuni si è aggiunto un altro lutto da elaborare. Lo spettro benevolo e ammonitore del Segretario si aggira un po’ ovunque di questi tempi, non solo nelle invocazioni di Gianni Cuperlo, sfortunato custode della nicchia dei Lari di partito, o nelle memorie d’infanzia di Giuseppe Civati, che alla morte di Berlinguer lega il proprio battesimo politico. Aleggia sul romanzo di Francesco Piccolo Il desiderio di essere come tutti, ispira il monologo teatrale di Eugenio Allegri Berlinguer. I pensieri lunghi come pure il graphic novel Arrivederci, Berlinguer di Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini. Paolo Rossi, nel suo ultimo spettacolo, dialoga con il portabandiera della “questione morale” per informarlo della miseria amorale in cui siamo precipitati, e a fine agosto, a Venezia, Mario Sesti e il musicista Teho Teardo lo avevano omaggiato con il breve film La voce di Berlinguer. Leggi il seguito di questo post »

La signora Vinodellacasa. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

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La verità, confesso, è che non so nulla e non m’interessa nulla di Amy Winehouse, della cui esistenza ho appreso quando ormai aveva cessato di esistere. Ma l’idea che qualcuno possa rivolgersi a UnPopperUno come a una testata tra le altre, chiedendo di ospitare un suo intervento, era irresistibile per la mia megalomania. Dunque, ecco a voi un commento di Andrea Minuz – studioso di cinema, collaboratore del Riformista e de Gli Altri – nell’attesa e nella speranza che voglia aprire un blog tutto suo. Diciamo pure: un divano-letto mentre finisce di traslocare in rete.

«It was only a matter of time». È la dichiarazione, lucida e impietosa, che Janis Winehouse ha rilasciato a proposito della morte di sua figlia. Janis ha 56 anni ma ne dimostra meno. È una farmacista, diplomatasi alla London School of Pharmacy. Prima di questi giorni, in cui ha i riflettori puntati addosso, era sempre stata nell’ombra. Tranne una volta, nell’estate del 2007. In un’intervista al Mail on Sunday, tracciava un ritratto del suo rapporto con Amy. Spiegava che, nonostante gli sforzi e le attenzioni, si sentiva impotente di fronte all’inesorabile discesa di sua figlia nella dipendenza dalle droghe e dall’alcool. «Era inutile, arrabbiarmi con lei non portava a nulla». «Nel distruggersi è caparbia come è sempre stata sin da bambina»; «questa non è mia figlia; è come se la sua intera vita si fosse trasformata in una recita sul palcoscenico»; «il suo è letteralmente un percorso di automutilazione. Cosa sono altrimenti quei tatuaggi? Li detesto». Nel 2003, mentre il mondo acclamava l’esordio discografico di Amy Winehouse, a Janis veniva diagnosticata una sclerosi multipla degenerativa che combatte ancora oggi con la stessa tenacia con cui sua figlia si autodistruggeva. «Brucia e fa male, ma sento che ora non posso aiutarla, deve volerlo lei per sé stessa, e ogni giorno prego perché ne trovi la forza».

Così si chiudeva l’intervista. Immaginiamo per un momento di trasferire questa storia in Italia. Che avrebbe detto la signora Vinodellacasa, intervistata a caldo dai giornalisti? La sequela di «spostamento-e-condensazione» all’italiana, in questi casi prevede: «Me l’hanno ammazzata»; «Mia figlia è stata usata»; «Indagate su Lady Gaga»; «Lo Stato non ci ha mai aiutato». Forse avrebbe denunciato la EMI, MTV, il Ministero per le politiche Giovanili, i suoi partner, il maestro delle elementari, e tutti i pusher di Camden Town.

Ogni sfogo le avrebbero perdonato. Ma «purtroppo, era solo questione di tempo», buttato lì così, senza strapparsi i capelli, e – peggio ancora – senza nessun altro colpevole che sua figlia stessa, no. Imbarazzo generale. Un insulto all’accecamento d’amore che qui esigiamo straripante, vendicativo, al caso anche complottista e ai confini della legalità. Un velato linciaggio tra i salotti di Vespa e Barbara D’Urso, editoriale critico di «Avvenire», sondaggio tra i lettori di «Repubblica», i vicini che non la salutano più, e tutta la trafila di perplessità ai ceti alti e sdegno in quelli bassi. Chissà, forse succederà anche lì, non si può mai dire. E magari, come fece nel 2007 con l’intervista del Mail, Janis devolverà gli introiti delle apparizioni pubbliche nella ricerca contro la sclerosi multipla.

Written by Guido

luglio 27, 2011 at 4:16 PM

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