Guido Vitiello

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La scrofa ferita e il comico mannaro

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Cominciò con la lapidazione rituale del cinghiale sotto una grandine di monete, il 30 aprile di ventitré anni fa; ed è finita, la Seconda repubblica, con l’abbattimento della scrofa ferita, nel tripudio del 4 dicembre. Quando una compagine civile si disgrega, dalle sue crepe riaffiora la forma più arcaica di assembramento umano, quella che Elias Canetti chiamava “muta di caccia”. Gli uomini la appresero dai branchi di lupi, capaci di circondare e sbranare un grosso animale; le leggende sui lupi mannari, si legge in Massa e potere, attestano la prossimità tra le due specie, canide e umana. E come è rivelatrice, la vita segreta delle metafore: dopo aver azzannato la scrofa, Beppe Grillo ha scritto sul blog: “Mi dispiace, non sarò il vostro comico mannaro”. Lì va cercata, diceva Canetti, la matrice dei linciaggi: “La muta vuole una preda: vuole il suo sangue e la sua morte. Deve inseguirla veloce e senza lasciarsi distrarre, con astuzia e tenacia, per afferrarla. La muta si incoraggia abbaiando tutta insieme”. Può abbaiare “Bettino, vuoi pure queste?”, o può abbaiare “Onestà, onestà”: poco cambia. Dal flash mob al lynch mob il passo è breve. Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

dicembre 30, 2016 at 6:14 PM

Il processo per il processo. Un incubo giudiziario

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Un corsivo di Giorgio Manganelli, scritto in margine al processo Valpreda e raccolto negli Improvvisi per macchina da scrivere, mi persuade una volta di più che l’attualità è un incubo da cui dobbiamo destarci, e che i giornali del futuro saranno lunghissimi rotoli di lanci d’agenzia, scarni e sibillini, circondati da glosse di moralisti secenteschi sul vano ripetersi di tutte le cose. Dicevo: in margine al processo Valpreda, e alle sue migrazioni tra le sedi di Roma, Milano e Catanzaro; ma accade che il margine di un processo combaci con il margine di innumerevoli altri, e che questa sia più di una metafora. Il lettore tenga a mente gli interminabili, dilatorii processi sulle stragi e sui misteri d’Italia, l’orizzonte della verità che si allontana sempre di un passo, come in un paradosso di Zenone; tenga a mente il novissimo Capaci bis che affianca e ingloba il Borsellino quater, e la strana costellazione della trattativa, che qualcuno ha paragonato a una matrioska dove il processo maggiore contiene processi minori in cui gli stessi imputati, gli stessi pentiti, gli stessi testimoni sono ascoltati sugli stessi fatti e come rimasticati in eterno; tenga a mente tutto questo e legga Manganelli: Leggi il seguito di questo post »

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giugno 1, 2014 at 9:23 am

Il delitto giudiziario perfetto non esiste. Una divagazione

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496_001Esiste, in fin dei conti, l’errore giudiziario? Nessuno oserebbe negarlo; per primi i magistrati, che sempre si premurano di ricordare che sono, come noi, umani e fallibili. Lo ripetono così spesso da instillare il sospetto che in cuor loro siano persuasi del contrario, e che debbano mitigare questa oscura convinzione con liturgiche professioni di umiltà. L’imputato è condannato con sentenza definitiva? Vedete bene, dicono, che non si è trattato di errore, ma di una verità così tenace da attraversare vittoriosa tutte le balze e le strettoie del processo, fino a ottenere il sigillo della Cassazione. L’imputato è assolto in appello, o addirittura in primo grado? E allora di errore non si può parlare, giacché la giustizia ha saputo da sola porvi rimedio, ha in sé l’antidoto per i suoi veleni. Di qui il paradosso: l’errore giudiziario esiste senz’altro come ipotesi di scuola, avendo i giudici natura umana e non angelica; ma a manifestarlo non è la condanna dell’imputato e neppure la sua assoluzione. Tutto finisce inghiottito dalla Sfinge della procedura, che si pasce indifferentemente di colpevoli e d’innocenti. Il processo non rimanda che a sé stesso, un mistero quasi teologico che solo Leonardo Sciascia e Salvatore Satta hanno osato contemplare. Leggi il seguito di questo post »

Written by Guido

Maggio 26, 2013 at 1:14 PM