Posts Tagged ‘Fidel Castro’
La Grande Rimozione. Sulla damnatio dei socialisti
L’arte del fotoritocco totalitario ha prodotto tanti di quei capolavori che si dovrebbe farne un museo. Nell’ala “Surrealismo” si potrebbero esporre le mani di Karl Radek, che continuavano a dimenarsi, staccate dal corpo del loro proprietario, nel filmato di un congresso della Terza Internazionale: la censura di Stalin aveva tentato di cancellare ogni traccia dell’ex dirigente bolscevico, dopo le Grandi purghe, ma era stata tradita da quel dettaglio rivelatore (lo notò, e ne scrisse, Franco Fortini). L’ala “Realismo magico” potrebbe invece inaugurarsi con una sequenza di fotografie della Rivoluzione cubana, tre versioni successive della stessa immagine. Nella prima, Fidel Castro parla animatamente accanto a Carlos Franqui e ad Enrique Mendoza. Nella seconda, Franqui è scomparso; nella terza, non c’è più neppure Mendoza, e tutto quel che resta è un rincoglionito a bocca aperta che gesticola da solo davanti a un muro. Forse facevano prima a cestinarla. Leggi il seguito di questo post »
Confessioni di un anticomunista viscerale
Uno dei primi ricordi di mio padre risale agli anni della guerra, quando non aveva neppure quattro anni: un soldato inglese gli regalò del cioccolato, un tedesco gli strappò dalle mani gli occhiali da sole della mamma. A un grado embrionale, dunque, la sua coscienza politica si formò con lo stesso meccanismo di certi esperimenti sull’apprendimento degli scimpanzé: banane e scosse elettriche. Nel mio caso le cose furono più ingarbugliate, lo schema elementare di simpatie e antipatie su cui si regge ogni coscienza politica non trovò appigli così saldi: le mie passioni civili erano costrette a fluttuare. Nel 1989, a tredici anni, appresi dell’esistenza del Muro nello stesso istante in cui lo vidi crollare. Da lì in poi, fu come assistere a una partita in cui, nottetempo, qualcuno avesse cancellato le linee di gioco: per orientarmi ci vollero anni di letture, congetture e arrabbiature. Se mio padre riassaporasse oggi quel cioccolato, chissà, qualcosa risveglierebbe la potenza dell’originario insight – alleati buoni, nazisti cattivi. Io devo accontentarmi di madeleine molto più astratte: la stagione della mia formazione politica è riaffiorata quando mi sono trovato tra le mani il libretto postumo di un autore che allora si sentiva nominare spesso, François Furet. S’intitola Inventaires du communisme e non fa che affinare le tesi del Passato di un’illusione, analisi e anamnesi di una fata morgana (quella comunista) di cui egli stesso era stato in balìa. Ebbene, fu proprio grazie ai detrattori di Furet che feci la mia conoscenza con una coppia inseparabile di sostantivo e aggettivo: era, dicevano, un «anticomunista viscerale». E questo, a quanto pare, non andava bene. Leggi il seguito di questo post »
Vargas Llosa y el Partido del Amor
Hanno scritto che è una vittoria per la destra svedese; che è una vittoria per la destra autoritaria latinoamericana; che è una vittoria per i razzisti e i nemici dell’immigrazione; che è un premio dato a uno che è non solo “neo-liberale” ma anche macho e sessista. La sinistra radicale svedese, a quanto pare, non ha reagito bene al Nobel a Mario Vargas Llosa, come ha raccontato martedì Johan Norberg sul magazine libertario online Spiked:
People who never voiced any concerns about the politics of other Nobel Prize winners – like Wisława Szymborska, who wrote poetic celebrations of Lenin and Stalin; Günter Grass, who praised Cuba’s dictatorship; Harold Pinter, who supported Slobodan Milošević; José Saramago, who purged anti-Stalinists from the revolutionary newspaper he edited – thought that the Swedish Academy had finally crossed a line. Mario Vargas Llosa’s politics apparently should have disqualified him from any prize considerations. He is after all a classical liberal in the tradition of John Locke and Adam Smith. Leggi il seguito di questo post »
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