Guarire dalla letteratura
Guido Gozzano si diceva corroso dalla “tabe letteraria”, ma a ucciderlo fu la tubercolosi. Differenza di poco conto, se diamo retta al Piccolo dizionario delle malattie letterarie di Marco Rossari, pubblicato dalle edizioni Italo Svevo con un’esilarante prefazione di Edoardo Camurri. Alla lettera T troviamo questa definizione: “Tubercolosi: posa alla Thomas Mann”. E in effetti il mondo letterario emerge da questo manualetto diagnostico come un vasto sanatorio Berghof dove s’incontrano degenti afflitti dai mali più strani, dalla Bukowskite (“malaugurata tendenza a credersi scrittori in seguito a una colossale sbornia”) al complesso di Henry Miller (“tendenza a scrivere molto di sesso quando se ne fa poco”), dal disturbo di Eco (“singolare tendenza nel paziente a far parlare tutti i personaggi come un professore di semiotica”) alla Gomorrea (“malattia venerea contraibile con impegno. Sintomi: ipertrofia della prosa, ridondanza retorica, forte propensione all’orazione civile”). C’è poi l’Arbasinismo (una sorta di emorragia che comporta “gravi perdite di nomi, cognomi, eventi, luoghi, facezie, couplets, bon mots”), la sindrome di Salinger (“terribile squilibrio che spinge il paziente a isolarsi, sebbene nessuno lo stia cercando”), l’emicrania di Pynchon (“disturbo dovuto alla dispersione dei personaggi”), il morbo di Franzen (“disturbo della percezione che spinge a rigettare ogni forma di modernità in quanto ipoteticamente nociva per la scrittura”).
Vien fuori, a sorpresa, che l’unico segno di salute è quel “blocco dello scrittore” su cui si spese invano lo psicoanalista Edmund Bergler, scambiandolo per un sintomo grave. Rossari lo definisce “momentanea fase di rinsavimento”, ma la letteratura è un vaso di Pandora e anche dal blocco, se ci si ostina a volerlo curare, possono spuntare nuovi mali. Se il narratore impastoiato ha comunque contratto l’Urgenza di scrivere, ossia la “ingannevole necessità di espellere dal proprio organismo materia imperfetta (talvolta perfino fecale) in forma di parole (‘Ma che ha? E’ così pallido!’ ‘Eh, l’urgenza di scrivere’)” rischia di produrre un libro che sarà etichettato come Beckettiano, “diagnosi erronea che scambia la mancanza di ispirazione per afasia (‘E’ beckettiano?’ ‘Più che altro non ha un cazzo da dire’)”. O peggio, sprofonderà nella Crisi del romanzo, “fase di paranoia imputabile a superbia che spinge lo scrittore a proiettare il proprio blocco su tutti gli altri e/o sull’intera civiltà occidentale”. Da qui può nascere il Dibattito letterario, che a piccole dosi è un “infallibile anestetico”, ma attenzione: “dopo un’ora di esposizione, rischio esilarante; oltre le due ore, rischio di decesso; oltre le tre, strage”.
Lascio al lettore il piacere di imparare a riconoscere il Tic di Baricco, il Colpo dello Strega, lo Gnommero di Gadda, il Malessere di Pavese. E di capire da sé (anche se l’autore non lo conosco) se quella che ha appena letto è o non è una Recensione, ossia la “diagnosi erronea di un dottore amico”.
Articolo uscito sul Foglio il 5 marzo 2016 con il titolo Dal Tic di Baricco alla Gomorrea, come riconoscere le malattie letterarie
Written by Guido
marzo 19, 2016 a 2:29 PM
Pubblicato su Il Foglio, Libri
Tagged with Alberto Arbasino, Alessandro Baricco, Carlo Emilio Gadda, Cesare Pavese, Charles Bukowski, Edmund Bergler, Edoardo Camurri, Guido Gustavo Gozzano, Henry Miller, J.D. Salinger, Jonathan Franzen, Marco Rossari, Roberto Saviano, Samuel Beckett, Thomas Mann, Thomas Pynchon, Umberto Eco
2 Risposte
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il triste abc sottoletterario, Allende, Baricco, Coehlo (continuare)…
eliaspallanzani
marzo 19, 2016 at 2:50 PM
[…] Qui Guido Vitiello sul Foglio. […]
Contagio, pandemia, rassegnastampite | marcorossari
marzo 22, 2016 at 8:52 am