Guido Vitiello

Attenti a quei P2. Contro gli azionisti di provincia

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AttentiP2Quando sento la parola P2 metto mano alla P38, e capirete bene che in giorni come questi i miei pruriti di giustiziere sfiorano la pericolosa soglia Taxi Driver. Ma è prudente tenersi i colpi in canna e spostare l’appuntamento con il barbiere per il taglio alla moicana, perché a quanto pare attorno al Piano di rinascita democratica di Matteo Renzi si prepara la battaglia finale, l’Armageddon tra lo Stato e l’Antistato, o più esattamente, come ha scritto Sandra Bonsanti in una pagina allucinata sul sito di Libertà e Giustizia, tra Berlingueriani e Piduisti. Ora, l’argomento dell’ispirazione piduista delle riforme – all’incirca di tutte le riforme – è usato così spesso che ci siamo abituati a considerarlo una cosa normale, accettabile in società, una cosa di cui persone sane di mente possano seriamente discutere. Ma sappiamo bene che non è così, è un’illusione ottica indotta dal fatto che a spararle grosse non è solo la nursery dei grillini o dei travaglini, ma anche gente alfabetizzata come Franco Cordero, Barbara Spinelli, giù fino a Roberta De Monticelli. Nei termini teologico-esoterici che gli sono più congeniali, Zagrebelsky parla di un “piduismo perenne”, e Lerner (che a questo giro si è sganciato dalla compagnia) di una “eterna P2 abbarbicata al potere italiano”: entrambi omaggiavano nell’occasione un libro della Bonsanti, Il gioco grande del potere, che a detta di Carlo De Benedetti dovrebbe essere adottato nelle scuole, così anche i piccini saprebbero che la P2 regna tuttora. Ma una puttanata ripetuta cento volte, foss’anche da personaggi emeriti, diventa tutt’al più un’emerita puttanata, e volerla ammannire addirittura agli scolaretti non fa onore a gente che vive con l’assillo della pedagogia nazionale e della riscossa civile degli italiani.

Parlare di Renzi e della P2 è come parlare di Stamina o del Priorato di Sion, e bisogna avere rispetto della propria intelligenza. C’è tuttavia un lato della questione che nella foga polemica ci si dimentica di osservare, e che invece aiuta a capire quanto sia culturalmente miserabile richiamarsi al Venerabile. Là fuori, all’aria aperta, si parla dei modelli di governo del resto d’Europa, di ingegneria costituzionale, di tempi e processi della decisione nella politica contemporanea, di mille altre cose, e questi dove vanno a frugare? Nel doppiofondo della valigia della figlia di un faccendiere massone che ebbe il suo momento di gloria trentacinque anni fa. Sembrerebbe una pagina del Pendolo di Foucault, se non fosse che Eco bazzica la stessa compagnia. Ma il problema non è neppure la paranoia cospiratoria, è semmai che in questo vezzo di ricondurre scelte istituzionali ad appetiti loschi e gretti, alle tare ereditarie di un popolo e alle sue classi dirigenti amorali e immorali, si sente risuonare un vecchissimo ritornello, che fa così: “Autobiografia della Nazione”. Era uno dei pezzi forti del juke-box azionista, orecchiabile quanto datato, ma mi mozzerei entrambe le mani pur di non riaprire la vecchia polemica sull’eredità del Partito d’Azione, tanto più che alla lettura di Rossi, Salvemini e Spinelli devo quel poco di formazione politica che ho. Ma ecco, l’idea del fascismo come frutto dei vizi atavici degli italiani, infingardi e qualunquisti, avvelena ancora gli appelli di questi epigoni caricaturali; ai loro occhi rafforzare l’esecutivo non è una scelta politica, ma rappresenta – la metafora ricorre nelle pagine di Bonsanti, De Monticelli, Zagrebelsky – l’emersione di pulsioni inconfessabili, prepolitiche e antipolitiche, che se ne stavano acquattate nelle paludi o sotto i cappucci e che vengono infine allo scoperto. È un modo di pensare arci-italiano, a ben vedere, sia pure dietro la retorica dell’anti-italiano e dello straniero in patria, e non è un caso che costoro trovino tante assonanze con gli arci-italiani di schiatta montanelliana. E il paradosso è che per riscattarci dai vizi italici vorrebbero inchiodarci a tutte le stravaganze di cui abbiamo l’esclusiva europea, dal bicameralismo perfetto alle carriere unite dei magistrati. Vogliamo dirla, quella parola, finché la riforma Delrio ce lo consente? Sono dei provinciali.

Articolo uscito sul Foglio il 5 aprile 2014 con il titolo Taxi Driver per la P2

***

A ulteriore illustrazione, sottopongo al lettore questo piccolo vertice della demenzialità a firma di Salvatore Settis.

13 Risposte

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  1. Opinioni “alla renziana”. Ma anche cavolate oggettive: Easy Andy non vende alcuna P38 a Travis, bensì una 44 Magnum -350 dollari,”un’arma che non perde mai di valore”, un revolver 38 2 pollici(250, “ci sono pistole che sono dei giocattoli, ma questa no”), una 25 automatica (120, “piccola ma ottima”), ed una non meglio precisata automatica Walther, ma non una P38 -150 dollari, “durante la guerra molto P38 le sostituivano con questa, le davano agli ufficiali”.

    frank

    aprile 6, 2014 at 2:31 PM

  2. Il collegamento mi pareva implicito. E direi che chiunque non ricordasse il film con precisione farebbe quell’associazione leggendo le sue prime righe. Dice che mette mano alla P38 e poi però in extremis rinuncia al taglio mohicano.
    Senza intento polemico (riguardo alla citazione): è una delle mie scene preferite di sempre, mi ha ipnotizzato la prima volta che l’ho vista e da allora l’avrò riguardata decine di volte, e la ricordo quasi a memoria. Mi sembrava di aver notato un errore da correggere.
    Per il resto, ca va sans dire, cavolate oggettivamente enormemente maggiori.

    frank

    aprile 6, 2014 at 2:59 PM

    • È anche uno dei miei film preferiti, ci faccio intere lezioni del mio corso.
      Per il resto, non c’è da discuterne proprio come non c’è da discutere del Priorato di Sion.

      unpopperuno

      aprile 6, 2014 at 3:07 PM

  3. Egregio sig. Vitiello,
    noto un certo nervosismo; detto questo, la volontà di ridurre i poteri del Parlamento e l’autonomia della magistratura c’era nei programmi di Gelli come in quelli di Berlusconi (e da un sacco di altre parti, per il vero); la curiosa novità è che adesso c’è anche nel programma del PD (ed è a questo che si riferisce l’articolo di Sandra Bonsanti); sulla scelta dell’arma devo dire che mai mi sarei aspettato di vederLa imbracciare una P38, se non altro per ragioni indeologiche (Smith and Wesson ?).

    david

    aprile 7, 2014 at 9:11 am

    • Guardi, più che nervosismo è esasperazione. Ci sono soglie di cialtronismo che a nessuno dovrebbe esser consentito oltrepassare, figuriamoci a professori emeriti e a decani del giornalismo. E al di là dell’ottica provincialissima (la separazione delle carriere una cosa piduista? c’è da sbellicarsi! lo vada a raccontare in qualunque altro paese, vedrà le facce!) e delle mille incongruenze logico-storiche, questa roba del “piano della P2” è da cima a fondo una bufala, o una mezza bufala (il discorso sarebbe lungo, c’è chi ne ha scritto e chi ne scriverà a breve, la terrò aggiornata qui). Quanto alla P38, era per assonanza con la P2 e con una vecchia tiritera pannelliana sugli anni di piombo e sulla strategia della fermezza (che vedeva in qualche modo convergere, secondo lui, Pci, P2, P38, P-Scalfari ecc.; la P-Scalfari mi faceva morire dal ridere). Grazie comunque per il costante interesse.

      unpopperuno

      aprile 7, 2014 at 9:37 am

  4. Sorvolando sulla complessità degli argomenti sottostanti, vorrei solo puntualizzare che l’articolo di Sandra Bonsanti è rivolto contro chi – a sinistra – dichiara di ispirarsi alle idee politiche di Berlinguer (oggi praticamente tutti, con l’implicito quanto insopportabile argomento “Berlinguer farebbe così”) per fare, o provare a fare, tutt’altro.
    In questo senso trovo l’articolo del tutto condivisibile e, pensando a questi “compagni”, l’avrei fatta io la battuta sulla P38 non fosse che, da questa parte, assume un significato inaccettabile.

    david

    aprile 7, 2014 at 10:30 am

    • Non mi risulta proprio che tutti a sinistra si richiamino a Berlinguer! E meno male, aggiungo.

      unpopperuno

      aprile 7, 2014 at 10:34 am

  5. D’accordo, ma l’articolo è rivolto a quelli che lo fanno e l’elenco sarebbe troppo lungo anche per la mia petulanza.
    OT noto che nessun berlingueriano dell’ultima ora chiede la reintroduzione della scala mobile, che con questo problema di bassa inflazione sarebbe una mano santa.

    david

    aprile 7, 2014 at 10:49 am

    • Scala mobile a parte, e opinioni a parte (pro o contro Renzi, pro o contro la possibile riforma: io peraltro mi situo un po’ a metà), dovrebbe essere segno minimo di illuminismo mettere queste boiate sulla P2 e Renzi figlioccio di Gelli nello stesso luogo dove mettiamo il signoraggio, le scie chimiche e l’idea che le torri gemelle siano cadute grazie alla nanotermite. Di tutto il resto si può parlare.

      unpopperuno

      aprile 7, 2014 at 3:42 PM

  6. Ma “l’emersione di pulsioni inconfessabili (…) acquattate nelle paludi o sotto i cappucci” è True Detective ? perchè, se è così, deve esserci anche la risoluzione definitiva del giallo per uscire dalla circolarità del tempo.

    david

    aprile 7, 2014 at 4:25 PM

  7. […] Craxi, il decisionismo e             “l’uomo forte”, la P2 e il “piduismo perenne”, l’ombra sempiterna del fantasma fascista, la Cultura-con-la-C-maiuscola, l’imbarbarimento […]

  8. […] ingerenza e la minaccia autoritaria, il tentativo di imbavagliare la stampa figlio di quel “piduismo perenne” che tanta fortuna continua ad avere come infallibile artificio retorico. Per carità, hanno […]


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