La soldatessa va a Bayreuth
Dobbiamo a Ennio Flaiano, in una pagina su Riusciranno i nostri eroi… (1968), il film conradiano di Ettore Scola, la rivelazione del ruolo assegnato all’italiano nel grande disegno dell’universo:
«L’italiano, nella sua qualità di personaggio comico, è un tentativo della natura di smitizzare se stessa. Prendete il Polo Nord: è abbastanza serio preso in sé. Un italiano al Polo Nord vi aggiunge subito qualcosa di comico, che prima non ci aveva colpito. Il Polo Nord non è più serio. (…) La savana, la giungla, i grandi spazi dell’Africa: due italiani bastano a corromperli. “Dottore!”, “Ragioniere!”. Non rinunciano ai loro titoli, guardano i grandi spazi, vi si perdono, li percorrono senza convinzione, dubbiosamente, “Con lei in Africa non ci vengo più” eccetera. Quando due italiani si incontrano per caso all’estero, la loro prima reazione è un gran ridere. “Che fai qui?…” “E tu?”».
Ne discende l’incompatibilità dell’italiano con il sublime in qualunque forma, siano ghiacciai, selve o deserti: tutte cose con cui i tedeschi sono invece a perfetto agio, al punto da poter credere che la natura abbia loro affidato il ruolo complementare. Se ci dicessero che il Monaco in riva al mare di Caspar David Friedrich è in realtà un geometra di Biella, ecco venir giù di colpo tutta la cattedrale del romanticismo.
Per questo, forse, il fascismo si lascia facilmente bersagliare dall’ironia, laddove il nazismo sembra esserle del tutto impermeabile (la differenza, va da sé, non ci impedì di far combutta nel crimine). Negli stessi anni in cui Gadda scriveva Eros e Priapo, Thomas Mann lavorava al Doktor Faustus: detto altrimenti, l’anamnesi del fascismo e di Mussolini passava per l’operetta o il melodramma più impettito; quella del nazismo e di Hitler passava per Wagner e l’opera d’arte totale.
Tutto questo per venire a capo della strana sensazione che mi ha colto, stasera, rivedendo Ludwig (1972) di Luchino Visconti, quando mi sono accorto che la voce di Richard Wagner (Trevor Howard) è di Renzo Montagnani.
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