Guido Vitiello

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Non ci sono più i cretini di una volta

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Non ci sono più i cretini di una volta. Leonardo Sciascia li ricordava quasi con rimpianto: quei bei cretini genuini, integrali, come il pane di casa, come l’olio e il vino dei contadini. La loro scomparsa seguì a breve giro quella delle lucciole, e chissà che tra i due fenomeni non ci sia un nesso misterioso. Poi venne l’epoca della sofisticazione, per gli alimenti come per gli imbecilli: “È ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente e un intelligente che non sia cretino”, annotava sconsolato in Nero su nero. A rendere possibile questa confusione incresciosa, a intorbidare le acque era stata l’improvvisa disponibilità di gerghi intimidatori dietro cui far marciare le banalità più indifese. Sciascia sceglie una data convenzionale, il 1963, anno in cui comincia l’ascesa, a sinistra, di un tipo nuovo di cretino, il cretino “mimetizzato nel discorso intelligente, nel discorso problematico e capillare”. Si annunciava la stagione d’oro del cretino dialettico, operaista, maoista, strutturalista, althusseriano, insomma il cretino a cui Paolo Flores d’Arcais e Giampiero Mughini avrebbero eretto il monumento del Piccolo sinistrese illustrato. Sciascia era persuaso che il più insidioso mascheramento della stupidità fosse la complicazione non necessaria, l’arzigogolo, e scelse per metafora il berretto di Charles Bovary: Flaubert impiega mezza pagina a descriverne la fattura assai composita, per concluderne che in fin dei conti somigliava alla faccia di un imbecille. Leggi il seguito di questo post »

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novembre 18, 2012 at 3:13 PM

Sciocchezzaio libresco. Sette luoghi comuni sulla lettura

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Il Dictionnaire des idées réçues di Flaubert ha inaugurato un genere letterario meraviglioso: lo sciocchezzaio, il repertorio di luoghi comuni. Dopo di lui Léon Bloy e Karl Kraus, Paul Valéry e Arthur Schopenhauer sono stati gli insuperati cataloghisti e fustigatori delle banalità e dei cliché correnti.

Eppure, in tutto il repertorio di Flaubert i luoghi comuni che riguardano il libro e la lettura si contano sulle dita di una mano. Il più diretto è questo: Libro – Qualunque esso sia, sempre troppo lungo. Poi qualcosa sul carattere ozioso dei letterati, sui benefici e i danni della stampa, e poco altro.

Qualcuno dovrebbe incaricarsi di colmare questa lacuna, dedicando un libro intero al censimento delle banalità che si dicono intorno ai libri. Per parte mia, confesso, non ho il tempo né la voglia di imbarcarmi nel proverbiale «sporco lavoro che qualcuno deve pur fare». Forse la cosa migliore è farne un’opera collettiva. Dunque, mi limiterò a segnalare i primi luoghi comuni che mi vengono in mente. E se avrete la bontà di suggerirmene altri, sarò ben lieto di aggiornare l’elenco. Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

novembre 19, 2010 at 7:44 PM