Guido Vitiello

Posts Tagged ‘Caspar David Friedrich

Heimat, una parola-pappagallo nel cielo sopra Berlino

with one comment

I cieli dello spirito sono affollati di pappagalli. Parole-pappagallo, così le chiamava Paul Valéry: le ripetiamo ad ogni occasione, persuasi che abbiano un senso preciso, ma a ben vedere non sono che “creazioni statistiche” alimentate dai quotidiani commerci dei parlanti. Provate ad abbatterne una, a esaminarne la carogna da vicino, e la vedrete disfarsi come un miraggio. La stessa parola spirito, beninteso, è “un enorme pappagallo”, e così pure universo, natura o destino. Nel cielo sopra Berlino volteggia da secoli un pappagallo di nome Heimat, e di recente lo si avvista così spesso che si è guadagnato l’ultima copertina dello Spiegel: “Was ist Heimat?”, e cioè “Che cos’è…”. E qui sorgono i primi grattacapi. Patria? Terra natia? È quel che suggeriscono i dizionari, ma sono tutte approssimazioni per difetto.

Lo Spiegel prende spunto da due notiziole cinematografiche: nelle sale arriverà a breve il meglio di Deutschland von Oben, serie di documentari della ZDF sulle città, le campagne e le foreste tedesche viste dall’alto; e il regista Edgar Reitz sta lavorando al quarto capitolo della monumentale saga Heimat, che stavolta avrà per tema l’emigrazione tedesca in Brasile nell’Ottocento. E in effetti, da qualche tempo i destini della Heimat sono cuciti a filo doppio con quelli del cinema: il lettore che volesse raccapezzarsi sulla questione (e avesse, per avventura, una cinquantina di ore libere) farebbe bene a guardarsi per intero la trilogia di Reitz, inaugurata nel 1984, a cui si deve la fama internazionale di questa parola che è tedesca fino al midollo. Dalle vicende dei Simon, una famiglia che guarda scorrere tutta la storia novecentesca della Germania dall’immaginario villaggio di Schabbach, nella regione renana dell’Hunsrück, potrà tirare alcune sommarie conclusioni: 1) che la Heimat è un idillio campestre, e non attecchisce bene tra i fumi della grande città; 2) che è un estremo rifugio d’innocenza, soggetto ai cicli della natura più che alla freccia della storia, dove la politica arriva come un’eco remota (è materna, la Heimat: a chiamarti in guerra, e a costruire i campi di sterminio, è semmai la Vaterland, la terra dei padri); 3) che la Heimat, come il villaggio di Schabbach, non esiste in nessun luogo. Leggi il seguito di questo post »

Vatman, il cavaliere oscuro. Intellettuali in copertina

with 4 comments

Nella primavera di qualche anno fa gli abitanti della capitale trovarono nella cassetta della posta un sublime volantino dipietrista: il 21 maggio 2009, ore 17:30, Gianni Vattimo, candidato indipendente al Parlamento europeo con l’Italia dei Valori, incontra la società civile all’Hotel Palatino di via Cavour. Partecipa il Sen. Stefano Pedica, intervengono in diretta l’On. A. Di Pietro e Sonia Alfano. “È gradita la partecipazione di associazioni e comitati per un dibattito teso ad affrontare temi e spunti per un mondo migliore”. A seguire, proiezione di un film di fantascienza, forse di fantascienza debole, già che il protagonista attraversa “un mondo che potrebbe essere o non essere la realtà”. La citazione di Vattimo scelta per l’occasione confermava l’appartenenza del filosofo alla stirpe dei supereroi, sottospecie oltreuomini nietzschiani: “Sconfitto in tutti i luoghi del mondo, non mi sono mai sentito così libero. Su tutto io ho cercato la libertà. Per me. Per gli altri”. E da grandi poteri, lo sappiamo da Spiderman, derivano grandi responsabilità. Sul volantino, con deferente scappellata contadina, Vattimo era presentato come uno “tra i maggiori filosofi del mondo”. L’incontro, coerentemente, s’intitolava: “Verso che mondo?”. Leggi il seguito di questo post »

La sai quella del francese al Polo Nord?

with one comment

Com’era quella dell’italiano, del tedesco e del francese al Polo Nord? Probabilmente non esiste, ed è meglio così, ma non è azzardato supporre che il carattere nazionale, al pari di certe sostanze chimiche, manifesti le sue proprietà solo in condizioni termiche estreme. Nei paesaggi più inospitali, diceva Flaiano, l’italiano rivela la funzione assegnatagli nel grande disegno della creazione, che è quella di togliere alla natura la sua solennità: “Prendete il Polo Nord: è abbastanza serio preso in sé. Un italiano al Polo Nord vi aggiunge subito qualcosa di comico, che prima non ci aveva colpito. Il Polo Nord non è più serio”. Due connazionali s’incontrano tra i ghiacci artici – “Dottore!” “Ragioniere!” – e il sublime iperboreo va a farsi benedire. I tedeschi invece, basta dare un’occhiata al Mare di ghiaccio del pittore romantico Caspar David Friedrich per convincersene, a quelle temperature danno il meglio di sé, anzi si può supporre che sia stato loro affidato il ruolo complementare: togliere alla natura ogni sospetto di comicità. E i francesi? “Tutti eunuchi, o molto o poco”, diceva Alfieri in un perfido epigramma del Misogallo, e in effetti lo stereotipo li vuole eleganti fino alla leziosità, eloquenti fino alla chiacchiera, leggeri fino alla frivolezza: difficile che resistano al gelo boreale. Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

settembre 16, 2011 at 10:10 am

La soldatessa va a Bayreuth

leave a comment »

Dobbiamo a Ennio Flaiano, in una pagina su Riusciranno i nostri eroi… (1968), il film conradiano di Ettore Scola, la rivelazione del ruolo assegnato all’italiano nel grande disegno dell’universo:

«L’italiano, nella sua qualità di personaggio comico, è un tentativo della natura di smitizzare se stessa. Prendete il Polo Nord: è abbastanza serio preso in sé. Un italiano al Polo Nord vi aggiunge subito qualcosa di comico, che prima non ci aveva colpito. Il Polo Nord non è più serio. (…) La savana, la giungla, i grandi spazi dell’Africa: due italiani bastano a corromperli. “Dottore!”, “Ragioniere!”. Non rinunciano ai loro titoli, guardano i grandi spazi, vi si perdono, li percorrono senza convinzione, dubbiosamente, “Con lei in Africa non ci vengo più” eccetera. Quando due italiani si incontrano per caso all’estero, la loro prima reazione è un gran ridere. “Che fai qui?…” “E tu?”». Leggi il seguito di questo post »